Il film: Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America, del 2022. Regia di Francesco Zippel Cast: Sergio Leone, Ennio Morricone, Quentin Tarantino, Steven Spielberg.
Genere: documentario durata 107 minuti. Dove lo abbiamo visto: al Festiva di Venezia 2022, in lingua originale.
Trama: La filmografia di Sergio Leone, da Il Colosso di Rodi a C’era una volta in America, raccontata attraverso materiali d’archivio e interviste a registi e critici da ogni parte del mondo, che analizzano e descrivono come lo stile di Leone sia stato seminale.
Gli occhi di un pistolero. Una mosca catturata nella canna di una pistola. Il sorriso di Robert De Niro attraverso un velo. E soprattutto, un gruppo di amici che attraversa la strada, il più piccolo di loro avanti di qualche passo che balla, e sullo sfondo il ponte di Brooklyn. Chiamatele, se volete, immagini memorabili. Fotogrammi così perfetti e indimenticabili che non sono secondi ai più famosi dipinti della storia dell’arte. Il cinema di Sergio Leone è una pinacoteca di questi momenti sospesi nel tempo. Lo sa bene il pubblico, che ha premiato con gli incassi una filmografia pressoché perfetta; lo sanno bene gli storici e i critici cinematografici che hanno saputo dimostrare più e più volte l’importanza del cinema popolare e allo stesso tempo autoriale di Leone. Lo sanno bene i registi stessi, italiani e internazionali, che, rimasti meravigliati dai suoi film, sembrano poggiarsi sulle spalle di questo gigante romano per il resto della loro carriera. Gigante, sì, perché il cinema di Sergio Leone è mitologico, titanico, epico, grandioso. Tutte caratteristiche che, come vedremo nella nostra recensione di Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America, il documentario di Francesco Zippel presentato al Festival di Venezia 2022 nella sezione Venezia Classici non smette di raccontare.
Non trama, ma Storia
Spesso si presentano i film riassumendone la trama, ovvero la storia di quello che verrà poi raccontato. Nel caso di questo documentario il racconto è duplice: da una parte la storia del regista, dalle sue prime pulsioni artistiche ereditate dal padre, Roberto Roberti, celebre regista del periodo muto italiano, sino alla realizzazione del suo progetto più ambizioso e anelato (C’era una volta in America); dall’altra la Storia, quella con la S maiuscola. Perché non si può raccontare Sergio Leone senza descrivere come ha rivoluzionato un genere popolare, quello del western. Appartenente al cinema classico americano, lo spaghetti western di Sergio Leone si basava sui ricordi infantili del mito del West attraverso lo schermo cinematografico.
Il risultato non aveva precedenti: quello visto in Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto e il cattivo era la creazione del mito attraverso il mito stesso. Non è un caso che, più Leone acquisisce padronanza e successo, più i suoi film si fanno più gargantueschi, sia nelle durate che nella messa in scena.
Un cinema popolare elevato a cinema arthouse, in un perfetto equilibrio che intratteneva e sconvolgeva per le idee e il talento che fuoriusciva dallo schermo. Il documentario racconta al meglio questo desiderio quasi giocoso e infantile che si nasconde dietro la macchina da presa. Cinema post-moderno che risultava assolutamente perfetto.
Interviste, testimonianze, aneddoti
Sembra quasi naturale, quindi, che tra i primi registi intervistati presenti nel documentario ci siano Steven Spielberg e Quentin Tarantino. Il primo, che con Leone condivide un senso magico per il mondo dell’infanzia, riesce a raccontare le differenze notevoli tra il western americano e i suoi canoni con il western di Leone. Il secondo, vero e proprio erede spirituale di Sergio Leone (non solo capace di omaggiarlo in senso stretto ma anche nel riuscire a catturare quel senso post-moderno di film che si basano su immaginari di altri film), intavola conversazioni sullo stile, sulla regia e sull’importanza storica dei film citati.
Sono solo due dei numerosi intervistati (tra gli altri anche Clint Eastwood, Martin Scorsese, Frank Miller, Carlo Verdone, Ennio Morricone) che, insieme a filmati di repertorio e registrazioni d’archivio, formano il cuore pulsante del documentario, lasciando allo spettatore, oltre che commenti sulle opere anche testimonianze e qualche aneddoto. Il ritmo è talmente rapido che si assiste a un piacevole flusso di voci, i film che compongono la carriera di Leone vengono affrontati con chiarezza, anche se limitandosi a grattare la superficie e senza andare troppo in profondità con le analisi. Il che denota il target di riferimento del film, ovvero quello un pubblico il più vasto possibile.
Tanti, fin troppi, ricordi
In questo viale dei ricordi, che mescola pubblico e privato (davvero a cuore aperto le testimonianze dei figli di Leone, di Jennifer Connelly e di Clint Eastwood), sorge una strana sensazione che via via che il minutaggio prosegue si fa più problematica. Proprio a causa dell’importanza della figura di Sergio Leone, delle sue indimenticabili opere e della sua breve, anche se maestosa, filmografia, sembra che tutto sia già stato raccontato più e più volte in altre occasioni, attraverso altri libri o diversi documentari. Soprattutto nel momento in cui a parlare è Ennio Morricone e l’accento si pone sulla colonna sonora dei film, non si può fare a meno di ripensare a Ennio, il documentario capolavoro di Giuseppe Tornatore, uscito solo un anno fa che raccontava più o meno degli stessi incontri tra compositore e regista, delle stesse scelte musicali, con immagini e filmati d’archivio utilizzati in entrambi i film.
È un senso di déjà-vu che, nel peggiore dei casi, rischia di far perdere l’interesse in un film dal generoso minutaggio (107 minuti che gestiti in questo modo sembrano molti di più) e che sembra confermare, più che raccontare, le storie che si sanno su Leone e i suoi film (con Il Colosso di Rodi e Giù la testa parecchio sacrificati). Il problema, però, non dovrebbe preoccupare gli spettatori più casuali. Con delle scelte estetiche e di montaggio chiare, Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America rinuncia a un tocco prettamente cinematografico e autoriale per abbracciare proprio ciò che ricercava lo stesso Leone: quell’audience popolare, che ritroverà nello schermo televisivo domestico un compendio pressoché cristallino del suo lascito e una gran voglia di rivedere le due trilogie, quella del Dollaro e quella del Tempo, il prima possibile.
La recensione in breve
Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America è un documentario cristallino sulle opere e il lascito di Sergio Leone. Pieno di interviste e testimonianze, il film non va troppo in profondità sull'argomento risultando piacevole per un pubblico novizio, ma un po' ripetitivo per chi conosce un minimo la materia. Di stampo televisivo, il documentario si rivolge a una platea di spettatori che non potranno che aver voglia, una volta concluso, di rivedere i film di Leone.
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