Il film: Stranizza d’amuri, 2023. Regia di: Giuseppe Fiorello. Cast: Samuele Segreto, Gabriele Pizzurro, Simona Malato, Fabrizia Sacchi. Genere: Drammatico. Durata: 134 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Now Tv.
La trama: Nella Sicilia degli anni ’80, due ragazzi adolescenti si innamorano tra l’ostilità della gente e un ambiente retrogrado colmo di pregiudizio.
Nel suo esordio alla regia, Beppe Fiorello ci conduce nella sua terra, la Sicilia, per raccontarci la storia di un amore tanto puro quanto osteggiato dal pregiudizio della gente. Siamo nel 1982 – l’anno in cui la nazionale italiana di calcio vinse la sua terza coppa del mondo, – e Gianni e Nino sono due adolescenti affamati di vita ma soprattutto di quel profondo sentimento che nasce tra loro, splendido fiore costretto a sbocciare in un ambiente retrogrado che non accetta la diversità. Ad ispirare il primo film di Beppe Fiorello è stato un vero fatto di cronaca avvenuto in Sicilia nel 1980 e tristemente noto come il delitto di Giarre, duplice omicidio di due giovani innamorati di cui venne riconosciuta, per la prima volta nel nostro Paese, la matrice omofoba.
Come vedremo nella nostra recensione di Stranizza d’amuri, quella portata sullo schermo è una storia di vita e di morte che spinge chi guarda a una profonda riflessione su quella che è la responsabilità collettiva dei fatti accaduti. La narrazione è delicata e l’alchimia tra i suoi due protagonisti riesce senza sforzo a coinvolgere lo spettatore, soprattutto grazie alla performance genuina dei giovani attori. Possiamo quindi perdonargli un ritmo a volte altalenante e il suo indugiare troppo spesso sui medesimi aspetti.
La trama: un sentimento osteggiato
Sicilia, estate 1982. L’Italia è incollata davanti al televisore per guardare il campionato mondiale di calcio in Spagna, nel quale gli azzurri avrebbero poi trionfato sconfiggendo per 3 a 1 la Germania Ovest. Ci sono due ragazzi, però, ai quali poco importa delle partite trasmesse in tv: sono Gianni (Samuele Segreto) e Nino (Gabriele Pizzurro), due adolescenti accomunati dalla medesima fame di vita e da un tragico destino. Il primo ha diciassette anni, lavora nella carrozzeria del compagno della madre e viene bullizzato dall’intero quartiere perché omosessuale, o “puppo” come si usava dire in Sicilia. Il secondo ha sedici anni, vive in un casolare di campagna insieme alla sua numerosa famiglia e lavora come pirotecnico, affiancando il padre nelle fiere di paese. Da un incidente in motorino nascerà tra i due ragazzi una profonda amicizia che si trasformerà presto in un sentimento da tenere nascosto, a causa dell’ambiente retrogrado e colmo di pregiudizio tipico dell’epoca.
Uccisi perché si amavano
A Toni e Giorgio che, nel 1980 in Sicilia, furono uccisi perché si amavano
Come abbiamo già anticipato, Stranizza d’amuri si ispira – pur spostando e riadattando gli eventi e i suoi protagonisti – a un vero fatto di cronaca nera italiana, tristemente noto a livello nazionale come il delitto di Giarre. Il 31 ottobre 1980, i corpi senza vita abbracciati di Giorgio Agatino Giammona (25 anni) e Antonio Galatola (15 anni), soprannominati in modo dispregiativo “i ziti” (i fidanzati) dalla gente del posto, furono ritrovati all’interno di Villa del Principe, nel comune siciliano di Giarre. Entrambi erano stati uccisi da un colpo di pistola alla testa e, accanto a loro, un biglietto recitava: “La nostra vita era legata alle dicerie della gente“.
Le indagini, che dovettero fin da subito scontrarsi contro l’omertà del paese e i continui depistaggi, si concentrarono inizialmente sul tredicenne Francesco Messina, nipote di Antonio che confessò l’omicidio dichiarando di essere stato costretto dai due ragazzi a compiere un tale gesto. Ma la confessione fu ritrattata solo due giorni dopo e il caso rimase alla fine senza colpevole. La morte di Giorgio e Antonio non fu però vana: per la prima volta l’Italia aveva scoperto l’omofobia, attribuendo ad essa la responsabilità dell’omicidio dei due giovani. A seguito di questo terribile evento nacque la prima associazione gay del nostro Paese, il Fuori! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano).
Come i fuochi d’artificio
Quella raccontata in Stranizza d’amuri è una storia di pregiudizio, rabbioso e incomprensibile, che vorremmo relegare in un’epoca ormai lontana – gli anni Ottanta italiani – ma che purtroppo fa ancora parte del nostro presente. Un odio viscerale dettato dalla paura di qualcosa difficile da comprendere perché “diverso”, e quindi meritevole di essere schernito, condannato, se non addirittura punito. Ma quella raccontata da Beppe Fiorello è anche e soprattutto una storia d’amore, capace di brillare come i fuochi d’artificio nel cielo notturno, nonostante gli altri cerchino in tutti i modi di spegnerlo. Pur consapevoli di non essere visti di buon occhio né dalla gente del paese tantomeno dalle proprie famiglie, Gianni e Nino non si precludono nulla e vivono il sentimento sbocciato tra loro in totale libertà, una libertà che non viene accettata, soprattutto da chi, al contrario, non ha il coraggio di condurre un’esistenza all’insegna della verità.
Proprio come i fuochi d’artificio, che dopo essere scoppiati in cielo e aver illuminato il firmamento spariscono con la stessa velocità con il quale erano arrivati, l’amore tra i due ragazzi è fulmineo, spento da un killer spietato chiamato omofobia. E allo spettatore non resta altro che continuare a far vivere la storia di Gianni e Nino nella propria immaginazione, chiedendosi cosa sarebbe successo se fosse stata data loro la possibilità di perseguire quell’amore che così tanto meritavano.
Un racconto delicato
Beppe Fiorello porta sullo schermo un racconto delicato, che si concentra sugli sguardi e i piccoli gesti fra i suoi protagonisti, la cui alchimia è resa ancora più tangibile dalla performance genuina dei suoi giovani attori, capaci di coinvolgere senza alcuno sforzo lo spettatore. Ciò che il regista riesce a creare è come un microcosmo i cui abitanti – Gianni e Nino – imparano a fregarsene dei pregiudizi e delle dicerie della gente per perseguire indisturbati la propria felicità. All’interno di quella bolla, i ragazzi dedicano anima e corpo a questo nuovo travolgente sentimento e, forse proprio per questo, non si accorgono della nube scura che incombe minacciosa su di loro.
Sebbene il ritmo della narrazione sia a volte altalenante e indugi troppo spesso sui medesimi aspetti, a Beppe Fiorello va di certo riconosciuto il merito di raccontare una storia al tempo stesso di vita e di morte, che ha la capacità di farsi messaggio civile e spingere chi guarda a una profonda riflessione su quella che è la responsabilità collettiva – purtroppo presente ancora oggi – dei fatti accaduti. Lo fa attingendo dal proprio background personale e dalle criticità di una Terra splendida ma anche capace di tanta omertà e discriminazione.
La recensione in breve
Stranizza d'amuri è una storia di vita e di morte, che spinge chi guarda a una profonda riflessione su quella che è la responsabilità collettiva dei fatti accaduti. La narrazione è delicata e l'alchimia tra i suoi due protagonisti riesce senza sforzo a coinvolgere lo spettatore, soprattutto grazie alla performance genuina dei giovani attori. Possiamo quindi perdonargli un ritmo a volte altalenante e il suo indugiare troppo spesso sui medesimi aspetti.
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