Il film: The Beautiful Game, 2024. Regia: Thea Sharrock. Cast: Michael Ward, Cristina Rodlo, Bill Nighy, Valeria Golino. Genere: Commedia. Durata: 125 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in anteprima.
Trama: Quando una squadra di calcio inglese va a Roma per la Homeless World Cup, il suo nuovo giocatore di talento deve lasciarsi alle spalle il passato e imparare a integrarsi nel team.
Esterno, giorno. In un campetto di periferia, in Inghilterra, dei bambini stanno giocando a calcio, ognuno con la maglia di un calciatore famoso. E con il nome dei calciatori li chiama la voce che, per gioco, sta facendo la telecronaca della partita. A un certo punto la palla esce dal campo e arriva a lui. Capiamo che, a commentare la partita, c’è un ragazzo un po’ cresciuto, di fatto un uomo, che entra in campo, dribbla tutti, e mette la palla in rete. A vedere la partita c’è un coach che gli dice di venire con lui. Inizia così il film che vi raccontiamo nella recensione di The Beautiful Game, in streaming su Netflix dal 29 marzo, e che si ispira a una storia vera: quella della Homeless World Cup, la competizione mondiale per le squadre nazionali formate da senzatetto, nata per dare dignità, e una seconda possibilità, a chi non l’ha avuta. Calcio, Inghilterra, storie di ultimi e di riscatto. Ci sarebbe materiale per un film di Ken Loach… se fosse scritto e diretto da Ken Loach. Invece una sceneggiatura che chiede spesso troppa sospensione dell’incredulità e una regia che predilige toni buffi e sopra le righe lo rendono un prodotto normale, anche un po’ naïve. Resta una storia edificante.
La trama: Dall’Inghilterra a Roma, per la Homeless World Cup
Quando una squadra di calcio inglese va a Roma per la Homeless World Cup, guidata dal coach Mal (Bill Nighy), il suo nuovo giocatore di talento, Vinny (Michael Ward), deve lasciarsi alle spalle il passato e imparare a integrarsi nel team. Ha giocato nel West Ham, ha quasi sfiorato il sogno di essere nel calcio professionista. E, per questo, si sente superiore agli altri, sembra non volersi integrare, sembra pensare solo a se stesso. Ma dovrà capire che quel gioco così bello si gioca in squadra.
Bill Nighy, eleganza e aplomb unici
Il coach Mal è Bill Nighy. Ed è soprattutto lui, sin dalle prime scene a legare questo The Beautiful Game a quello che potrebbe essere un cinema di Serie A, che il consumato attore inglese ha frequentato da sempre. Il suo aplomb inconfondibile, quel modo di serrare la bocca, quel modo di porsi sempre elegante ma sempre espressivo, fuori dalle righe, fanno la differenza. Qui Bill Nighy lavora molto con il corpo, con le mani, il capo: si agita, si sbraccia, come quegli allenatori che, nella realtà, vivono le partite in modo totale. Ci crede lui, Nighy, e ci crede il suo coach Mal. Sa che, per chi è in campo, quelle partite sono importanti. Ed è merito di Nighy se, almeno per un po’, a quel film crediamo anche noi.
L’impianto è quello di una fiction televisiva
Ci crediamo fino a un certo punto, certo. C’è Bill Nighy, c’è il calcio, c’è una bella storia. Ma l’impianto è piuttosto televisivo – nel senso che si intendeva fino a qualche anno fa – quello, per capirci, di una fiction da tv generalista. Metteteci anche il fatto che è girato a Roma, una Roma un po’ stereotipata e da cartolina e il risultato è un po’ straniante. Anche la storia, una tipica storia di riscatto, si dipana secondo una sceneggiatura un po’ astrusa, sia per quel che riguarda le regole del torneo, sia per il percorso che porta il nostro eroe alla redenzione. A proposito, del film fa parte anche la nostra Valeria Golino, simpaticissima, divertita e probabilmente un po’ incredula del film di cui è entrata a far parte.
Tra Quella sporca ultima meta, Fuga per la vittoria e Crazy For Football
Per questo The Beautiful Game è un po’ un’occasione mancata. Perché fa parte di una schiera di film piuttosto nobili che vanno da Quella sporca ultima meta e Fuga per la vittoria, storie di squadre nate per caso, o per elezione, squadre formate da ultimi, che insieme trovano il riscatto. Ma, dall’altro canto, siamo vicini anche a Crazy For Football e Crazy For Football – Matti per il calcio, rispettivamente documentario e film su una storia tutta italiana, quella della nazionale di calcio dei pazienti psichiatrici ideata da Santo Rullo e portata più volte sullo schermo da Volfango De Biasi. Tra le note dei Clash e dei White Stripes, azzeccatissime, Vinny allora imparerà che ognuno può avere una seconda occasione, ma anche che, ed è questo che ci insegna il calcio, “nessuno si salva da solo”.
La recensione in breve
Calcio, Inghilterra, storie di ultimi e di riscatto. Ci sarebbe materiale per un film di Ken Loach… se fosse scritto e diretto da Ken Loach. Invece una sceneggiatura che chiede spesso troppa sospensione dell’incredulità e una regia che predilige toni buffi e sopra le righe lo rendono un prodotto normale, anche un po’ naïve. Resta una storia edificante.
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