Il film: The Old Oak, 2023. Regia: Ken Loach.
Cast: Dave Turner, Ebla Mari, Debbie Honeywood, Reuben Bainbridge. Genere: Drammatico. Durata: 113 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima stampa e in lingua originale, al Festival di Cannes.
Trama: The Old Oak è l’ultimo pub rimasto in un piccolo villaggio in declino del nord dell’Inghilterra. La quiete del luogo viene turbata con l’arrivo di alcuni rifugiati della Siria, soprattutto quando TJ, proprietario del pub, fa amicizia con la giovane Yari.
L’ultimo film in concorso al Festival di Cannes 2023 è la nuova opera di Ken Loach, il “paladino della classe operaia” che qui sulla Croisette ha già vinto due Palme d’oro, con Il vento che accarezza l’erba nel 2006 e poi con Io, Daniel Blake nel 2016. Difficile che vinca una terza volta, ma poco importa, perché questa sua nuova pellicola, come vedremo in questa recensione di The Old Oak, è potente ed efficace quanto basta. E se davvero, come ha annunciato lo stesso regista, sarà l’ultima sua opera, è pronta ad essere ricordata per sempre come un vero e proprio film testamento.
“Quando mangiamo insieme, ci facciamo forza insieme”
La trama prende il via quando in un piccolo villaggio del nord dell’Inghilterra arriva un autobus di rifugiati siriani. Sfuggiti alla terribile guerra che da tempo devasta il loro paese, famiglie intere hanno trovato in questo paesino dimenticato da tutti una casa e quanto necessario per continuare a vivere in attesa di buone notizie da casa. Tra queste persone spicca la giovane Yari: non solo perché parla l’inglese meglio di tutti gli altri, ma perché la sua passione per la fotografia, e la sua innata curiosità, la mettono subito nei guai con la gente più xenofoba del luogo. Il risultato è una macchina fotografica rotta appena scesa dal bus.
Per fortuna di Yari, in suo soccorso arriva TJ, il silenzioso ma affabile proprietario del The Old Oak, l’ultimo pub rimasto nel villaggio, che prende la ragazza in simpatia e piano piano comincia a conoscere il resto della comunità di rifugiati. Fino a che, su insistenza della sorella e della stessa Yari, TJ non riapre un’altra parte del locale che era stata tenuta chiusa per oltre 20 anni: quella in cui, ai tempi degli scioperi dei minatori, si rimaneva tutti uniti per mangiare insieme e fare fronte comune.
Ovviamente anche questo atto non è ben visto da alcuni frequentatori abituali del pub che si sentono traditi e che vedono in questo cambiamento la prova inconfutabile del declino che la loro storica comunità sta attraversando.
Una solidarietà che commuove
Non è un film che vuole offrire nulla di nuovo o particolarmente originale questo The Old Oak, e Ken Loach non sembra farne mistero fin dal principio. Piuttosto va dritto al punto, subito, affrontando i temi che più gli interessano senza girarci attorno. Per questo motivo sceglie due protagonisti agli antipodi – interpretati da un attore di esperienza quale Dave Turner e la più acerba Ebla Mariil – per raccontare la miseria e la disperazione da due differenti punti di vista. E scoprire che è proprio avvicinando due realtà così differenti che si può riscoprire un po’ di speranza. Un sentimento che a volte può illudere – per questo motivo una rifugiata lo considera addirittura “osceno” -, ma che può permettere a molti di non arrendersi mai, nemmeno quando tutto sembra perduto o ogni sforzo può sembrare inutile.
Rispetto al passato Ken Loach è meno arrabbiato, meno portato a combattere, a invitare a lottare per i propri diritti, ma piuttosto sceglie la strada della solidarietà. E, con questa scelta in mente, realizza un film che commuove, ispira e, per una volta, ci fa dimenticare le brutture della vita.
Dopo Ken Loach, il diluvio?
Dobbiamo quindi considerare questo The Old Oak come un vero e proprio film testamento? L’ottantasettenne Ken Loach chiuderà effettivamente la sua carriera con questo film? Le ultime dichiarazione lasciano ancora un po’ di speranza – o forse voleva semplicemente rimanere in tema con il film – e d’altronde già dieci anni fa aveva praticamente smesso per poi tornare, in gran forma, e vincere una seconda Palma d’oro. Ma che sia l’ultimo o il penultimo poco importa, quello che è davvero preoccupante è che non esiste un erede. Se vogliamo davvero considerare The Old Oak un film testamento, c’è da rallegrarsi che il messaggio in primis, ancor più dell’opera nel suo insieme, sia così positivo, così pieno di speranza. Ma chi prenderà il suo posto? Chi sarà in grado in futuro di prendere il giornale, leggere le notizie, arrabbiarsi per come sta andando il mondo e riversare queste preoccupazioni su pellicola come finora ha fatto Ken Loach?
La recensione in breve
The Old Oak non sarà un film indimenticabile, ma riesce esattamente in quello che era il suo scopo: far emozionare, scuotere gli animi, regalare un messaggio di solidarietà e speranza. Ken Loach da sempre ci ha abituato a storie semplici, dal messaggio diretto, e mai come questa volta lo stile è asciutto e proprio per questo estremamente efficacie. Se davvero sarà il film testamento del regista, è un modo sincero e commovente per salutare il suo pubblico.
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