Il film: The Pot-au-Feu (La Passion de Dodin Bouffant), 2023. Regia: Trần Anh Hùng.
Cast: Juliette Binoche, Benoît Magimel, Bonnie Chagneau-Ravoire, Jean-Marc Roulot. Genere: Drammatico/romantico. Durata: 134 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima stampa e in lingua originale, al Festival di Cannes.
Trama: Francia, 1885. Il rapporto, professionale e privato, tra il famoso gastronomo Dodin Bouffant e la straordinaria cuoca Eugénie che ha lavorato per lui per oltre 20 anni.
Se è vero che cucina e cinema hanno sempre avuto un legame speciale, è impossibile non notare come il cibo, negli ultimi anni, sia diventato un vero e proprio protagonista non solo dei nostri pasti ma anche di film, serie e un numero sempre crescente di programmi televisivi. Non fa eccezione il nuovo lavoro del regista vietnamita (ma naturalizzato francese) Trần Anh Hùng – che ritorna a Cannes a 30 anni esatti dal premiato Il profumo della papaya verde – con l’importante differenza, però, che qui non seguiamo chef stressati, supponenti o addirittura con velleità omicide. Come vedremo in questa recensione di The Pot-Au-Feu, per i protagonisti di questo film cucinare è invece il più grande gesto d’amore che si possa fare.
La passione di Dodin Bouffant
Il film è ambientato in Francia, nel 1885: la cuoca Eugénie (Juliette Binoche) è da 20 anni al servizio del celebre gastronomo Dodin Bouffant (Benoît Magimel), con cui non ha solo un rapporto di reciproco rispetto ma anche molto intimo e personale. Da anni sono amici e amanti, eppure da anni lei rifiuta la proposta di matrimonio che puntualmente lui torna a farle, per paura che il loro rapporto possa irrimediabilmente cambiare. La loro collaborazione in cucina è però inimitabile e imbattibile, tanto che Dodin viene chiamato il “Napoleone della gastronomia” e i suoi pareri vengono richiesti da tutta Europa.
Quando un principe lo invita ad un bacchetto tanto ricco e sfarzoso quanto insoddisfacente al palato, Dodin decide di ricambiare l’invito a pranzo e stupire il suo ospite con una portata principale semplice ed essenziale: il Pot-au-feu, un bollito tradizionale della campagne francesi. Con l’aiuto della fedele cuoca, Dodin è fermamente convinto di riuscire in questa impresa apparentemente folle, ma un evento inaspettato rovina il suo piano.
Assaporare la vita
Liberamente tratto dal romanzo La Vie et la Passion de Dodin-Bouffant, gourmet dello scrittore svizzero Marcel Rouff – che a sua volta si ispirò al vero gastronomo francese del 18esimo secolo Jean Anthelme Brillat-Savarin – il film di Trần Anh Hùng è essenziale nel suo sviluppo narrativo, ma affascinante e suadente nella messa in scena della meticolosa preparazione di ricette e interi menù.
Si inizia proprio con una lunghissima e splendida scena in cui sia Juliette Binoche che Benoît Magimel si aggirano sicuri e decisi per i fornelli, aggiungendo ingredienti, assaggiando, spiegando e insegnando ad una giovanissima apprendista ogni singolo procedimento. E poi, quando l’uomo va al piano di sopra ad accogliere i suoi ospiti, a godersi la cena e a discutere amabilmente di (storia della) cucina, il personaggio della Binoche prende sempre di più il comando, impiattando con attenzione e dedizione ogni singola portata.
Tutto questo con pochissimi dialoghi, nessuna musica da accompagnamento, ma soltanto suoni, sguardi e movimenti che trasmettono però allo spettatore tutto l’amore e l’attenzione che c’è dietro ogni piatto. Perché ogni piatto è un’opera d’arte, con la sua storia e il suo significato.
Cucinare (e dirigere) con amore
Non risulta troppo difficile immaginare come per il regista l’atto di cucinare possa rappresentare anche la realizzazione stessa del film: la cura e l’attenzione con cui lavorano i suoi protagonisti, il piacere che provano nel vedere le espressioni sul volto dei commensali, le frasi che pronunciano (“la scoperta di un nuovo piatto porta più gioia all’umanità della scoperta di una nuova stella“) sono tutte cose che potrebbero tranquillamente valere anche per il lavoro del regista così come quello di qualsiasi artista. E già questo rende ancora più affascinante un film che in apparenza non avrebbe poi troppo da offrire al di fuori di lunghe e bellissime sequenze di cucina.
The Pot-au-Feu è però anche una tenera e sussurrata storia d’amore: un amore che parte dal cibo e dalla collaborazione, ma che diventa complicità e sensualità. Sempre mantenendo quell’eleganza che contraddistingue il film, il rapporto tra Binoche e Magimel si allarga oltre i confini della cucina e arriva in camera da letto prima e poi nel “mondo esterno”. E se i due attori (un tempo anche sposati) dimostrano ancora una volta di essere perfettamente a loro agio come coppia, è comunque la passione per il cibo e per la cucina, quel talento in comune che li rende unici, a farli brillare e a trasformare il film in un’atipica ma comunque romantica storia d’amore.
La recensione in breve
The Pot-au-Feu è un film che sprigiona amore: in primis per il cibo, ma anche per i suoi due protagonisti. Le sequenze in cucina sono magistrali, la trama romantica essenziale ma tenera e sincera. Una celebrazione non banale della passione, del talento e del buon gusto.
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