Il film: The Son, del 2022. Regia di Florian Zeller Cast: Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby, Zen McGrath
Genere: drammatico Durata 124 minuti. Dove lo abbiamo visto: alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, in lingua originale.
Trama: Anni dopo aver abbandonato la famiglia per rifarsi una nuova vita, un padre si vede costretto a prendersi cura del suo primo figlio, che da qualche tempo soffre di depressione. L’occasione lo porterà a riflettere sul suo ruolo di padre.
C’era molta attesa nei confronti di The Son, seconda opera cinematografica del regista e autore teatrale Florian Zeller, dopo l’eclatante esordio di The Father due anni fa. Un esordio che aveva conquistato il pubblico, emozionandolo come non mai, e dimostrando sin da subito un talento registico inconsueto. Anche in questo caso, come il precedente film, The Son è un adattamento cinematografico dell’opera teatrale scritta dallo stesso Zeller, padrone assoluto di questa storia drammatica che, sulla carta, ripresenta le caratteristiche che hanno dato fortuna a The Father. A partire dal titolo, legato al precedente da un punto di vista tematico (originariamente è il terzo capitolo di una trilogia di spettacoli formata da The Father, The Son e The Mother), e da uno stile asciutto e accademico che porta in primo piano la presenza scenica degli attori.
Come vedremo nella nostra recensione di The Son, l’opera seconda di Florian Zeller conferma il talento del proprio autore, dimostrandosi un dramma svolto in interni che colpisce e evidenzia l’attenzione volta alla natura umana, anche se non raggiunge le vette – cinematografiche e narrative – del precedente film.
La trama: la condizione di un figlio
Peter Miller (Hugh Jackman) è un uomo di successo, soprattutto nel lavoro a cui si dedica appassionatamente, anche a costo di sacrificare il tempo con la propria famiglia. Con la compagna Beth (Vanessa Kirby) e il neonato Theo vive in una casa moderna e di alta classe, frutto di una vita passata a dimostrare di essere migliore del proprio padre (Anthony Hopkins). Gli equilibri, però, sono destinati a rompersi quando l’ex moglie Kate torna a farsi sentire per chiedere aiuto. Il loro primogenito Nicholas, in piena fase adolescenziale, sta attraversando un periodo problematico: costantemente triste, senza amici né stimoli di alcun tipo, da mesi non va più a scuola, rifugiandosi in una malinconia solitaria che lo porta a compiere comportamenti autolesionisti.
Peter decide di portare a casa con sé il giovane Nicholas, sicuro che il suo essere un buon padre possa migliorare la condizione esistenziale di Nicholas. Volgendo le attenzioni sempre più nei confronti del suo figlio più grande, Peter inizierà però a mettere in secondo piano Beth e Theo, dando inizio a una catena di eventi resi ancora più difficili dal comportamento di Nicholas.
Il padre e il figlio
Potrebbe risultare straniante scoprire che il punto di vista del film è quello dell’adulto Peter, nei panni di un padre, al contrario di quanto possa far intuire il titolo The Son. Certo, la storia di Nicholas è il motore principale della vicenda e fulcro emotivo di tutto il film, ma in questa storia che parla di famiglia e rapporti affettivi l’attenzione di Zeller è rivolta principalmente sul personaggio di Peter. Padre di Nicholas, ma figlio a sua volta di Anthony (Anthony Hopkins, che ritrova il regista dopo l’Oscar di The Father), con cui ha un rapporto conflittuale che dura ormai da tempo.
In quella breve scena che vede i due attori dialogare, ci si rende conto di come i termini si mescolino. Peter è un padre maturo ma incapace di comprendere il figlio, ma è anche un figlio rabbioso, incapace di farsi comprendere, nei confronti del padre. Un cortocircuito che scalda il film e che lavora sotto pelle costantemente nei confronti dello spettatore, costretto a compatire le difficili decisioni di Peter e la sua incapacità. Perché, pur pensando di seguire il bignami del buon padre, il protagonista non è pronto ad affrontare queste situazioni, come non lo è nessuno. Un lato debole e umano che mette in mostra e fa percepire un enorme senso di colpa di essere inadeguato e imperfetto. Di seguire le orme dei padri da cui ci si voleva staccare.
Un cast che regge il film
Abbondando di dialoghi e senza tradire la propria natura teatrale (anche se, a differenza del precedente film, Zeller predilige un canonico gusto cinematografico), The Son si regge totalmente sulle interpretazioni degli attori, consegnando al pubblico un quartetto di protagonisti che supportano tutto il peso emotivo del racconto. Hugh Jackman, volto da padre perfetto, si trasforma via via in un personaggio sempre più fragile e addolorato, mai cedendo a un’eccessiva espressività, ma anzi mantenendo quella caratura di normalità che non può che fare bene al suo Peter. Laura Dern, nei panni della madre di Nicholas, dimostra ancora una volta il suo cristallino talento, dando vita a una Kate emotiva ma mai stucchevole, contraltare di Peter e immagine di quel mondo materno in cui trovare conforto.
Vanessa Kirby, la nuova compagna di Peter, rimane un po’ ingabbiata dalla scrittura di un personaggio secondario più al servizio del servizio che capace di vivere di luce propria, trait d’union di quei due poli rappresentati dai genitori di Nicholas. Rigida, ma mai fredda; madre affettuosa, mai accecata d’amore. Il suo è un personaggio che si nasconde tra i silenzi delle parole, in quelle pause composte da sguardi e tormenti interiori. Un’interpretazione meno evidente, ma non per questo meno importante.
E ovviamente, ultimo ma non per importanza, non possiamo non citare il ruolo forse più importante del film, cuore e motore dell’intera storia, rischiosissimo sulla carta – perché a un passo dal poter risultare stucchevole ed esagerato – ma portato in scena in maniera eccellente da Zen McGrath. Il suo Nicholas è un personaggio miracolato dall’attore che lo interpreta.
Giusto una menzione per Anthony Hopkins, che ruba la scena per pochi minuti, nei panni del padre di Peter in un momento di gran classe e di grande importanza per il film.
Uno stile asciutto e canonico
Con The Father, Florian Zeller ci aveva conquistati soprattutto per come dimostrava padronanza del linguaggio cinematografico, perfettamente inserito nella narrazione. Qui lo stile registico fa un passo indietro rispetto all’opera d’esordio, risultando parecchio asciutto e molto più canonico, sia nella fotografia che nel montaggio. Non ci sono guizzi particolare da segnalare, ma anzi una certa predisposizione alla facile metafora e a uno scivoloso didascalismo, che apre il film al grande pubblico, ma che lo rende – nei momenti peggiori – un po’ prevedibile. Il risultato è un film che colpisce il lato emotivo a intermittenza, ma non manca il bersaglio quando serve.
Meglio il gioco scenografico, in cui le abitazioni dei personaggi rispecchiano la loro personalità, con la casa di Kate calda, floreale, bloccata in un passato idilliaco, i disegni di Nicholas bambino appesi sui muri e quella di Peter, asettica, moderna, razionale, specchio di un personaggio che fa fatica ad aprirsi e comprendere il prossimo. Persino la casa di Anthony, regale e lussuosa, descrive al meglio il carattere del padre di Peter e l’influenza che questi ha nei confronti del figlio. Peccato, quindi, non ritrovare gli stessi barlumi di messa in scena anche nella regia, al servizio degli attori e non padrona della propria storia.
La recensione in breve
Con The Son Florian Zeller conferma il suo talento già ampiamente dimostrato con il suo film precedente. Supportato da un ottimo cast, che vede Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby e Zen McGrath, il film emoziona e coinvolge, anche se rimane un po' troppo canonico nello sviluppo e nella messa in scena.
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Voto CinemaSerieTv