Il film: Trainwreck: Poop Cruise. Regia: Tyler Perry. Genere: Documentario. Durata: 1h 45min. Dove l’abbiamo visto: su Netflix
Trama: Nel 2013, la Carnival Triumph resta bloccata nel Golfo del Messico dopo un incendio, lasciando oltre 4.000 persone senza elettricità né… servizi igienici.
A chi è consigliato? : Perfetto per chi ama il documentario d’impatto, tra farsa e realtà estrema. Ma anche a chi è forte di stomaco.
Netflix torna a solcare i mari dell’assurdo con Trainwreck: Poop Cruise, docufilm che racconta la tragicomica odissea del Carnival Triumph, una mastodontica nave da crociera rimasta in panne nel Golfo del Messico nel febbraio del 2013. Dopo un incendio nella sala motori, oltre 4.000 persone – tra passeggeri ed equipaggio – si sono ritrovate alla deriva, senza elettricità, senza aria condizionata e, cosa ben più grave, senza bagni funzionanti. Con uno stile che alterna testimonianze allucinate, materiale d’archivio e una colonna sonora quasi sarcastica, il documentario non cerca di essere né serio né dissacrante, ma qualcosa di più inquietante: uno specchio deformante della nostra curiosità collettiva per il degrado umano. Tra la farsa e il disagio puro.
La crociera delle mer(d)aviglie

La trama si sviluppa attorno al momento in cui, in piena notte, la Carnival Triumph subisce un corto circuito devastante nella sala motori. L’incendio, oltre a paralizzare la propulsione, mette fuori uso i generatori di corrente, privando l’intera nave di ogni comfort tecnologico: niente aria condizionata, niente frigoriferi, ma soprattutto niente servizi igienici. Ciò che segue è una discesa negli inferi del disagio, raccontata attraverso gli occhi dei suoi (eterogenei) protagonisti. C’è Larry, un padre divorziato che cerca di ricostruire il rapporto con sua figlia Rebekah , ignari che quel viaggio diventerà un incubo. Devin che sperava in una crociera di approvazione con il futuro suocero ma si ritrova solo a dover promettere a se stesso che non farà i bisogni in un sacco (salvo poi piegarsi alla cruda realtà). E poi ci sono Ashley, la sposa traumatizzata, e le sue amiche Kalin e Jayme, che ancora oggi non riescono a raccontare quella crociera senza abbassare lo sguardo. Il culmine si raggiunge quando la nave, trainata da rimorchiatori, si inclina, provocando lo sversamento di liquami lungo corridoi e pareti. Tra gli unici a sorridere nel documentario c’è Frank Spagnoletti, avvocato marittimo texano, che fiuta l’occasione della sua vita: una class action miliardaria.
Trash d’autore o intrattenimento spicciolo?

Una delle domande che il documentario solleva senza mai porsi davvero è: che cos’è accettabile mostrare, e perché siamo così attratti dal disgusto altrui? Poop Cruise si muove sulla sottile linea di confine tra il trash consapevole e il voyeurismo nudo e crudo, portando a galla un fascino disturbante. Lo spettatore è invogliato a ridere – e ci riesce, a tratti – ma l’umorismo non nasce da un’elaborazione brillante degli eventi, quanto dall’incredulità: è tutto reale. La nave è davvero rimasta in panne. Le persone hanno davvero defecato in sacchetti. E il documentario sembra dirci: “guardate quanto può diventare fragile la civiltà quando manca la corrente.” È una lezione sulla precarietà dell’ordine sociale, mascherata da commedia nera. Eppure, nonostante il tema grottesco e le testimonianze surreali, c’è una certa cura narrativa: la struttura è solida, le interviste dosate con efficacia, e il montaggio riesce a creare un climax crescente che culmina con la scena apocalittica degli escrementi che scorrono lungo i ponti della nave. Il documentario non giudica, non spiega, non moralizza. Si limita a esporre l’abisso del ridicolo umano. Per alcuni sarà un gioiello di satira implicita, per altri solo spazzatura confezionata con maestria. Ma in entrambi i casi, è impossibile distogliere lo sguardo.
Una tragedia da sitcom mancata

Ciò che Poop Cruise suggerisce, senza mai esplicitarlo, è che questo evento poteva essere – e forse avrebbe meritato di diventare – una grande commedia americana, una satira pungente sull’America del benessere e del consumo, mostrata letteralmente… con i pantaloni abbassati. Invece, il documentario si accontenta di trasformare l’incidente in una barzelletta, rinunciando a una riflessione più ampia. Non c’è un vero messaggio, non c’è denuncia, non c’è empatia: solo una successione di scene sempre più assurde che tendono a esaurire il proprio potenziale narrativo ben prima della fine. Persino le testimonianze dei protagonisti appaiono quasi caricaturali, con un tono costantemente sopra le righe che toglie spessore all’intera vicenda. Si ride, sì, ma è una risata sterile, quasi colpevole. Si avverte, sullo sfondo, un’occasione mancata: quella di raccontare una tragicommedia sociale, con profondità e ironia.
La recensione in breve
Trainwreck: Poop Cruise racconta una delle più assurde odissee moderne con tono beffardo e immagini d’archivio che sembrano uscite da una parodia. Il documentario gioca con il confine tra umorismo e disagio, lasciando spesso il pubblico incerto se ridere o rabbrividire.
Pro
- Combinazione efficace tra umorismo nero e racconto reale
- Testimonianze dirette potenti (e divertenti)
Contro
- Approccio sensazionalistico, manca analisi approfondita su responsabilità
- Manca una vera e propria struttura narrativa
- Voto CinemaSerieTV