Il film: Tredici Vite (Thirteen Lives) del 2022. Regia: Ron Howard. Cast: Colin Farrell, Viggo Mortensen, Joel Edgerton, Tom Bateman.
Genere: drammatico / thriller. Durata 2h 27m. Dove lo abbiamo visto: su Amazon Prime Video, in lingua originale.
Trama: Una missione di salvataggio viene condotta in Thailandia, dove un gruppo di ragazzi e il loro allenatore di calcio sono intrappolati in un complesso di grotte sotterranee che si stanno allagando.
Il 2018 ha portato con sé uno dei momenti più emblematici della storia mondiale recente quando dodici ragazzi thailandesi e il loro allenatore di calcio sono rimasti intrappolati nella grotta Tham Luang, nella provincia di Chiang Rai, durante un’escursione. Le forti piogge che hanno colpito la regione hanno parzialmente allagato il sito, lasciando il team di adolescenti e il loro giovane istruttore bloccati nella cava per ben 17 giorni. In condizioni meteorologiche instabili, dovute all’inizio della stagione dei monsoni, è stata necessaria una squadra di oltre mille persone per garantire che tutti i ragazzi venissero salvati. Un viaggio degno di un film, accuratamente raccontato attraverso l’obiettivo dei registi di Free Solo Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin in The Rescue, un documentario al cardiopalma disponibile su Disney+, costruito attorno alle avvincenti testimonianze in prima persona dei protagonisti.
Ora, è Ron Howard a raccontare nuovamente l’incidente della grotta di Tham Luang in Tredici Vite, da oggi disponibile su Prime Video. Come vedremo nella nostra recensione di Tredici Vite, Ron Howard deve scontrarsi con un precedente prodotto audiovisivo insuperabile, che ha portato il pubblico a vivere un’esperienza claustrofobica abbracciandone completamente la veridicità dei fatti.
La trama: una rielaborazione derivativa e che cede al sentimentalismo
Basato su una sceneggiatura di William Nicholson, Tredici Vite segue tutto il lavoro delle autorità thailandesi in questa missione, evidenziando gli sforzi dei cinque sommozzatori volontari che hanno operato il salvataggio, qui interpretati da Viggo Mortensen, Colin Farrell, Joel Edgerton, Tom Bateman e Paul Gleeson. Messi a dura prova nel corso delle riprese per quanto riguarda i propri limiti fisici ed emotivi, Farrell, Edgerton, Mortensen, Bateman e Gleeson sono forse la vera luce del film, dimostrando una sensibilità impressionante di fronte al pubblico, in interpretazioni realistiche che trasudano parte della tensione che hanno dovuto affrontare durante il processo produttivo.
Howard sfoga con Tredici Vite la sua passione per la trasposizione audiovisiva di eventi reali, ahimè cedendo al sentimentalismo di stampo hollywoodiano e non riuscendo a offrire un punto di vista inedito sull’argomento. Più che concentrarsi sui ragazzi intrappolati, il regista mostra la risposta del governo thailandese, il fallito tentativo di salvataggio da parte della marina, le pressioni politiche delle autorità locali e il sostegno del monaco Kruba Boonchum nei momenti peggiori dei primi giorni della missione di salvataggio. Otteniamo una conoscenza perfetta di ogni ostacolo – soprattutto politico – dell’operazione. Quali erano i rischi che i NAVY SEAL thailandesi erano disposti a correre, cosa è andato storto nel primo tentativo di salvataggio, perché John Volanthen (Colin Farrell) e Richard Stanton (Viggo Mortensen) si sono recati sul posto. Eppure, perfino elementi strutturali così rigidi e informativi vengono drammatizzati così tanto che, in ultima istanza, non rimane niente dell’abile gioco di luci e ombre, fede e speranza che il documentario The Rescue riesce a mettere in piedi. Addirittura, appaiono spesso sullo schermo piccole mappe e infografiche, oltre a stimoli visivi, per tenerci sempre informati su cosa stia succedendo e come stia procedendo questa corsa contro il tempo. Una scelta concettualmente interessante, non fosse che ricalca – ancora una volta e perfettamente – l’impostazione del documentario presente su Disney+.
Una trasposizione “classica” e senza il cuore di The Rescue
Va notato che Tredici Vite colpirà probabilmente gli spettatori che si approcciano per la prima volta a una trasposizione audiovisiva dell’incidente di Tham Luang e che si sono lasciati scappare lo splendido documentario al riguardo. Dal punto di vista della ricostruzione storica, il film di Ron Howard è molto fedele alla storia originale e riesce sicuramente a trasmettere l’alta posta in gioco di quei giorni di maratona in cui la vita di uno dei sommozzatori che hanno tentato la discesa nella grotta è andata perduta, mentre un altro è morto giorni dopo a causa di un’infezione. In effetti, i soccorritori hanno intrapreso la loro immersione più impegnativa fino a quel momento, dimostrando che lo spirito di sopravvivenza umano non conosce limiti, lottando contro l’inclemenza di un complesso di grotte insidioso e i disagi di un’operazione tanto ardua quanto estenuante.
Il documentario The Rescue abbandonava l’archetipo narrativo del “salvatore bianco” per lasciare spazio alla vera storia del salvataggio raccontato attraverso gli occhi di chi fa parte del popolo e della sinergia necessaria – al di là dei limiti linguistici – tra soccorritori e famiglie nel cercare di eseguire al meglio un piano rischiosissimo. Howard ricalca pedissequamente questo percorso drammaturgico, avvalendosi tuttavia di una regia fin troppo asciutta e pulita, che va a minare l’intero impianto narrativo, non emozionando né coinvolgendo effettivamente il pubblico in questa molteplicità di storie personali che dovrebbero condurre al climax finale: il salvataggio, nella realtà dei fatti, e una conclusione testuale forte, incisiva, vibrante nella sua emozionante veridicità storica.
Tredici Vite inciampa, non decolla
Un montaggio estremamente classico e per nulla ispirato rende ogni controcampo una drammatizzazione estenuante di una vicenda storica che, in realtà, si stava svolgendo in tutt’altro modo. In The Rescue, l’equipe tecnica non poteva esimersi dal rimarcare come l’operazione di salvataggio, tanto dal punto di vista teorico quanto poi nella sua messa in atto, sia stato supportato da uno dei nodi cardine della cultura thailandese: la speranza. La vera forza di questa missione impossibile, che ha spronato i soccorritori anche nei frangenti più impervi, è riscontrabile nella fede delle famiglie che hanno atteso per più di due settimane di rivedere i propri figli, silenziose nel loro dolore, sempre riconoscenti nei confronti di chi ha lavorato giorno e notte per penetrare tra i cunicoli impraticabili della grotta dove i ragazzi erano bloccati.
Tredici vite avrebbe potuto – ma soprattutto dovuto – essere qualcosa di più. Un trio di attori veterani non è abbastanza per ricalibrare il circo mediatico formatosi intorno all’evento, rendendo giustizia alle storie delle famiglie e dei soccorritori coinvolti. Non sono i fatti a dominare le ingiustificate due ore e venti di durata del film, ma la visione di un regista americano, che ha fatto della drammatizzazione storica uno dei capisaldi della sua filmografia. Con delle giovani vite in gioco, nulla si è fermato nella provincia di Chiang Rai, anzi, ne è derivato uno sforzo internazionale encomiabile. Al contrario, il film di Howard si ferma, inciampa tra le grotte insidiose che rigettano ogni forma di esistenza, anche quella narrativa.
La recensione in breve
Tredici Vite affida al sentimentalismo intrinsecamente americano la ricostruzione storica del salvataggio più miracoloso della storia recente. Una direzione fin troppo pulita e derivativa non permette al film di Ron Howard di elevarsi tanto quanto la sua controparte documentaristica, il bellissimo The Rescue.
- Voto ScreenWorld