Il film: Tutto in un giorno, 2022. Regia: Juan Diego Botto.
Cast: Penelope Cruz, Luís Tosar. Genere: Drammatico. Durata: 105 minuti.
Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima.
Trama: Un conto alla rovescia per le storie intrecciate di tre protagonisti, che cercano di restare a galla e superare le ventiquattro ore che cambieranno la loro vita. Un’affannosa corsa contro il tempo, ai margini di una grande città.
Il titolo italiano recita Tutto in un giorno, puntando sull’aspetto temporale della storia, un intrecciarsi di vicende di varie persone nel corso di una lunga, durissima giornata. Il titolo originale, En Los Margines, allude invece più al senso del film, il racconto di una serie di personaggi che vivono ai margini. Al centro c’è una brutta storia di banche e di mutui, una speculazione ai danni dei più deboli. Nella recensione di Tutto in un giorno, al cinema dal 2 marzo, vi parliamo di un film girato a cuore aperto, intenso ed empatico, in cui il regista, Juan Diego Botto, partecipa con passione alle vicende degli ultimi. E dove in scena ci sono attori estremamente credibili, tra tutti una Penelope Cruz che “scompare” letteralmente nel suo personaggio.
La trama: Tutto in un giorno, varie vite si intrecciano
Azucena (Penelope Cruz) ha un marito e un figlio, un lavoro e una casa. Ma quella casa rischia di perderla a causa di una speculazione messa in atto dalla banca che ha dato a lei, ed altre persone, un mutuo. Così, tra riunioni su riunioni del collettivo che si forma per opporsi alla cosa, manifesta spesso davanti alla banca. Rafa (Luís Tosar) vive con una compagna, che aspetta un figlio da lui, e con il figlio di lei. Vuole bene a entrambi, ma riesce a conciliare a fatica la famiglia e il suo lavoro di sindacalista, costantemente e continuamente al servizio degli altri. Al mattino di una giornata molto importante, scopre che una donna araba, che conosce, ha lasciato la figlia a casa da sola per andare a lavorare. E che rischia di perderla dopo l’intervento degli assistenti sociali. Seguiamo anche le vicende di un’anziana signora e di due uomini che lavorano, sottopagati, come muratori.
Come il primo Iñárritu
Tutto in un giorno è uno di quei film di destini che si uniscono, di storie apparentemente slegate che, in qualche modo, finiscono essere intrecciate fra loro. Un po’ come in certi film del primo Iñárritu, quello del sodalizio con Arriaga. Tutto in un giorno non ha l’eccessiva frammentazione e i salti avanti e indietro nel tempo, ma una narrazione più pacata, che allo stesso tempo riesce a mantenere tensione e mistero. In montaggio alternato, quindi, seguiamo le storie di una serie di persone lungo tutto un giorno, dal mattino fino al mattino dopo. Un giorno, e una mattinata, che risulteranno decisivi per molti di loro.
Penelope Cruz si spoglia della sua aura divistica
A spiccare, in un cast dove tutti sono perfettamente in parte, è Penelope Cruz, nel ruolo di Azucena. L’attrice spagnola riesce a togliere dalla sua immagine tutta la sua aura divistica, il suo sex appeal. Veste semplicemente, con giubbotti, maglioni e jeans, porta i capelli corti e arruffati. Ha gli occhi tristi, disperati, arrabbiati, che custodiscono una quantità di lacrime che prova a non versare ma che, ci fa capire, ci sono, tante e amare. L’attrice spagnola, come abbiamo detto, “scompare” letteralmente nel suo personaggio.
Luís Tosar, portare su di sé tutto il peso del mondo
L’altro personaggio chiave di Tutto in un giorno è Rafa (un intenso Luís Tosar), un uomo che fa il sindacalista, che pensa prima agli altri che a se stesso, e che sembra portare su di sé tutto il peso del mondo. “Il Male del mondo, quando lo vedi, non hai scelta, sei convolto. Se ti giri dall’altra parte fai come tutti gli altri” dice al figlio acquisito. È il suo motto. Ma la cosa che stupisce, da Penelope Cruz a Tosar, fino a ogni altro membro del cast, è che gli attori sono perfettamente credibili nei panni dei loro personaggi. Non sembrano neanche attori, non sembrano interpretare un ruolo, ma sono quelle persone. E questo è merito loro, ma anche del regista e dei truccatori.
Come un film di Ken Loach
Come è stato giustamente scritto, Tutto in un giorno ha la forza e l’afflato sociale di un film di Ken Loach o di Mike Leigh. O, ancora dei film Stéphane Brizé con Vincent Lindon. Tutto in un giorno è una storia politica, ma è anche una storia umana. Perché, come si diceva, tutto è politico. E le condizioni sociali ed economiche si rifrangono su quelle personali. Tutto in un giorno, in fondo, è un film sulle famiglie. La famiglia di Azucena e suo marito, che litigano perché i due hanno modi diversi di affrontare le cose. La famiglia di Raul, che allo stesso tempo si unisce e si divide: l’uomo sembra perdere la compagna di vita, che non sopporta il fatto di vederlo continuamente preso dal suo lavoro; ma, allo stesso tempo, il figlio acquisito sposa le sue cause e comincia a provare empatia per gli altri. E, finalmente, dopo aver sempre detto che è il patrigno, lo chiama finalmente, “padre”. E poi c’è la famiglia di quell’anziana signora, che vive nell’assenza, nel ricordo, nell’attesa: la donna apparecchia sempre la tavola da pranzo per tre, per il marito che è venuto a mancare e per il figlio che non vede da tempo, anche se è da sola.
Spagna: più di 400mila sfratti negli ultimi 10 anni
Tutto in un giorno è un film caratterizzato dalla continua fretta, dalla continua mancanza di tempo, dalla costante sensazione di essere in ritardo, senza respiro, con l’acqua alla gola. E in questo è sintomatico di quello che sono diventare le vite di oggi. Dietro a quest’ansia, raccontata in maniera magistrale, c’è un discorso politico, una denuncia mirata e precisa. Una scritta in sovrimpressione ci dice che in Spagna, negli ultimi 10 anni, ci sono stati più di 400mila sfratti. E ancora oggi ci sono qualcosa che 100 sfratti al giorno. Cose che, quando le leggiamo, ci sembrano numeri. Ma che invece sono le vite delle persone. Come ci mostra, mirabilmente, dolorosamente, questo grande film.
La recensione in breve
Nella recensione di Tutto in un giorno vi abbiamo parlato di un film girato a cuore aperto, intenso ed empatico, in cui il regista, Juan Diego Botto, partecipa con passione alle vicende degli ultimi. E dove in scena ci sono attori estremamente credibili, tra tutti una Penelope Cruz che “scompare” letteralmente nel suo personaggio.
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