Il film: Umma, 2022. Regia: Iris K. Shim. Cast: Sandra Oh, Fivel Stewart, Dermot Mulroney, Odeya Rush, MeeWha Alana Lee, Tom Yi. Genere: Drammatico, horror. Durata: 83 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: La vita tranquilla di un’apicoltrice che vive in una fattoria insieme alla figlia adolescente prende una piega terrificante quando arrivano dalla Corea i resti della madre scomparsa.
Una madre tormentata dai propri traumi infantili. Una figlia cresciuta in totale isolamento. E un passato doloroso che torna a farsi vivo attraverso i resti mortali di una genitrice sadica che non ammette di essere dimenticata. Queste sono le premesse di Umma, dramma familiare dalla deriva horror prodotto da Sam Raimi e adesso disponibile per lo streaming su Netflix. Nonostante la buona idea di base, come vedremo nella nostra recensione di Umma, il film esordio alla regia di Iris K. Shim presenta una sceneggiatura stantia e stringata, piena zeppa di jump scares posticci e prevedibili che vanno a discapito di quello che sarebbe dovuto essere il cuore della narrazione, ovvero la complessa relazione tra madre e figlie e il peso del trauma transgenerazionale. Un’occasione davvero mancata.
La trama: un passato che ritorna
Amanda (Sandra Oh) è un’immigrata sudcoreana che vive con la figlia adolescente Chrissy (Fivel Stewart) in una fattoria in mezzo al nulla negli Stati Uniti, lavorando come apicoltrice e vendendo il suo miele biologico online. Ad aumentare ancor di più il senso il senso di isolamento delle due, è la strana allergia di cui sembra soffrire Amanda, costretta a tenersi lontana da qualsiasi apparecchio elettrico, a tal punto da aver abolito le lampadine in casa e da obbligare i rari visitatori a lasciare i propri telefonini in auto prima di entrare nella tenuta. La vita di madre e figlia sembra scorrere tranquilla, seppure solitaria, ma un evento inaspettato giunge a minacciare la loro pace consolidata: dalla Corea arriva infatti lo zio di Amanda (Tom Yi), con la notizia della morte della madre – “umma” in coreano – e una valigia contenente i resti e alcuni effetti personali dell’anziana donna. Nonostante Amanda cerchi di nascondere il baule – soprattutto agli occhi della figlia, all’oscuro di tutto -. presto la presenza della umma inizia a farsi sentire con inquietanti apparizioni, e il rapporto tra Amanda e Chrissy comincia a degenerare.
Il trauma transgenerazionale
La causa principale dell’avversione di Amanda nei confronti dell’elettricità non è difficile da indovinare, dal momento che il film inizia proprio con un flashback (il primo di tanti) dell’infanzia della donna, il quale ci mostra una madre violenta che era solita, come punizione, somministrare scosse elettriche alla figlia. Il passato traumatico di Amanda è del tutto sconosciuto a Chrissy che, tuttavia, è costretta ad accettare di buon grado una vita completamente isolata dal resto del mondo e priva di elettricità. Come prevedibile, però, si tratta di uno status quo destinato a non durare: non è infatti solo l’arrivo dei resti di umma a sconvolgere l’esistenza tranquilla alla fattoria, ma anche il desiderio di Chrissy di emanciparsi da una madre tanto amorevole quanto ingombrante, facendo segretamente domanda per il college e stringendo amicizia con una ragazza di città in visita.
Per molti versi, l’esordio alla regia di Iris K. Shim è un dramma ambizioso e dalla premesse interessanti, desideroso di farsi carico del fardello di trattare un argomento impegnativo come il peso del trauma transgenerazionale, ovvero il modo in cui il dolore emotivo, fisico o sociale viene trasferito alle nuove generazioni che iniziano a sperimentare sulla propria pelle il dramma di quanto successo in passato, senza averlo sperimentato in prima persona. In questo senso, Chrissy ha trascorso la sua intera esistenza con la sensazione che qualcosa di terribile fosse accaduto nella sua famiglia, senza effettivamente sapere di cosa si trattasse ma pagandone comunque il dazio. Si tratta di una tematica presentata in una serie di scene concepite in modo intelligente e guidate dalle performance coinvolgenti delle sue protagoniste. Peccato che, anche se le sequenze che seguono il loro rapporto rappresentano il cuore del film, la sceneggiatura stringata di Umma non conceda loro abbastanza tempo (il film dura solo 83 minuti) per dare sostanza ai propri personaggi.
Un horror scarno e stantio
Di fatto, la relazione tra le due protagoniste è l’unico elemento meritevole di essere salvato in Umma, che prende un dramma familiare e tenta (con pessimi risultati) di trasformarlo in un film horror pieno zeppo di jump scares prevedibili e cadenzati ma di certo non riusciti. Le apparizioni inquietanti di umma, sempre uguali e facilmente predicibili – oltre che dagli effetti speciali posticci – non permettono, infatti, la costruzione di un senso tangibile di minaccia; al contrario, le manifestazioni spettrali diventano, se possibile, via via sempre meno efficaci, come se il regista volesse solo farla finita per tornare a ciò che realmente desiderava approfondire nel suo lavoro. Il risultato è una sceneggiatura stantia, capace di gettare alle ortiche una buona idea di base a favore di uno sviluppo privo della minima emozione.
Un’ulteriore – e non di poco conto – problematica del film diretto da Iris K. Shim e prodotto da Sam Raimi è rappresentata dalla sua brevissima durata, che compromette l’equilibrio dell’intera narrazione e conduce verso il fondato sospetto che Umma dovesse essere molto più lungo, forse fatto a pezzi per dare maggior spazio alla deriva soprannaturale a discapito di quella che sarebbe dovuta essere la vera anima della pellicola, la complessa relazione tra madre e figlia. Per un film che si fonda sulla permanenza nel tempo dei traumi del passato, sembra un po’ troppo desideroso di procedere oltre.
La recensione in breve
Umma presenta una sceneggiatura stantia e stringata, piena zeppa di jump scares posticci e prevedibili che vanno a discapito di quello che sarebbe dovuto essere il cuore della narrazione, ovvero la complessa relazione tra madre e figlie e il peso del trauma transgenerazionale. Un'occasione davvero mancata.
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