Il film: Unlocked, 2023. Regia di: Kim Tae-joon. Cast: Chun Woo-hee, Yim Si-wan, Kim Hie-won. Genere: Thriller. Durata: 117 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Una giovane impiegata smarrisce lo smartphone contenente tutte le sue informazioni personali e inizia ad essere perseguitata da colui che se ne è impossessato.
Cosa succederebbe se qualcuno potesse accedere al nostro smartphone e, attraverso tutte le informazioni al suo interno, intromettersi nella nostra vita? É quello che accade alla protagonista di Unlocked, nuovo thriller coreano targato Netflix basato sull’omonimo romanzo di Akira Teshigawara, già diventato un lungometraggio nel 2018 (Stolen Identity).
Come vedremo nella nostra recensione di Unlocked, il film che segna il debutto alla regia di Kim Tae-joon ha dalla sua delle premesse particolarmente attuali, che rendono le vicende ancora più realistiche e inquietanti, e un’interpretazioni soddisfacente da parte dei suoi attori protagonisti. Peccato per la sceneggiatura che, a volte, fa fatica a tenere le redine delle due maxi sottotrame che si sviluppano quasi in maniera indipendente.
La trama di Unlocked: dall’altra parte dello schermo
Tornando a casa dopo una serata al karaoke con le amiche, Nami (Chun Woo-hee), giovane impiegata di una startup, smarrisce sull’autobus il proprio smartphone. A recuperarlo è Jun-yeong (Yim Si-wan), dipendente di un negozio di riparazione cellulari che, senza rivelare la propria identità, restituisce il device alla legittima proprietaria; ma non senza prima aver installato nel telefono uno spyware, grazie al quale il ragazzo può non solo accedere a tutte le informazioni private di Nami – dal suo indirizzo di casa al saldo del conto in banca – ma anche seguirla nei suoi spostamenti quotidiani e ascoltare le sue conversazioni. Nel frattempo, il detective Ji-man (Kim Hee-won) è sulle tracce dell’autore di un’efferato delitto ai danni di una giovane donna; sul luogo dell’omicidio sembrano non esserci tracce rilevanti, se non una fiala di fertilizzante che porta l’uomo a sospettare del figlio che non vede da anni.
La vita dentro lo smartphone
La premessa di Unlocked è tanto semplice quanto attuale. Al giorno d’oggi, se qualcuno avesse accesso a tutto ciò che contiene il nostro smartphone, potrebbe risalire alla quasi totalità delle informazioni riguardanti la nostra vita. E, di conseguenza, averci in pugno. Questo è proprio quello che succede a Nami, la cui esistenza viene prima scandagliata e poi sgretolata pezzo per pezzo da un individuo senza scrupoli che utilizza come arma un semplice telefono cellulare. Man mano che la narrazione procede, osserviamo Jun-yeong intrufolarsi con estrema facilità nella quotidianità di Nami, in un crescendo di violazione della privacy: dal leggere i messaggi e ascoltare le telefonate a spiarla attraverso la telecamera frontale, fino a intromettersi nel suo lavoro e nelle sue relazioni. Un’idea – quella sviluppata nel corso del film – tanto inquietante quanto realistica, resa ancora più terrificante dalla consapevolezza che potrebbe succedere a chiunque: la protagonista, infatti, non è altro che una comune ragazza, con un lavoro ordinario e uno smartphone che utilizza per molte ore nel corso della giornata. Alternando la visuale che ha Jun-yeong dallo schermo e il punto di vista di Nami, mentre va avanti con la propria vita, il regista costruisce sapientemente una tensione che permane fino alla fine.
Due film in uno
Il difetto nella sceneggiatura di Unlocked inizia ad emergere quando entra in gioco il secondo filone narrativo del film, ovvero quello in cui assistiamo alla ricerca da parte del detective Ji-man di un feroce serial killer. Deduciamo fin dall’inizio che, ciò che sta accadendo a Nami, non può essere semplicemente etichettato come un caso di stalking, ma si inserisce in una più ampia rete di crimini efferati. Eppure, nonostante le due sottotrame siano indiscutibilmente legate tra loro, rimangono del tutto indipendenti fino all’ultima mezz’ora nel film, dando l’impressione di trovarsi di fronte a una sceneggiatura alquanto slegata. Sceneggiatura che soffre anche per la presenza di alcune spiegazioni troppo semplicistiche a comportamenti non troppo logici messi in atto dai suoi protagonisti, che ovviamente non vi riveliamo per evitare qualsiasi tipo di spoiler.
Il cast di Unlocked
Chun Woo-hee e Yim Si-wan, due attori sudcoreani piuttosto noti in patria, offrono una performance alquanto convincente, capace di sostenere un ritmo della trama spesso incostante. Il personaggio di Nami compie una significativa evoluzione, da un’ordinaria ragazza con la tendenza a fidarsi troppo a una protagonista forte, decisa a porre fine ai soprusi subiti. Jun-yeong, invece, rimane sempre uguale a se stesso, proprio come dovrebbe essere un criminale sociopatico e razionale del suo calibro. Meno convincente, invece, è il detective Ji-man interpretato da Kim Hie-won, non tanto per la recitazione dell’attore ma per l’indecifrabilità di molti suoi comportamenti.
La recensione in breve
Il film che segna il debutto alla regia di Kim Tae-joon ha dalla sua delle premesse particolarmente attuali, che rendono le vicende ancora più realistiche e inquietanti, e un'interpretazioni soddisfacente da parte dei suoi attori protagonisti. Peccato per la sceneggiatura che, a volte, fa fatica a tenere le redine delle due maxi sottotrame che si sviluppano quasi in maniera indipendente
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