Il film: Will, 2023. Regia: Tim Mielants. Cast: Stef Aerts, Annelore Crollet, Matteo Simoni. Genere: Drammatico, storico. Durata: 114 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima su Netflix.
Trama: Due giovani poliziotti si ritrovano a dover scegliere da quale lato della barricata schierarsi in un’Anversa occupata dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
Dopo la regia di serie televisive di successo – come la terza stagione di Peaky Blinders, di Legion e di The Responder – e aver esordito nel 2019 con il suo primo lungometraggio, il thriller psicologico Patrick, Tim Mielants si cimenta con il genere storico, adattando per lo schermo l’omonimo romanzo di Jeroen Olyslaegers, uscito in Belgio a settembre 2023 e ora disponibile su Netflix. Lo fa utilizzando un approccio anticonformista, mentre racconta una storia ambientata ad Anversa nel 1942, durante l’occupazione nazista: protagonisti della narrazione sono Will e Lode, due giovani poliziotti costretti a prendere parte alla spietata persecuzione degli ebrei mentre, in segreto, iniziano a sostenere un movimento di resistenza.
Ma, come vedremo nella nostra recensione di Will, quella che prende forma nel film di Mielants non è una storia di eroismo, bensì di paure e contraddizioni, di voglia di ribellarsi alle ingiustizie ma anche di desiderio di sopravvivere. In questo senso, il regista chiede allo spettatore di sospendere ogni giudizio, di assistere agli indicibili orrori che fa scorrere sullo schermo e di camminare, in silenzio, sul filo del rasoio tra bene e male.
“Dobbiamo guardare e obbedire”
1942, Anversa. Wilfried, detto Will (Stef Aerts), e Lode (Matteo Simoni) sono due giovani reclute della polizia belga, durante l’occupazione della città da parte dei nazisti. Ufficialmente, il loro compito è quello di svolgere il ruolo di mediatori tra i cittadini e gli invasori tedeschi ma, in realtà, l’unica cosa che devono fare è obbedire ciecamente agli ordini dei propri superiori, stando ad assistere, senza intervenire, a qualsivoglia violenza e sopruso perpetrato ai danni dei perseguitati. Ma una sera di pioggia, durante una ronda insieme a Lode, Will – mosso da un impeto di rabbia – si ritrova ad uccidere un soldato nazista in procinto di sterminare una famiglia ebrea, nascondendo poi il corpo dell’uomo in un tombino. La morsa dei sospetti inizia così a stringersi attorno ai due amici: indagati di collaborazionismo, i ragazzi da un lato devono mostrare accondiscendenza verso i gruppi neonazisti mentre, dall’altro, cominciano ad aderire a un movimento di resistenza chiamato la “Brigata Bianca” e a proteggere la famiglia che hanno salvato. Per quanto tempo potrà andare avanti questa loro pericolosa doppia vita?
La nascita di un eroe accidentale
Wil è un giovane artista, un pittore impetuoso e idealista, il cui destino, come quello di molti altri, cambia inevitabilmente con l’arrivo della guerra. Costretto ad arruolarsi nella polizia belga, il ragazzo non riesce però a tenere a bada il proprio animo irriducibile e, in un moto di ribellione nei confronti di una violenza atroce e ingiustificata, uccide un nazista per salvare delle vite umane innocenti. Un gesto fatto in totale ingenuità e incuranza delle conseguenze, che metterà presto Will di fronte a quello che, ai più, potrebbe sembrare un bivio: vigliaccheria o eroismo? In realtà, quella intrapresa dal giovane è una strada di “non scelte”, di coraggio involontario messo in atto da un giovane ricco di paure e contraddizioni che, però, semplicemente non può stare fermo a guardare. Ad alimentare questo fuoco che arde dentro il ragazzo, esile e dai grandi occhi spalancati sulle atrocità del mondo, è l’incontro con l’agguerrita e testarda sorella di Lode, Yvette (Annelore Crollet), capace di trascinare Will sempre di più su un cammino senza ritorno.
La sospensione del giudizio
Nell’incipit del film, la voce del protagonista ci ricorda come le date e i grandi nomi non rappresentino davvero la Storia, perché nessuno, effettivamente, sa cosa la Storia sia in realtà. Gli uomini ne giudicano sempre a posteriori i fatti ma, quando ci si trova in mezzo, a viverne gli eventi senza alcuna certezza su cosa accadrà domani, è chiaro allora come sia molto più complesso comprendere e sentenziare, condannare e assolvere. Ed è proprio questa la chiave di lettura che vuole fornirci il regista nel suo Will, chiedendo al suo pubblico di guardare senza pregiudizi e di avere il coraggio di porsi domande che, probabilmente, non troveranno risposte. Così Mielants porta sullo schermo ciò che gli occhi del suo protagonista vedono, filtrato dalle sue paure e dal suo desiderio da un lato di fare la cosa giusta, dall’altro di sopravvivere. Due cose spesso in contraddizione che metteranno il ragazzo di fronte a un dilemma morale senza soluzione perché, come dice lui stesso, in certe situazioni la “coscienza è un lusso” che non tutti possono permettersi.
Ed è proprio per esacerbare l’idea di quanto a volte sia difficile schierarsi anche di fronte alle più terribili atrocità che il regista punta i riflettori sugli orrori indicibili della guerra, sfociando talvolta nel grottesco ed enfatizzando la dimensione macabra di quell’epoca, decidendo di optare per una visione da incubo della storia che trascina lo spettatore in una marcia cupa sempre sul filo del rasoio tra il bene e il male.
La recensione in breve
WILL non è una storia di eroismo, bensì di paure e contraddizioni, di voglia di ribellarsi alle ingiustizie ma anche di desiderio di sopravvivere. In questo senso, il regista chiede allo spettatore di sospendere ogni giudizio, di assistere agli indicibili orrori che fa scorrere sullo schermo e di camminare, in silenzio, sul filo del rasoio tra bene e male.
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