Il film: Zamora, 2024. Regia: Neri Marcorè. Cast: Alberto Paradossi, Neri Marcorè, Marta Gastini, Giovanni Storti. Genere: Commedia. Durata: 1o0 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima.
Trama: Il trentenne Walter Vismara ama condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere nell’animo prima ancora che di professione, lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno all’altro la fabbrica chiude e il Vismara si ritrova suo malgrado catapultato in un’azienda avveniristica della vitale e operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto. Andrebbe tutto bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il football, secondo un neologismo di Gianni Brera).
Zamora, chi era costui? Ricardo Zamora Martinez, classe 1901, è stato uno storico portiere di Barcellona, Real Madrid e della nazionale spagnola. Come vi raccontiamo nella recensione di Zamora, il film d’esordio alla regia di Neri Marcorè, tratto dal romanzo omonimo di Roberto Perrone, in uscita il 4 aprile al cinema, quel nome può diventare anche un soprannome ironico. È quello che viene appioppato a Walter, contabile di provincia che si trasferisce a Milano, in una grande ditta, dove tutto sommato si trova bene. Solo che non sa niente di calcio, e, costretto a giocare una partita dal suo capo, con risultati imbarazzanti, viene subito soprannominato così: Zamora. Ma è solo l’inizio di un film delizioso e nostalgico, che profuma di anni Sessanta, di vecchio calcio e di vecchio cinema, in cui gli attori comici vengono utilizzati in altro modo, da attori brillanti, e girano intorno a un protagonista che è una rivelazione.
La trama: Walter, il Cavalier Tosetto e… il folber
Walter Vismara (Alberto Paradossi) vive e lavora a Vigevano, ed è tutto casa e lavoro. La sera, tornato a casa, guarda i quiz di Mike Bongiorno alla tivù con la sua famiglia, e sa rispondere a tutte le domande. Non sa niente di calcio. Così, quando il suo capo (Antonio Catania) chiude lo studio e lo raccomanda a una grande azienda di Milano, si trova ad aver a che fare con il Cavalier Tosetto (Giovanni Storti), per cui una delle due religioni è il “fòlber” (un termine, dall’inglese football, usato anche da Gianni Brera per indicare il calcio). Tosetto è un vero fanatico e costringe i suoi a continui allenamenti il giovedì sera, con qualsiasi condizione atmosferica. E alla partita del primo maggio. Walter, schierato in porta, alla sua prima uscita non impressiona, per usare un eufemismo. E il soprannome di Zamora gli resta appiccicato addosso. Mentre inizia a frequentare Ada (Marta Gastini), l’affascinante segretaria dell’azienda, e mentre il lavoro sta ingranando, Walter a calcio in qualche modo ci deve giocare. Così incontra Giorgio Cavazzoni (Neri Marcorè) ex portiere caduto in disgrazia, che comincia a insegnargli il ruolo. E non solo.
Walter Paradossi è una vera rivelazione
Il Cavalier Tosetto sta al calcio come il Visconte Cobram di Fantozzi contro tutti stava al ciclismo. E in questo parallelo, per quanto si tratti di due film diversissimi, si capisce come Zamora ci faccia tornare indietro a quella vecchia Italia che masticava pane e sport popolare, e in cui i cumenda e i paròn facevano il bello e il cattivo tempo, nelle aziende e nella vita delle persone. Ma Zamora non è un film comico, né una satira sociale. È un film dolceamaro e malinconico in cui – e questa è una bella intuizione – gli attori comici (Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Ale e Franz, Antonio Catania, Giovanni Esposito, lo stesso Neri Marcorè) non fanno i comici ma gli attori brillanti, e ruotano attorno al protagonista giusto, Giorgio Paradossi, attore serissimo (diplomato al Centro Sperimentale e con studi a Londra e New York) in grado di fare tutto, e anche la commedia brillante. Bel volto, fisico giusto, Paradossi è una vera rivelazione.
Neri Marcorè trasferisce a Paradossi la sua timidezza
Come il Woody Allen di Anything Else, e di molti altri film, Neri Marcorè sceglie un attore giovane e adatto al ruolo, Paradossi, e opera una sorta di transfer, trasferendo a lui un po’ dei suoi caratteri, il suo spleen, la sua timidezza, regalandogli il ruolo di protagonista. E si ritaglia il ruolo di mentore. Il gioco funziona, per la sensibilità che entrambi gli attori hanno, e soprattutto per la chimica che si stabilisce tra i due. E che porterà entrambi i personaggi, come in un classico racconto di questo tipo, a una crescita. Accanto a Paradossi, Marta Gastini, al solito, è deliziosa, ed è anche un personaggio femminile moderno, soprattutto se pensiamo che vive negli anni Sessanta. Sarebbe piaciuto a Paola Cortellesi. Ci sono molti attori che recitano con un tono brillante, e non comico, dicevamo. Fa un po’ eccezione il siparietto finale tra Aldo e Giacomo, a cui il regista lascia per un attimo la briglia sciolta per uno scambio di battute tipico del loro stile, a cui, questo punto, manca solo Aldo.
Quel calcio e quel cinema degli anni Sessanta
Zamora è un film che non solo è ambientato negli anni Sessanta (ma i primi, quelli colorati di grigio e di marrone) ma che è permeato dai suoi toni, dalle atmosfere volutamente rétro e demodé, volutamente fuori dal tempo. E questo è un bene. Marcorè non rincorre le mode e le tendenze, e firma un film dove si parla tanto del calcio di una volta (quanto ci manca…) e del cinema di una volta (quanto ci manca…), di Fellini e Hitchcock. C’è la vecchia Milano (quanto ci manca…) quella del cinema Manzoni e dell’Arena Civica. Ci sono le vecchie voci di Tutto il calcio minuto per minuto (quanto ci mancano…), Ciotti, Ameri e Martellini. C’è, soprattutto, una regia non banale. Guardate quelle “visioni” di gelosia che prendono Walter, all’uso delle canzoni e delle musiche, come quel carillon natalizio che “stona” al momento di una brutta notizia. Ci sono poi le canzoni che fanno immediatamente anni Sessanta come Ma che freddo fa di Nada e Il mondo di Jimmy Fontana.
La recensione in breve
Nella recensione di Zamora vi abbiamo parlato di un film delizioso e nostalgico, che profuma di anni Sessanta, di vecchio calcio e di vecchio cinema, in cui gli attori comici vengono utilizzati in altro modo, da attori brillanti, e girano intorno a un protagonista che è una rivelazione.
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