“Ciò che facciamo in vita riecheggia per l’eternità”. A pronunciare queste parole è Russell Crow, nei panni di Massimo Decimo Meridio, il protagonista de Il Gladiatore, il film di Ridley Scott che, a più di vent’anni dalla sua uscita (era il 2000) è ancora amatissimo dal pubblico di tutto il mondo. A ogni passaggio televisivo, in streaming, in home video, Il Gladiatore è uno di quei film che si vedono e si rivedono, ripetendo a memoria le battute più celebri. Il Gladiatore, tratto dal romanzo Those about to die di Daniel Mannix del 1958, è ambientato durante l’era imperiale dell’antica Roma, alla fine del regno di Marco Aurelio e all’inizio del potere di Commodo. Per una serie di eventi, Massimo viene fatto prigioniero e diventa uno schiavo, e infine un gladiatore. La sua è una storia di vendetta e orgoglio. Il Gladiatore è passato alla storia, oltre che per l’interpretazione di Russell Crowe, per quella di Joaquin Phoenix nei panni del villain Commodo, e per le musiche di Hans Zimmer e Lisa Gerrard. Il Gladiatore ha vinto cinque Oscar alla 73ª edizione: miglior film, miglior attore protagonista, migliori costumi, miglior sonoro e migliori effetti visivi. Ecco a voi, allora, le 5 scene più belle de Il Gladiatore.
Al mio segnale scatenate l’inferno
“Al mio segnale scatenate l’inferno” è una delle battute più celebri de Il gladiatore. Per il suo significato, per quello che sta per succedere. E per il tono perentorio, deciso, fermo con cui è pronunciata. A noi la famosa battuta è arrivata grazie alla voce di Luca Ward, il doppiatore di Russell Crowe nella versione italiana, a cui si deve, secondo noi, una parte del successo del film. Ma è una scena che va al di là di questa battuta. È il via a una colossale, magistrale scena di battaglia. E, soprattutto, ha il pregio, da sola, di raccontare la storia di Massimo Decimo Meridio prima di diventare gladiatore.
La cavalcata verso casa
Manca da casa da 2 e anni e 260 giorni, Massimo. E ha capito che, dopo la salita al trono di Commodo, a cui ha deciso di non piegarsi, la sua famiglia è in pericolo. E allora decide di tornare, da solo, a cavallo, a casa. La sua è una corsa a perdifiato, senza sosta, allo stremo delle forze. Mentre Massimo sta cavalcando verso casa, la moglie e il figlio lo aspettano. Quando vedono arrivare dei soldati romani, credono che sia lui e vanno loro incontro. Le due scene scorrono in montaggio alternato per farci vivere la fretta con cui Massimo sta correndo verso casa, per farci sperare che arrivi in tempo. È una scena che decide di farci capire tutto senza mostrare troppo. E anche in questo sta la sua bellezza. Oltre a una musica enfatica che dà ulteriore emozione. Una curiosità: la moglie di Massimo è Giannina Facio, compagna di Ridley Scott, e il figlio è Giorgio Cantarini, che era stato il piccolo Giosué ne La vita è bella.
Mi chiamo Massimo Decimo Meridio
“Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa… e avrò la mia vendetta… in questa vita o nell’altra”. È forse la vera scena cult de Il Gladiatore, il momento in cui, dopo aver messo in scena una battaglia delle guerre puniche, ma in modo da riscriverne il finale, attira l’attenzione dell’imperatore Commodo. Che intende conoscere la sua identità. Fino ad allora, lo chiamavano semplicemente l’Ispanico. “Mi chiamo il Gladiatore”, dice Massimo voltando poi le spalle all’Imperatore. Ma, in seguito all’insistenza di Commodo, si toglie l’elmo e svela la sua identità. E, al contempo, getta un guanto di sfida all’imperatore.
Il tempo degli onori
Massimo ha vinto il suo duello, toglie la feritoia dell’elmo al suo avversario. Ha in mano un’ascia. Il pubblico lo incita all’uccisione del suo rivale. Ma l’ultima parola spetta all’imperatore: pollice in alto o pollice verso. E così Commodo, con il pollice verso, ordina a Massimo di uccidere l’altro gladiatore. Ma lui si rifiuta, e getta l’ascia per terra. Commodo allora scende nell’arena e lo provoca. La risposta di Massimo è sprezzante e fiera. “Il tempo degli onori presto sarà finito per te… principe” dice a Commodo, con un accenno d’inchino con il capo prima di pronunciare l’ultima parola.
Il ritorno a casa (la scena finale)
“C’era un sogno. Era Roma. Sarà realizzato. Questo era il sogno di Marco Aurelio”. Massimo ha appena sconfitto la sua nemesi, Commodo, in uno sfinente corpo a corpo. E comincia a intravvedere la sua famiglia, che ormai è scomparsa. È un campo di grano virato in blu, un momento onirico, in cui ci sono la moglie e il figlio che si trovano nell’aldilà. La musica, entrata nella storia e usata in decine di spot, video e altre sequenze, è ad alto tasso di emozione, e contribuisce a dare alla scena la giusta enfasi.