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Home » Film » Shining: la spiegazione del finale del film

Shining: la spiegazione del finale del film

Shining di Stanley Kubrick ha un finale complesso e stratificato. Proviamo a dare una spiegazione a quello che accade nella conclusione.
Massimiliano MeucciDi Massimiliano Meucci6 Agosto 20228 min lettura
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Jack Nicholson in una nota scena di Shining
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Shining è uno dei lungometraggi più iconici e affascinanti della settima arte, uno degli horror maggiormente raffinati e impattanti di sempre che, nonostante siano passati ben 42 anni dalla sua uscita al cinema, continua a terrorizzare generazioni di cinefili. Nonostante il vasto apprezzamento da parte di pubblico e critica, l’opera di Stanley Kubrick ha incontrato diverse critiche in passato a causa delle tante divergenze con il libro originale omonimo, scritto da Stephen King e pubblicato nel 1977. Proprio il re del brivido, a fronte della di questa trasposizione cinematografica, si è sempre detto insoddisfatto del risultato finale, tanto è vero che nel 1997 l’autore americano volle fermamente un nuovo adattamento, questa volta televisivo, decisamente più fedele alla sua creatura letteraria. Al di là di questo conflitto tra Kubrick e King, il film è senza dubbio un capolavoro orrorifico di tensione, dove le immagini prendono il sopravvento, configurandosi come una raffinata indagine psicologica del protagonista, Jack Torrance.

Danny Torrance mentre gioca all'interno dell'Overlook Hotel

L’uomo, che nello Shining cinematografico è interpretato da uno straordinario Jack Nicholson, è un ex-professore di letteratura inglese, che dopo il licenziamento, si rifugia in inverno, insieme a sua moglie Wendy (Shelley Duvall) e al figlioletto Danny (Danny Lloyd), in un albergo sperduto tra le montagne del Colorado, l’Overlook Hotel. Durante questa permanenza, Jack diventa il nuovo guardiano dell’albergo, mansione che gli consente di avere del tempo libero per scrivere il suo romanzo, in una condizione di totale isolamento. Peccato che la sua mente, dopo mesi di chiusura sociale (e anche a causa, probabilmente, di una forte crisi di astinenza dall’alcool) perda totalmente la bussola, trasformando il protagonista in un essere violento, tormentato da visioni forse originate proprio dal suo cervello e in parte dalla maledizione che alberga nell’hotel. Di colpo tutto va a rotoli e Danny e Wendy diventano succubi di questa ira esplosiva, cercando in tutti i modi di sopravvivere all’interno del luogo sperduto anche grazie all’aiuto del cuoco, Dick Hallorann (Scatman Crothers).

Le caratterizzazioni dei personaggi

Jack Torrance in un momento di follia

Prima di andare ad analizzare la tanto dibattuta ed enigmatica conclusione del film Shining, è opportuno mettere in evidenza quali differenze intercorrono tra il libro e la pellicola, per comprendere alcune scelte effettuate da Stanley Kubrick all’interno del lungometraggio. Partiamo subito dal presupposto che, in primis, nel romanzo, Stephen King ha avuto modo di sviluppare più approfonditamente i personaggi, aspetto che purtroppo non poteva essere presente in egual misura nella trasposizione cinematografica. Ciò ha portato, inevitabilmente, a delle divergenze abissali nella caratterizzazione dei personaggi principali (e non solo). Se all’interno del romanzo c’è parecchio spazio per descrivere i problemi di alcolismo di Jack Torrance ed il motivo per il quale è stato licenziato da scuola (in un momento poco lucido ha alzato le mani su uno studente), nel film l’alcolismo del protagonista viene solamente accennato (basta pensare alla famosa scena in cui ordina bere a Lloyd nel bar dell’albergo) e gran parte della sua follia è ricondotta all’isolamento.

Passando a Wendy, invece, siamo di fronte ad una donna molto più permissiva, insignificante e passiva rispetto alla controparte cartacea: un personaggio che non esitiamo a definire odioso e che la Duvall ha costruito in modo brillante, palesando con la sua interpretazione la forte dipendenza dal marito. Tutt’altra storia la caratterizzazione nel romanzo: la moglie di Jack è energica, caparbia, riesce a tenere testa al consorte e anzi è lei stessa a prendere le redini della situazione, riuscendo a fuggire in compagnia del figlio con l’aiuto di Hallorann. Per quanto riguarda Danny ci limitiamo a dire che nel libro i suoi poteri sono più marcati ed evidenti, mentre nel film non è molto chiaro come funziona la sua luccicanza e come si lega all’apparizione degli spiriti dell’albergo visto e considerato che nella pellicola i fantasmi che trovano dimora nell’Overlook Hotel non hanno solo un’ origine soprannaturale, ma sono anche frutto della mente malata e degenerata di Jack Torrance.

Lo spirito del film è completamente diverso da quello del romanzo

Le celebri gemelline Grady

Arriviamo quindi al punto centrale che ci consente in realtà di approfondire nel modo migliore possibile il finale di Shining: lo spirito del film, al di là di piccole e grandi divergenze che intercorrono con l’opera originale, è totalmente diverso. Nel romanzo è palese che l’Overlook Hotel sia un’entità demoniaca a sé stante, tanto è vero che in alcune passaggi si fa esplicito riferimento alla possessione del protagonista da parte dell’edificio. Ne consegue che, come avevamo riferito poc’anzi, le varie creature soprannaturali che abitano tra le stanze e i corridoi dell’albergo sono reali e non sono mai messe in dubbio dall’autore, anzi. Nel testo c’è la possibilità, addirittura, di conoscere più da vicino alcuni di questi spettri e la loro storia, così da non avere proprio dubbi sulla loro natura tangibile e alcuni di questi non sono per nulla presenti all’interno della pellicola.

Il lungometraggio di Stanley Kubrick, invece, è molto più ambiguo: tutta la parte orrorifica viene associata principalmente al delirio psicotico del protagonista, anche se non c’è dubbio che il luogo è anche un catalizzatore maligno. In altre parole, il cineasta gioca molto di più sul non detto e l’enigmaticità, non essendo molto chiara la natura dell’Overlook Hotel. Tra l’altro, alcune delle trovate iconiche del film sono state ideate appositamente per la realizzazione. Un esempio sono le terrificanti gemelline Grady che tormentano il piccolo figlio di Jack invitandolo a giocare con loro che sono sì menzionate nel libro ma che non figurano tra i fantasmi che compaiono nel testo; allo stesso modo anche il labirinto di siepi nel quale rimane imprigionato Jack al termine dell’opera non esiste nel romanzo ed è sostituito da alcuni terribili cespugli che prendono vita con delle fattezze animalesche che alimentano ancora di più il potere demoniaco dell’albergo.

Il finale di Shining

Jack Torrance congelato al termine del film

L’ultima grande idea citata del regista di Shining è centrale per il finale del film: negli ultimi minuti della pellicola, infatti, il protagonista perde interamente il senno e, armato di ascia, cerca disperatamente la moglie e il figlio per l’albergo minacciandoli con un’ascia (che sostituisce la mazza da cricket del libro). Alla disperata ricerca di una via di fuga, Danny e Wendy riescono a bloccarlo all’interno del labirinto di siepi e sono in grado finalmente di andare via su una macchina. Il personaggio, sempre più affaticato e dismesso a causa del gelo che circonda l’area boschiva al di fuori dell’hotel, muore congelato come un testimonia un frame che lo vede immobile, completamente avvolto dal ghiaccio. Immediatamente dopo la scena suddetta, c’è una lunga zoomata su una foto in bianco e nero che rappresenta la sala da ballo dell’Overlook Hotel data 1921: tra i vari astanti è presente proprio Jack, perfettamente integrato in mezzo alla folla, che ha un sorriso malizioso stampato sul volto.

Il significato della foto in bianco e nero: l’eterno ritorno o una semplice citazione?

Foto in bianco e nero Shining

Proprio questa particolare foto ha spinto in tutti questi anni tanti appassionati a capire quale fosse il reale significato dietro la conclusione e noi proveremo a dare una spiegazione del finale del film. Tra le varie teorie più accreditate e attendibili non si può non citare la tesi dell’eterno ritorno, tema di stampo nietzschiano tra l’altro presente in un altro capolavoro di Stanley Kubrick che è 2001: Odissea nello spazio. Inserire proprio Jack Torrance in un’istantanea del passato potrebbe essere una scelta voluta per indicare che il protagonista è entrato a far parte dell’albergo dopo la sua sparizione e che quindi l’Overlook Hotel è pronto ad accogliere, tra i suoi lussuosi saloni, un’altra vittima pronta ad impazzire. Un ciclo di morte che quindi non si concluderebbe con la scomparsa del personaggio e che porterebbe il pubblico a pensare ad una spirale senza fine. Tale visione, per quanto suggestiva, implicitamente vedrebbe l’albergo come un’entità indipendente, aspetto che però non sembra esserci per tutto il film visto che abbiamo dimostrato che il cineasta americano interpreta in tutt’altro modo il materiale originale.

Omaggio Kubrick

Un’altra possibile interpretazione, decisamente più fantasiosa, vedrebbe invece il personaggio compiere un salto indietro nel tempo, catapultandosi negli anni Venti del Novecento. Ciò renderebbe Jack una sorta di figura soprannaturale, un’entità demonica che ha da sempre governato dietro le quinte della storia anche se probabilmente tale linea è fin troppo astratta e simbolica, anche per lo stesso Kubrick. Veniamo quindi alla tesi più strana e bislacca, ma, paradossalmente, la più solida. Dietro l’immagine, in realtà, si nasconderebbe una semplice citazione: l’indizio da individuare non è tanto nella presenza di Jack nella foto, ma nell’anno indicato, il 1921. Proprio in quest’anno è infatti uscito un film, Il carretto fantasma, diretto da Victor Sjostrom che ha una scena incredibilmente simile alla sequenza della rottura della porta con l’ascia. Molti sostengono che Kubrick sia sia ispirato proprio a questo lungometraggio e che abbia voluto molto velatamente segnalare la connessione tra le due opere inserendo proprio il 1921 al termine della sua creatura.

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