The Post racconta la storia vera della lotta intrapresa dal Washington Post, uno dei più importanti quotidiani statunitensi, per ottenere la pubblicazione dei cosiddetti Pentagon Papers, una dettagliata sintesi storiografica di analisi dell’intervento militare statunitense in Vietnam; lo studio, inizialmente non pensato per una divulgazione ampia, rivelava gli errori e le manchevolezze operate nella gestione della situazione geopolitica in Vietnam e Indocina; le pagine mostravano omissioni e negligenze di vario genere, ma soprattutto dimostravano quanto, a partire dal 1964, l’opinione pubblica americana fosse stata tenuta all’oscuro delle intenzioni dell’allora presidente Johnson di incrementare lo sforzo bellico, anche di fronte a possibilità di vittoria sempre più limitate. Il film è diretto da Steven Spielberg e vede protagonist con Meryl Streep e Tom Hanks,
Lo studio Pentagon Papers, composto da 3000 pagine di saggi, e un’appendice di 4000 ulteriori fogli, contenenti documenti originali provenienti dalle Forze Armate americane, fu commissionato nel 1967 dall’allora Segretario di Stato Robert Mac Namara, e sarebbe stato completato nel 1969; alla sua stesura contribuirono storici, alti ufficiali militari e dipendenti del governo federale. Le conclusioni dell’opera dipingevano il quadro di una guerra condotta ogni oltre ragionevole possibilità di vittoria, in larga parte per evitare l’umiliazione di una sconfitta militare; inoltre, quelle pagine dimostravano come il coinvolgimento americano nella geopolitica vietnamita e dei territori limitrofi, risalisse addirittura al 1954, sotto la presidenza Truman; l’opinione pubblica sarebbe venuta a conoscenza di ciò solo grazie a queste carte e, analogamente, avrebbe scoperto dei ripetuti bombardamenti in Laos e Cambogia, prima di allora mai pubblicamente dichiarati.

Nell’ottobre del 1969, Daniel Ellsberg, che aveva partecipato alla task force di compilazione dello studio, e aveva quindi accesso al materiale finale, fotocopiò gran parte del testo e lo consegnò, con l’aiuto di un amico, nelle mani di Neil Sheehan, uno dei reporter più importanti della storia del giornalismo d’inchiesta americano, allora nelle file del New York Times. Sheehan, conscio di ciò che si trovava in mano, senza por tempo in mezzo, fece altre copie del materiale e radunò una folta squadra di reporter ed editori che lavorò senza sosta nell’organizzazione del materiale, in previsione di una pubblicazione. Nonostante il parere contrario dei legali di fiducia del quotidiano, il 13 giugno del 1971, in un articolo intitolato Vietnam Archive: Pentagon Study Traces Three Decades of Growing US Involvement, furono pubblicati i primi estratti della documentazione, che avrebbe assunto il nome popolare di Pentagon Papers solo nei giorni successivi, in seguito alle varie discussioni sul tema che da subito animarono il dibattito pubblico.
Il Presidente Nixon, inizialmente restio a qualsiasi tipo d’azione nei confronti del giornale, diede successivamente ordine al Procuratore Generale di vietare al Times la pubblicazione di ulteriori articoli sul tema. L’editore del quotidiano si oppose fermamente e contestò la decisione in sede giuridica. Ebbe così inizio la causa Times vs. Stati Uniti, vero e proprio fulcro giuridico della vicenda. Intanto, a partire dal 18 giugno, anche il Washington Post diede il via alla pubblicazione di articoli sul contenuto dei documenti: Ben Bagdikian, reporter del giornale ed ex collega di Ellsberg alla RAND Corporation, aveva ricevuto una buona parte dei fogli, consegnati di persona al caporedattore Ben Bradlee dopo averli trasportati personalmente via aereo.
Lo stesso giorno, il Post ricevette una diffida a proseguire la pubblicazione del testo, firmata dal Vice Procuratore Generale degli Stati Uniti; davanti al rifiuto di ottemperare, il procuratore avanzò allora una richiesta di ingiunzione al tribunale che, nella persona del giudice Murray Gurfein, la respinse, motivando la decisione a partire dal rispetto dell’inviolabile diritto alla libertà di stampa. Il governo si appellò alla decisione, e la Corte Suprema, chiamata a deliberare, scelse di accorpare i due procedimenti, quello riguardante il Times e quello riguardante il Post, emettendo quindi un giudizio unificato.

il 30 giugno del 1971, con 6 voti favorevoli e 3 contrari, la Corte dichiarò che il governo non era stato in grado di sostenere l’onere della prova richiesto per poter garantire l’emissione di un ingiunzione di “censura preventiva”. e concesse quindi al Post il diritto di pubblicazione. A ruota, forti della storica sentenza, altri 15 quotidiani seguirono l’esempio, iniziando ad occuparsi della questione. Il cuore della decisione legislativa si può rinracciare nelle parole del giudice Hugo Black
Solo una stampa libera e scevra da condizionamenti può smascherare con efficacia gli inganni del governo. E fondamentale tra le responsabilità di una stampa libera è il dovere di impedire che qualsiasi parte del governo inganni il popolo e lo mandi in terre lontane a morire trafitto da proiettili nemici, o piagato da febbri sconosciute. La stampa è a servizio dei governati, non dei governanti. Il potere del governo di censurare la stampa è stato abolito in modo che la stampa rimanesse per sempre libera di esercitare la propria critica al Governo. La stampa è stata protetta, attraverso il Primo Emendamento, affinché potesse essere in grado di svelare svelare i segreti del governo e informare il popolo”
Daniel Ellsberg, dopo essersi costituito alle autorità il 28 giugno 1971, verrà sottoposto a processo per violazione delle leggi sullo spionaggio; il procedimento verrà però dichiarato nullo, a causa dell’uso di intercettazioni ambientali non consentite, e Ellsberg sarà definitivamente prosciolto nel maggio 1973.
