Tutti amano Vincent Van Gogh. Nonostante la mancanza di riconoscimenti quando era ancora in vita, tragicamente interrotta, la sua popolarità è aumentata vertiginosamente dopo la morte e non accenna ad arrestarsi. Oggi continua a ispirare musei e curatori che gli dedicano sempre più mostre ed eventi: tra gli ultimi vi è Palazzo Bonaparte di Roma, che dall’8 ottobre 2022 ospita la più grande esposizione dell’anno dedicata all’artista olandese. Tutti lo amano, ma pochi lo conoscono veramente e spesso ad essere amata è solo l’idea di artista maledetto e tormentato che di lui si è alimentata negli anni. Vincent, però, era molto di più. La sua era una personalità fatta di mille sfumature, come le sue opere. Opere che hanno ispirato i cineasti più disparati desiderosi di portare sullo schermo un artista che, con le sue materiche pennellate, ci fa sentire tutto il peso della sua esperienza personale. Alla vigilia dei centosettant’anni dalla sua nascita, celebrati nel 2023, non potrebbe esserci momento migliore per ripercorrere la sua figura per come è stata raccontata dagli attori che hanno interpretato Vincent Van Gogh al cinema (e non solo). Ognuno di loro ha portato sullo schermo un punto di vista diverso, ma solo mettendoli insieme possiamo avere un ritratto completo.
1. Kirk Douglas in Brama di Vivere (1956)
Un artista che ha fatto la storia dell’arte impersonato da un attore che nel 1956 stava appena cominciando a scrivere la sua pagina nei libri di storia del cinema. Kirk Douglas è stato una tra le più grandi star made in USA: vincitore dell’Oscar alla carriera nel 1999, di due Golden Globe nel 1957 e nel 1968, detentore di una stella sulla Hollywood Walk of Fame e capostipite di una famiglia che ha proseguito la sua strada (conosciamo tutti molto bene il figlio Michael Douglas). In Brama di Vivere venne chiamato a vestire i panni di un artista che però non ebbe una vita come la sua, adornata da successi. Quella di Van Gogh fu piuttosto una vita in ristrettezza, che lo costrinse a dipingere più volte su tele già usate, non potendo permettersene di nuove.
Con Kirk Douglas nei suoi panni, il film diretto da Vincente Minelli rappresenta una prima panoramica generale sull’artista: lo segue durante tutto il suo percorso, dal primo periodo come missionario alla fine della sua vita tragicamente interrotta. Un film autentico nella sua messa in scena, girato nei luoghi in cui l’artista ha effettivamente vissuto e lavorato. Tra questi vi è persino il campo Auvers-Sur-Oise, dove Van Gogh completò il suo ultimo dipinto (Campo di grano con volo di corvi). Questo film, basato sul romanzo omonimo di Irving Stone del 1934, è forse quello che tra tutti ha plasmato maggiormente l’idea del grande pubblico su chi fosse veramente Vincent van Gogh.
2. Tim Roth in Vincent & Theo (1990)
Il giovane Vincent non sapeva cosa fare della sua vita, se diventare Pastore come suo padre o mercante d’arte come lo zio, oppure se dedicarsi ai poveri più poveri della sua Olanda, quelli che vivono nella regione depressa del Borinage. Di certo poteva contare sul sostegno del fratello Theo, che a differenza sua era molto più pacato, organizzato, pronto. Vincent era determinato e testardo, ma si sentì sempre fuori posto. Soprattutto, non si sentì mai pronto ad essere Van Gogh. Il fitto epistolario scambiatosi con il fratello ce lo racconta chiaramente, con più di 600 lettere scritte da Vincent a Theo che nel 1990 Robert Altman decide di portare sul grande schermo.
La storia è quella di due fratelli, interpretati da Tim Roth (Vincent) e Paul Rhys (Theo), del loro reciproco sostegno, riferimento e conforto. Un film che ritrae magnificamente la relazione tra i due, mostrandoci un’immagine diversa, per certi punti di vista inedita, rispetto a quanto ci raccontano biografie e manuali di storia dell’arte dedicati a Van Gogh. Questo perché lui non era solo l’artista maledetto e tormentato che tutti conosciamo, ma aveva una personalità fatta di mille sfumature. Come i suoi dipinti.
3. Martin Scorsese in Dreams (1990)
Che ci crediate o no, anche Martin Scorsese una volta ha interpretato Vincent Van Gogh. Il film è poco noto, ma scritto e diretto dal maestro giapponese Akira Kurosawa. Ispirato dalle visioni notturne del regista e dalle storie del folklore nipponico, Dreams è un film delicato e onirico, strutturato in una serie di otto vignette che ritraggono «un sogno per ogni sognatore». Così, tra un ragazzo che nella foresta si imbatte in un matrimonio di volpi, un soldato che affronta i fantasmi dei caduti in guerra, il crollo di una centrale elettrica che soffoca il paesaggio costiero con fumi radioattivi, troviamo anche un tributo all’artista olandese interpretato da Martin Scorsese.
Il suo è un Van Gogh metaforico e sulle righe, nervoso e in preda a uno di quei suoi famosi raptus artistici che lo fanno «correre come una locomotiva». Il pretesto narrativo è quello di un un pittore che riesce a entrare nel mondo surreale dei suoi dipinti, inseguendo Vincent tra quadri e bozzetti fino all’ultimo campo di grano con volo corvi. Questo però rimane un pretesto, rendendo Dreams una vetrina per le opere dell’artista più famoso di sempre e realizzando il sogno di un po’ tutti gli appassionati d’arte: quello di entrare nelle opere di Van Gogh ed esplorarle dall’interno.
4. Jacques Dutronc in Van Gogh (1991)
Il Van Gogh diretto da Maurice Pialat viene spesso menzionato come netta contrapposizione a quello di Minelli, perché a distinguerlo è l’evidente mancanza di narrazioni melodrammatiche. Ambientato nel 1890, il film segue gli ultimi 67 giorni della vita di Van Gogh ed esplora ancora una volta i suoi rapporti con suo fratello Theo, con il medico Paul Gachet e sua figlia Marguerite. All’arte e al lavoro di Van Gogh è però dedicato poco tempo, concentrandosi piuttosto sulle relazioni personali dell’artista, spesso difficili. Non a caso Pialat omette la maggior parte dei riferimenti agli incidenti più famosi della vita di Van Gogh, come il famoso taglio dell’orecchio nel 1888, a favore delle dinamiche sociali di fine XIX secolo. In questo modo, sebbene affronti un periodo conturbante e turbolento per l’artista, dà modo all’attore Jacques Dutronc di proporre un ritratto carico che sebbene sia carico di emozioni, non risulta né melodrammatico, né sensazionalista. Il suo è un Van Gogh umano, non l’idea di artista che proviene da un immaginario collettivo. Questa interpretazione gli valse il César Award 1992 come miglior attore, ma soprattutto l’apprezzamento del regista Jean-Luc Godard, con cui aveva lavorato in Sauve qui peut (la vie).
5. Alexander Barnett in The Eyes of Van Gogh (2005)
Un film indipendente che forse non regge il confronto con gli altri di questo elenco, ma degno di menzione perché vera e propria lettera d’amore scritta, diretta e interpretata da Alexander Barnett. La storia è quella mai raccontata dei dodici mesi trascorsi in manicomio, quando dopo il disastroso periodo trascorso con Gauguin nella casa gialla di Arles Vincent entra volontariamente nel manicomio di St. Remy affidandosi alle cure del dottor Peyron (qui interpretato da Roy Thinnes). L’intento di The Eyes of Van Gogh è quello di entrare nella testa dell’artista e proporci unicamente il suo punto di vista per come immagina, sogna o ricorda le cose che gli accadono.
Quello di esplorare il suo senso di follia e rendere il pubblico psicologicamente partecipe all’azione del film, di renderlo emotivamente vicino ad un Vincent che, dall’inizio alla fine, non è mai totalmente nel presente. Un film sulla follia, sull’ossessione, sul disagio e la malattia mentale dell’artista, messe in risalto da una stridula colonna sonora e intensi primi piani di un Barnett sempre più accigliato e inquietante. Insomma, se nel Van Gogh di Dutronc mancava, il melodramma è tutto qui.
6. Robert Gulaczyk in Loving Vincent (2017)
Un film poetico e seducente che mescola arte, tecnologia e pittura. Probabilmente il più ambizioso di questa lista, nonché il primo lungometraggio della storia ad essere interamente dipinto. Ci sono voluti ben sei anni di lavoro per realizzare quasi 65.000 singoli fotogrammi e 125 pittori che, seguendo pienamente lo stile di Van Gogh, hanno onorato e portato avanti la sua eredità artistica. Ben 94 opere di van Gogh sono state re-immaginate come se fossero un film, portando in vita tele come Caffè di notte, Campo di grano con corvi, Notte stellata, ma anche ritratti e autoritratti dello stesso Van Gogh.
Sotto la direzione di Hugh Welchman e Dorota Kobiela, Loving Vincent prende i fatti storici e li fonde con una trama immaginaria, abbandonando il punto di vista univoco dell’artista e raccontando la storia di Van Gogh con la voce delle persone che lo hanno conosciuto, qui interrogate dal giovane Armand Roulin (Douglas Booth) che inizia a ripercorrere gli ultimi preoccupanti giorni della sua vita con lo scopo di consegnargli una lettera. A dare il volto all’artista in questo caso è Robert Gulaczyk, ripreso in rotoscopio per dare ai pittori la possibilità di tradurre nello stile iconico di Van Gogh la sua immagine. Il risultato è un’esperienza caleidoscopica e sorprendente, capace di muoversi tra lo spazio e il tempo. Un po’ come l’arte ha sempre fatto.
7. Willem Dafoe in Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità (2018)
Dopo aver portato sul grande schermo l’artista Jean-Michel Basquiat nel 1996, il regista Julian Schnabel decide di fare lo stesso con Vincent Van Gogh, chiamando Willem Dafoe a vestire i suoi panni. Come tutti noi, l’attore era ben consapevole del lavoro svolto dall’artista olandese, soprattutto perché da giovane era solito esibirsi nei teatri di Amsterdam e quindi conosceva bene il famoso Museo Van Gogh nella stessa città. Questo, in aggiunta alle lezioni di pittura prese dal regista Schnabel (anch’egli pittore), ha permesso a Dafoe di portare sul grande schermo un Van Gogh più personale degli altri: sempre tormentato dalla malattia nell’ultimo periodo della sua vita, ma ora lo vediamo anche meschino e instabile nel suo stato di depressione.
Riprendendo il titolo da una famosa opera di Van Gogh del 1890, Schnabel vuole esplorare l’impronta eterna dell’artista, basandosi sulle fonti storiche, ma ancor di più sulla sua personale percezione di quei dipinti che conosciamo tutti molto bene. Come già ne Lo scafandro e la farfalla (2007), il regista ricorre a continue e ripetute soggettive o sguardi in macchina che fissano lo spettatore. Così, attraverso gli occhi di Dafoe, che diventano i nostri, riusciamo a vedere l’anima tormentata, geniale e seducente di Van Gogh. Un’interpretazione, questa, che è valsa all’attore la Coppa Volpi al Festival del cinema di Venezia nel 2018.
8. Tony Curran in Doctor Who (2010)
E se Van Gogh avesse saputo del successo a cui sarebbe andato incontro? Abbandonando il grande schermo del cinema per quello più piccolo della tv, possiamo trovare la risposta nell’amatissima serie britannica Doctor Who. Prodotta dalla BBC a partire dal 1963, questa serie fantascientifica narra le vicende del Dottore, alieno dalle sembianze umane capace di viaggiare nel tempo e nello spazio sconfiggendo nemici e risolvendo questioni in sospeso. In uno dei suoi viaggi individua un alieno in un dipinto di Van Gogh, La Chiesa ad Auvers (1890), e decide di tornare al tempo del pittore (interpretato da Tony Curran) con la sua compagna d’avventura Amy Pond (Karen Gillian) per sconfiggere la creatura. L’episodio è il 10 della quinta stagione, il Dottore è l’undicesimo e ad interpretarlo è Matt Smith. Un’avventura ovviamente fantastica e che non ha nulla a che vedere con l’accuratezza storica dei precedenti titoli, ma che si chiude con una tra le più emozionanti sequenze di sempre: il Dottore, portando Vincent con sé nel nostro presente, gli mostra le sue opere esposte nel Musée d’Orsay a Parigi. Anche se questo viaggio illuminante non ha curato Van Gogh dalla sua depressione, almeno per un giorno gli ha dato il sorriso facendogli capire che il suo lavoro non è stato vano. Dopo tutto, ciò che Vincent avrebbe desiderato nella sua travagliata, breve vita, non era altro che un po’ d’amore per sé e la sua arte.
9. Benedict Cumberbatch in Van Gogh: Painted with Words (2010)
Non solo film e serie tv, all’artista olandese sono ovviamente dedicati anche diversi documentari drammatici. Uno di questi è Van Gogh: Painted with Words, la cui sceneggiatura è stata scritta utilizzando ancora una volta le famose lettere che Vincent scrisse al fratello, al padre, agli amici, raccontando aneddoti e riflessioni private. Qui il regista Andrew Hutton ha messo insieme interviste con persone reali, foto, voci fuori campo, narrazione sullo schermo e, naturalmente, le scene drammatiche filmate che presentano niente poco di meno che Benedict Cumberbatch nei panni dell’artista olandese. Un documentario come questo (o il successivo di questa lista) potrebbe sembrare secondario ai titoli di tutt’altra caratura, e forse in un certo senso lo è.
Rimane comunque molto interessante vedere come attori del calibro di Cumberbatch interpretino a modo loro lo sguardo dell’artista. Qui lo vediamo confrontarsi con un personaggio difficile, che può facilmente far cadere un attore nel patetico melodramma, ma di cui Cumberbatch riesce invece a mettere in evidenza la fragilità e la grandezza con uno sguardo che oscilla tra lucidità e delirio.
10. Andy Serkis in The Power of Art (2015)
Per concludere il nostro elenco non possiamo dimenticarci di un altro grande attore britannico che ha interpretato l’artista più famoso di sempre: Andy Serkis. Lo vediamo sfoderare i pennelli nella serie britannica della BBC intitolata Power of Art, trainata dall’appassionata narrazione del famoso storico dell’arte Simon Schama. La sua è una serie che non vuole solo fare da vetrina alle opere, ma anche creare una collisione tra il potere dell’arte e un mondo scettico, fin troppo indifferente. Non una serie su “cose” appese al muro, bensì sul bisogno, la passione. L’episodio dedicato a Van Gogh è tutto questo, fondendo rievocazioni drammatiche, riprese in esterni e fotografia artistica, offrendoci un ritratto interessante dell’artista con il volto particolare di un attore che molti conosceranno meglio per le sue performance in motion-capture ne Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit.