La mamma di Alfredino Rampi, il bambino di sei anni morto il 13 giugno 1981 a Vermicino, dopo essere caduto in un pozzo artesiano, 36 metri sotto la superficie della terra. ha spiegato in un’intervista del 2011 quali furono i principali errori commessi dai soccorritori durante i tre giorni in cui furono fatti diversi tentativi di salvataggio. Il primo errore, per Franca Rampi, fu quello di calare una tavoletta di legno, che si bloccò e ostruì il pozzo. Altri due errori gravi, furono quello di scavare un pozzo parallelo che contribuì a far sprofondare Alfredo di altri 30 metri, e quello di non affidarsi alla competenza di geologi. Poi ci furono altri errori, attribuiti alla disorganizzazione generale. Ma vediamo nel dettaglio cosa disse Franca.
“I soccorritori hanno fatto del loro meglio, ma furono commessi diversi errori. Il primo fu quello commesso dai vigili del fuoco di Frascati, che calarono una tavoletta spessa due centimetri e che all’altezza di dieci metri dalla superficie si bloccò. Non fu più possibile rimuoverla, ormai era un tappo”.
Furono effettuati diversi tentativi di rimuovere la tavoletta, ma si era incastrata nel pozzo e le corde che la sostenevano si spezzarono.
“il secondo errore fu quello di realizzare un pozzo parallelo senza l’analisi di un geologo: l’intervento generò un allagamento all’interno del pozzo dove era finito Alfredino, con fango e smottamenti, che lo fecero sprofondare a 60 metri. Un altro errore fu quello di ‘non accettare e sottovalutare l’aiuto degli speleologi. Servivano geologi e speleologi, non ingegneri”
Secondo Wikipedia, il comandante dei Vigili del Fuoco di Roma, Elveno Pastorelli, che era un ingegnere, ordinò di sospendere i tentativi dei geologi, per concentrare tutti gli sforzi nello scavo del pozzo parallelo. Questo nonostnate una geologa lo avesse messo in guardia del fatto che ci sarebbe voluto tempo e che sotto il primo strato superficiale, c’era una roccia di origine lavica, il peperino, molto dura. Previsioni che infatti furono confermate dai fatti.
Un altro errore, spiegò Franca Rampi all’ANSA fu l’arrivo in massa di persone sul posto, che certamente resero meno agevoli le operazioni di soccorso. Oltre alle centinaia di persone assembrate, arrivarono anche i venditori di bibite, come ad un concerto. Fu un evento di cronaca che tenne l’Italia col fiato sospeso, chi era davanti alla tv per seguire il salvataggio di Alfrredo ha condiviso i suoi ricordi sui social, con rinnovata emozione. Ma fu anche un vero e proprio circo mediatico.
“Tutta quella folla di persone sulla superficie attorno al pozzo faceva cadere terra dall’interno della cavità”.
Non sappiamo che Alfredino si sarebbe potuto salvare, ma di certo l’Italia era impreparata a gestire emergenze di questo tipo. Franca Rampi ha raccontato che quando fu decretata la morte di suo figlio, il Presidente Pertini – che aveva seguito le operazioni di soccorso insieme a lei – la invitò nella sua auto blu, al riparo da tutto quel clamore, per permetterle di sfogarsi proprio sugli errori che erano stati commessi. Fu in seguito a quello sfogo, spiegò la signora Rampi, che Pertini decise di istituire la Protezione Civile.
“Dopo due mesi Pertini mi chiamò al telefono, dicendomi: ‘dopo quello che è successo, e dopo la conversazione avuta con lei, ho deciso di istituire un ministero della Protezione Civile”
La Protezione Civile nacque ufficialmente nel 1990, l’anno in cui tra l’altro morì Pertini. Lo stesso anno dell’incidente di Vermicino invece, la madre di Alfredo fondò il Centro Alfredo Rampi, una onlus ancora In occasione della messa in onda del film in due puntata Alfredino – una storia italiana, il Centro Rampi ha scritto su Facebook:
L’evento di Vermicino evidenziò la carenza di organizzazione dei soccorsi e portò, grazie anche alla determinazione di Franca Rampi, alla fondazione del nostro Centro Alfredo Rampi (con il nome originario di “Centro Alfredo Rampi per la Protezione Civile”) con l’obiettivo di prevenire altri incidenti e promuovere la cultura della prevenzione e della protezione civile in Italia.