L’attrice Barbara Giordano, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne, è intervenuta oggi presso l’aula dei gruppi parlamentari alla Camera dei Deputati per raccontare la molestia sessuale che subì da un professore, all’Accademia e della violenza che si ritrovò a subire quando non fu creduta e fu osteggiata dagli altri allievi. Giordano, 37 anni, ha spiegato che il docente aveva una reputazione del tutto rispettabile ed era molto stimato. Durante una lezione, facendo finta di nulla, l’uomo le mise le mani addosso. Lei denunciò ciò che aveva subito, ma tutto le si ritorse contro.
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“Mi chiamo Barbara Giordano e sono un’attrice, per la prima volta racconto in pubblico una cosa che mi è accaduta quando avevo più o meno la vostra età, Magari fosse così facile riconoscere il cattivo della storia alla prima occhiata, ma nella vita reale succede raramente, così il mio professore non aveva nulla dell’immagine del lupo. Era impegnato socialmente, faceva teatro nelle carceri, era proprio una persona di quelle che definiremmo perbene. Durante una lezione individuale, eravamo solo io e lui in una stanza. Quel professore così perbene all’improvviso mi ha infilato la mano sotto i vestiti, nelle mutande. Io non sono più riuscita a muovermi, sono rimasta pietrificata. La lezione continuava a svolgersi normalmente, io ero in piedi guardando il muor davanti a me, mentre lui alla mia destra mi dava indicazioni su come dovevo dire le battute, solo che lui continuava a toccarmi, mi parlava di emissione vocale e lo faceva con naturalezza, come se tutto quello che stava facendo al mio corpo fosse parte dell’esercizio”
Giordano ha poi spiegato le sensazioni che ha provato in quel momento, cercando di far capire perché sul momento non reagì all’abuso.
“Avete presente quelle scene dei film in cui la protagonista vede che sta per essere investita da una macchina ma non si muove e non riesce a spostarsi per mettersi in salvo? Come se i suoi piedi fossero incollati all’asfalto. Guardando scene del genere nei film pensavo sempre, “sì vabbe, ma perché questa non corre, perché sta lì ferma a farsi accecare dal fascio di luce in attesa dell’impatto mortale? Ma non è credibile che non si sposti, non è logico e infatti non lo è. Eppure in una situazione del genere accade quasi sempre, freezing si chiama, più spiazzante è l’evento, meno la mente è in grado di processarlo, di trovare delle soluzioni. Allora il tuo corpo si blocca come se fosse congelato. Freezing. Nel frattempo la tua mente sta registrando tutto, ma come se tu non fossi davvero lì, come se tu stessi guardando quella scena attraverso la lente di un sogno, di un incubo”
Quando si decise a denunciare però, Giordano si ritrovò a doversi difendere da un muro di ostilità che era stato alzato nei suoi confronti. Non solo non fu creduta, ma gli altri studenti firmarono una lettera nella quale si schieravano dalla parte del professore. La lettera fu tenuta nascosta a Giordano, fin quando lei non ebbe un confronto acceso con un’altra studentessa, che le disse una frase che avrebbe ricordato a lungo. “Io sono libera di non crederti”
“Mai avrei pensato che quella mia reazione, anzi quella mia non reazione potesse essere scambiata dagli altri per complicità di quello schifo. In tanti non mi hanno creduto, persone che vivevano la scuola come me, con me, compagne di corso, studentesse e studenti come voi (…) c’è sempre una buona ragione per non credere ad una donna che denuncia una violenza, in questo caso l’immagine del Professore, il bravo professionista socialmente impegnato e attento agli studenti era troppo rassicurante per volerci rinunciare. Lui non può aver fatto una cosa del genere lui è una bravissima, persona lui non è un molestatore”
“Lei è giovane e inesperta avrà sicuramente frainteso o forse Vuole solo attirare l’attenzione. Oppure è pazza e noi dobbiamo prenderne le distanze e dirle che quella sbagliata è lei. Diversi studenti e studentesse si riunirono e scrissero una lettera per difendere il professore. Ricordo questo foglio volante passare di mano in mano tra allieve e allievi per le scale della scuola. Questo foglio era nascosto solo a me, come un biglietto di compleanno che si vuole tenere segreto alla festeggiata fino all’ultimo, per non rovinarle la sorpresa. Poi la capolista della lettera mi chiede qualcosa, io scopro l’iniziativa e comincio a tremare accusando la violenza di quel gesto. Lei risponde scocciata dicendomi una frase che non ho mai dimenticato “Barbara io sono libera di non crederti”. Libera di non credermi. Quelle parole mi si sono attaccate addosso e alla fine anche io ho cominciato a dubitare di quello che avevo subito per tanto tempo, ho avuto paura di essermi sbagliata”
Barbara Giordano ha poi approfondito le dinamiche che accompagnano una denuncia per molestie e ha parlato anche di come l’episodio l’abbia portata a schierarsi dalla parte delle donne e delle colleghe attrici.
“Si pretende grande sicurezza da chi subisce un abuso. Sicurezza di non aver frainteso, di non aver mandato messaggi ambigui che hanno fatto sì che lei possa essere stata fraintesa, di non stare rovinando la vita al presunto povero molestatore per una suggestione. La violenza sulle donne è l’unico reato in cui viene chiesto a chi ha subito l’abuso di dimostrarlo. La responsabilità della violenza ricade su chi l’ha subita, come se l’avesse scelto, come se se la fosse cercata.”
“Quando una donna denuncia viene accusata di averlo fatto per interesse, noi attrici in particolare, veniamo accusate di averlo fatto per ottenere visibilità. Effettivamente il trattamento che viene riservato a chi denuncia un abuso è molto edificante, glorioso: battute fuori luogo, ritorsioni lavorative, insulti, messe in discussione della propria credibilità. Una bella valanga di veleno.”
“Il motore che muove la denuncia di un abuso della maggior parte delle donne e che nessun’altra debba subire lo stesso schifo. Oggi io sono una donna adulta, una professionista come desideravo e mi dispiace tanto aver dubitato di me quando ero giovane e quando avevo la vostra età. Adesso che sono cresciuta sono diventata anche un’attivista per i diritti delle attrici e delle donne.”
“E la prima cosa che penso, che mi viene da dire e che dico a me stessa e a chiunque di racconti di aver subito anche la più apparentemente piccola molestia è… Io sono libera di crederti. Libera di crederti, io ti credo!”