Glenda Cleveland è stata la vicina di casa di Jeffrey Dahmer che ha provato ad allertare più volte la polizia sul serial killer noto come il Cannibale di Milwaukee. La donna di cui oggi si parla nella serie Mostro – la storia di Jeffrey Dahmer, è morta nel 2011, si era accorta del via vai sospetto dalla casa dell’omicida e se le sue telefonate fossero state prese in considerazione dagli agenti, Konerak Sinthasomphone si sarebbe salvato e così gli altri ragazzi uccisi dopo di lui.
Il ruolo di Glenda Cleveland nel caso del serial killer americano è ritornato sotto i riflettori grazie a Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer. Nella serie il personaggio della donna è interpretata da Niecy Nash. Al contrario di come vediamo nella serie di Ryan Murphy, la signora non abitava nell’appartamento accanto a quello di Jeffrey ma in un edificio adiacente. Nel palazzo di Dahmer, a poche porte di distanza, viveva Pamela Bass. La Glenda della miniserie, in effetti, è un personaggio ispirato ad entrambe le vicine dell’assassino.
Pamela Bass, a cui l’omicida ha offerto un panino, in passato ha dichiarato: “Ci sono molte probabilità che io abbia mangiato parte del corpo di qualcuno“. Sembra che Jeff offrisse spesso dei sandwich ai suoi vicini, anche se nessuno lo aveva mai visto fare la spesa. Il sospetto che nei panini ci fosse carne umana è venuto a tutti, ma la verità non è mai stata rivelata da Dahmer, e non si saprà mai, anche perché probabilmente nessuno voleva realmente saperla.
Glenda Cleveland è rimasta nel suo appartamento fino al 2009, poi nell’ultimo periodo della sua vita si è trasferita a un paio di isolati di distanza dalla sua vecchia abitazione. La sera del 27 maggio 1991, la figlia di Cleveland, Sandra Smith, e la nipote, Nicole Childres videro Konerak Sinthasomphone, un ragazzo di 14 anni, scappare da casa di Dahmer e rifugiarsi in un vicolo. Sinthasomphone non era in grado di reagire e parlare, perché era stato drogato dal serial killer. Come vediamo nella serie, la polizia, allertata dalle donne, preferì credere alle parole di Jeffrey Dahmer, che assicurò agli agenti che Konerak era il suo fidanzato, era maggiorenne e che avevano semplicemente litigato, come succede a molte coppie. E così il ragazzo fu letteralmente riconsegnato al suo assassino, che lo avrebbe ucciso poco dopo.
“Dio sa che ci ho provato (ad avvertirli)” raccontò in seguito Glenda Cleveland. La donna continuò a chiedere informazioni alla polizia, ma la risposta fu sempre la stessa: “Tutto è sotto controllo“. Anche quando Glenda chiese insistentemente se si fossero accertati sulla maggiore età del ragazzo le fu detto che avrebbero mandato qualcuno per prendere ulteriori informazioni “ma non è mai venuto nessuno”, spiegò ai giornalisti dopo l’arresto del serial killer.
Nella realtà, la polizia fu chiamata la prima volta proprio dalla figlia e dalla nipote di Glenda, e la signora non era presente quando gli agenti riconsegnarono il quattordicenne nelle mani del serial killer. La donna però la sera stessa e anche in seguito, telefonò personalmente alla polizia per accertarsi che avessero fatto il loro dovere.
Glenda Cleveland richiamò gli agenti pochi giorni dopo, quando vide la foto di Konerak all’interno di un articolo di giornale, indicato come persona scomparsa. Anche quella volta la sua segnalazione fu un buco nell’acqua. La donna non si arrese, chiamò l’FBI, invano. Glenda veniva da una famiglia numerosa, con nove figli, era cresciuta in una fattoria e i genitori le avevano insegnato l’importanza di farsi avanti quando qualcuno ha bisogno di aiuto: “Non riesco a trovare scuse per le persone che non si prendono cura degli altri“.
“Voglio solo tornare alla normalità“, disse ai giornalisti che in quei giorni si accalcarono attorno all’ingresso del suo appartamento. La Cleveland non ha mai voluto lasciare la zona in cui ha abitato, nonostante tutto l’orrore che era successo a pochi passi dal suo appartamento: “Perché non ti allontani da quella casa sulla collina infestata?“, le diceva scherzando suo fratello, e lei replicava: “Non vado da nessuna parte“.
Dopo che Jeffrey Dahmer fu finalmente arrestato, il Reverendo Jesse Jackson andò a Milwaukee per dire: “La polizia ha scelto di credere alla parola di un assassino rispetto a quella di una donna innocente“, Naturalmente il fatto che Dahmer fosse bianco e Cleveland fosse nera, aveva aumentato l’indignazione degli afroamericani
Glenda Cleveland è stata formalmente onorata dal Common Council e dal County Board. Il sindaco John Norquist la definì una cittadina modello. Ha ricevuto premi da gruppi di donne locali e persino dal dipartimento di polizia di Milwaukee.
Glenda Cleveland è morta improvvisamente il 24 dicembre del 2011, all’età di 56 anni. Per ironia della sorte è stata proprio la polizia a scoprire il corpo senza vita della signora, dopo le segnalazioni di alcuni vicini che non la vedevano da un paio di giorni. L’ufficio del medico legale stabilì che si era trattato di una morte naturale, causata da problemi cardiaci e ipertensione. Glenda, secondo i familiari, fumava molto e non era riuscita a smettere. Per lei non fu organizzato nessun funerale ma solo un servizio funebre, celebrato la primavera successiva.