Daniele Spezzacatena, nato nel 2002, è il fratello minore di Andrea Spezzacatena, il ragazzo di 15 anni morto suicida nel 2012 a causa del bullismo che subiva a scuola e sul web. La storia di Andrea viene raccontata nel film Il ragazzo dai pantaloni rosa e Daniele ha un ruolo di rilievo in questa vicenda, perché fu lui a trovare il corpo di Andrea, quando aveva appena 10 anni. Oggi Daniele è un uomo adulto, e quello che sappiamo di lui, ci viene raccontato attraverso le parole condivise da sua mamma Teresa Manes, su Facebook. Dagli aneddoti condivisi da Teresa viene fuori l’immagine di un ragazzo come tanti, che si divide tra la palestra, la fidanzata, attività di teatro e qualche “cazzata”. “Abbiamo avuto la fortuna di non farci imbruttire dalla vita” – dice Teresa a commento di una foto di lei e suo figlio minore. Ma al tempo stesso il bullismo che ha dovuto subire Andrea, spiega Teresa, continua ad avere i suoi effetti e a manifestarsi, in qualche modo, anche a distanza di anni, nelle vite di tutti.
I genitori di Daniele e Andrea, Teresa Manes e Tiziano Spezzacatena, si sono separati poco dopo la morte del primo figlio. Daniele ha vissuto con sua madre con il suo nuoco compagno. Ma, come spiega Teresa, ci si può lasciare come coppia, ma non si smette mai di essere genitori. E nei giorni successivi alla tragedia, Tiziano e Teresa seguirono con attenzione la reazione di Daniele al trauma che aveva appena subito. Decisero di mandarlo a scuola con il cellulare, un’eccezione concordata con le maestre, nel caso il bambino sentisse la necessità di chiamare i genitori e si accorsero che Daniele aveva messo come schermata del telefono la lapide di Andrea e la guardava spesso. Per Teresa si trattò di un modo, da parte di Daniele, per elaborare il lutto e prendere coscienza del fatto che suo fratello non c’era più.
Teresa racconta anche che Daniele i primi tempi lasciava dei disegni sulla lapide di Andrea e ne ricorda uno in particolare, sul quale aveva scritto che gli voleva bene e che sarebbe stato “attento a tenere in ordine la sua camera”. Una premura che avrebbe fatto piacere ad Andrea, che al contrario di Daniele era ordinatissimo e spesso lo teneva un po’ in riga, come un fratello maggiore. Allo stesso modo però, altre volte Daniele non è voluto scendere dalla macchina, quando sono andati a trovare suo ftatello al cimitero. Emozioni contrastanti che chi non ha vissuto un lutto del genere, non può capire.
Allo stesso modo, spiega Teresa, ha dovuto sforzarsi a fare in modo che il suo trauma per la morte di Andrea, non ricadesse su Daniele. A tale proposito la donna racconta un episodio che capitò poco dopo i funerali.
“Come quella volta che ero in camera da letto e ho sentito il rumore della finestra del soggiorno aprirsi. Mi precipitai al pensiero che forse Daniele volesse lanciarsi nel vuoto, schiacciato dal peso di tanta sofferenza. Spalancai la porta, col volto atterrito e trovai mio figlio sul divano con qualche gioco della Lego ma senza alcuna voglia di animarlo.
“Ho caldo”, disse come a giustificarsi.
“Però così si crea corrente”, risposi.Mentre giravo la maniglia per chiudere la finestra promisi a me stessa che non avrei permesso alle mie paure di diventare invalidanti per Daniele. Le sue libertà, rapportate a quello che potevano consentirsi in base alla sua crescita, non dovevamo essere compromesse. Non era colpa sua. Non è stata colpa nostra.”
Per quanto riguarda invece il discorso che abbiamo accennato in apertura, quello del bullismo che lascia le sue ombre a lungo nelle vite di tante persone, non solo dei ragazzi bullizzati, Teresa racconta un altro episodio che si verificò quando Daniele era piccolo ed erano entrambi in macchina. Era sera, e Andrea era morto di recente.
“Ancora non avevamo tanta voglia di parlare, tanto eravamo “freschi” di dolore. Finché, tutto ad un tratto, Daniele, mi chiese, se mai fosse accaduto qualcosa pure a lui, di metterlo in una tomba vicino al fratello. Mi si gelò il sangue, mentre guidavo. Non sapevo se nella sua testa, in quel momento , stava maturando un insano proposito o piuttosto avesse maturato la consapevolezza della fragilità della.vita, nella sua imprevedibilità. Un bambino di 10 anni dovrebbe pensare a giocare e non fare questi discorsi. Ecco cosa lascia il bullismo.”
Negli aneddoti di Teresa su suo figlio Daniele il rosa è un colore ricorrente. Non solo perché Andrea fu bullizzato dai compagni di scuola principalmente per aver indossato dei pantaloni rosa (scoloriti a causa di un lavaggio sbagliato). E non solo perché è diventato il colore simbolo della battaglia che Teresa ancora oggi continua a portare avanti contro il bullismo, il cyberbullismo, gli stereotipi di genere. Ma perché nei loro messaggi, nella loro quotidianità il rosa sembra sottolineare la presenza di Andrea tra loro, come un battito d’ali.
“Prima di metterci a tavola, faccio scegliere ai commensali il.colore del “segna bicchiere” che accompagnerà il loro calice per tutto il pasto .Quando ho chiesto a Daniele che colore gradisse, ha scelto il rosa. Sono certa che lo ha fatto senza pensarci. Ma sono pure convinta che sia stato il modo, voluto dal fratello per stargli vicino e accompagnarlo nella giornata di ieri.”
Andrea Spezzacatena morì il 20 novembre 2012 a Roma ufficialmente per un suicidio, anche se sulle dinamiche effettive sua madre ha espresso alcuni dubbi. Non vi furono dubbi però, sul fatto, che Andrea si ritrovò a subire bullismo di natura omofobica – anche se a quanto pare, Andrea non era gay. Da allora sua mamma non ha mai smesso di parlare apertamente di bullismo, anche confrontandosi con gli studenti nelle scuole. Il ragazzo dai pantaloni rosa è solo uno dei tanti modi per ricordare Andrea e per parlare di bullismo e omofobia e sta facendo clamore come dovrebbe. Per quanto riguarda Daniele, lui ha preferito non esporsi pubblicamente. Il ricordo di suo fratello però è vivo e ad Andrea ha voluto dedicare il tatuaggio che ha sul petto, quello di due cervi che lottano.