Maurizio Minghella, nato il 16 luglio 1958 a Genova, è un serial killer considerato tra i più prolifici, in Italia. Gli sono state attribuite 15 vittime, tutte donne, uccise in periodi diversi, nel 1978 e poi a seguire, tra il 1996 e il 2001, mentre Minghella si trovava in regime di semilibertà, a Torino. Minghella uccideva soprattutto prostitute: le strangolava, le stuprava e spesso infieriva su di loro in modo efferato, con sevizie o colpi alla testa. L’uomo era nato con un lieve ritardo mentale causato da un’asfissia neonatale e aveva avuto un’infanzia difficile, con un patrigno violento che picchiava sua madre, lui e i suoi quattro fratelli. Successivamente dira di aver fantasticato a lungo di uccidere il compagno di sua madre, strangolandolo con un laccio.

La morte di suo fratello Claudio, a causa di un incidente di moto, amplificò in lui l’ossessione per la morte, spingendolo a visitare obitori, dove si soffermava a osservare i cadaveri e ad assistere ai pianti disperati dei loro familiari. Nel 1977 si sposò “per scommessa” con Rosa Manfredi, una ragazza di 15 anni, dipendente dai farmaci, che rimase incinta di lui ed ebbe un aborto spontaneo. Questo episodio maturerà in lui un’ossessione omicida per il sangue mestruale. A fine anni ’90, mentre è in regime di semilibertà, incontra Monica Finessi, che diventa la sua compagna e gli dà un figlio, Giampiero Finessi. Attualmente Minghella è ancora in vita e si trova nel carcere di Pavia, in regime di 41 bis. In gioventù era stato appassionato di pugilato e frequentatore di discoteche, tanto che era stato soprannominato il Travoltino della Val Polcevera, in riferimento al ruolo di John Travolta nel film La febbre del sabato sera. Erano i tempi in cui la disco music conquistava le piste da ballo.
Come abbiamo anticipato in apertura, Minghella vive un’infanzia e una giovinezza a dir poco turbolente. A scuola è violento nei confronti dei compagni, e spesso li afferra al collo tappandogli bocca e naso per impedirgli di chiedere aiuto. A dodici anni frequenta ancora la prima elementare e lascerà la scuola senza riuscire ad arrivare alla seconda. Fa diversi lavori, tra cui il piastrellista, ma inizia anche a rubare moto, scooter e utilitarie. Negli anni a seguire, il furto sarà una costante, nel suo percorso criminale.
Nel 1978, tra aprile e novembre, uccide cinque ragazze. Le sue vittime sono tutte molto giovani, alcune di loro sono prostitute, e dettaglio sconcertante, al momento della morte avevano il ciclo mestruale.
- Anna Pagano di 20 anni, prostituta tossicodipendente, uccisa il 18 aprile 1978 a Genova
- Giuseppina Jerardi di 23 anni, prostituta, uccisa l’8 luglio 1978 a Genova
- Maria Catena Alba, detta Tina di 14 anni, uccisa il 18 luglio 1978 a Valbrevenna
- Maria Strambelli di 21 anni, commessa, uccisa il 22 agosto 1978 a Genova
- Wanda Scerra di 19 anni, commessa, uccisa 28 novembre 1978 a Genova
Come riporta Murderpedia, si tratta di cinque delitti particolarmente efferati. Anna Pagano viene trovata con la testa fracassata e una penna inserita nell’ano. In un grezzo tentativo di depistaggio, Minghella lascia delle scritte sgrammaticate sul corpo della ragazza, che si riferiscono al sequestro di Aldo Moro e alle Brigate Rosse. La Alba invece viene trovata nuda, legata ad un albero, con una corda annodata mo di garrota.

MInghella viene arrestato, e tra gli indizi a suo carico, una perizia calligrafica sulle scritte sul corpo della prima vittima, ma anche la presenza, nel suo appartamento, di un paio di occhiali appartenuti alla Alba. Confessa gli omicidi di Strambelli e Sciarra, ma respinge le accuse a suo carico per i primi tre omicidi. Nell’81 viene condannato all’ergastolo, che sconta in un carcere di Porto Azzurro (Livorno).
Nel 1995 Maurizio Minghella ottiene la semilibertà per buona condotta, grazie anche all’intercessione di Don Andrea Gallo. Viene trasferito al carcere delle Vallette di Torino, ma lavora come falegname in una delle cooperative del Gruppo Abele di Don Ciotti. Minghella lavora dalle 9.00 alle 17.00 e poi alle 22.00 rientra in carcere per dormire.
Nello stesso periodo Minghella fa la doppia vita: conosce Monica Finessi, che diventerà la sua compagna e madre di suo figlio, ma al tempo stesso riprende a uccidere. Stavolta le vittime sono dieci, ma non di tutte si riuscirà a dimostrare che Minghella è l’assassino.
- Loredana Maccario, di 53 anni, prostituta, uccisa a marzo 1997 a Torino
- Fatima H’Didou, di 27 anni, prostituta, uccisa il 24 maggio 1997 a Caselette
- Floreta Islami, di 29 anni, prostituta, uccisa il 14 febbraio 1998 a Rivoli
- Cosima Guido, detta Gina, di 67 anni, prostituta, uccisa 30 gennaio 1999 a Torino
- Florentina Motoc, detta Tina, di 20 anni, prostituta, uccisa il 17 febbraio 2001
- Nadia Shehu, di 24 anni
- Carolina Gallone, di 66 anni, uccisa il 12 giugno 1997
- Heriona Sulejmani, di 16 anni
- Atli Isaku, detta Elisa, di 22 anni
- Ebe Romano, di 35 anni
Come riporta Torino Cronaca, nel 2017, in occasione di un processo relativo all’omicidio di una delle ragazze uccise negli anni ’90, Monica Finessi racconterà che in quel periodo ebbe dei sospetti sul compagno, perché tornava a casa con oggetti di dubbia provenienza. Alla Finessi, in occasione di San Valentino, arriva a regalare un cellulare appartenuto a Tina Motoc.
“Portava a casa gioielli, pellicce, borse. Non sapevo da dove provenissero e nel ’99 mi sono anche rivolta alla magistratura di sorveglianza. Vado a trovare spesso Maurizio. Cerco di recarmi in carcere una volta a settimana”

Una serie di indizi relativi agli ultimi omicidi porta all’arresto di Minghella, nel 2001. Come riporta La Stampa, dopo l’interrogatorio dirà agli agenti, in tono di scherno:
“Siete proprio bravi, io adesso vado a dormire e voi andate a lavorare”
Lo stesso anno tenta di evadere dal carcere di Torino, e ci riproverà nel 2003, nel carcere di Biella. Alla fine viene condannato all’ergastolo per l’omicidio di Tina Motoc e a 30 anni per gli omicidi di Gina Guido e di Fatima H’Didou. A questo si aggiungono anche le condanne per rapine e violenze commesse negli anni ’90, per un totale di più di 200 anni di carcere. Ricordiamo che su questo caso di cronaca, potete guardare il documentario Maurizio Minghella – Il predatore, in streaming.
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