Giuseppe di Matteo è la vittima del più ripugnante delitto di mafia, il ragazzo, 15 anni, fu sciolto nell’acido nitrico per ordine di Matteo Messina Denaro e altri boss mafiosi. Due anni prima, da bambino, era stato sequestrato con uno stratagemma vile. In quel periodo Santino Di Matteo, padre del ragazzo, stava collaborando con lo Stato. L’omicidio di Giuseppe mise fine all’idea che la Mafia, in base ad un codice comportamentale, non toccava i bambini.
Giuseppe Di Matteo, nato a Palermo il 19 gennaio 1981, fu rapito il 23 novembre 1993. Il piccolo, in quel momento, si trovava in un maneggio di Piana degli Albanesi. Un gruppo di mafiosi, fingendosi agenti della DIA, lo prelevò con la scusa che lo avrebbero portato dal padre, Santino Di Matteo, che in quanto collaboratore di giustizia, viveva in una località segreta. Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano e Giovanni Brusca decisero il rapimento di Giuseppe per mettere fine al fenomeno dei pentiti.
Una settimana dopo il sequestro, alla famiglia del ragazzo arrivò un biglietto con la scritta “Tappaci la bocca“, accompagnata dalle foto del ragazzo con in mano un quotidiano del 29 novembre. Il riferimento all’attività di pentito di Santino Di Matteo, era chiaro. In quel momento il padre del ragazzo stava raccontando episodi legati alla strage di Capaci e all’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo.
Il 14 dicembre 1993 Francesca Castellese, madre di Giuseppe denunciò la scomparsa di suo figlio. Quella stessa sera a Giuseppe Di Matteo, padre di Santino e nonno della vittima, fu recapitato un biglietto dove c’era scritto: “Il bambino ce l’abbiamo noi, non andare ai carabinieri se tieni alla pelle di tuo nipote”. Qualche giorno dopo nella casa dell’uomo arrivò un nuovo messaggio: “Devi andare da tuo figlio e farci sapere che, se vuole salvare il bambino, deve ritirare le accuse fatte a quei personaggi. Deve finire di fare tragedie”.
Giuseppe di Matteo, nel corso del 1994, fu spostato in diverse “prigioni” del palermitano. Nell’estate 1995, fu rinchiuso in un vano sotto il pavimento di un casolare-bunker nelle campagne di San Giuseppe Jato. Qui rimase ben 180 giorni. Quando i boss mafiosi capirono che Santino Di Matteo avrebbe continuato a collaborare con la giustizia, uccisero suo figlio. Gli esecutori materiali furono Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo. Gli assassini prima strangolarono Giuseppe di Matteo, poi sciolsero il suo cadavere in un fusto di acido nitrico. Era l’11 gennaio 1996, dopo 25 mesi di prigionia.
I vari processi per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo hanno portato a numerose condanne. Tutte le persone che hanno partecipato in qualche modo al rapimento del ragazzo, sono in carcere. Il pentito Gaspare Spatuzza, pur non essendo indagato per l’omicidio, ammise la sua partecipazione alle prime fasi del rapimento. Le sue parole permisero di condannare, tra gli altri, Matteo Messina Denaro, Luigi Giacalone, Francesco Giuliano e Giovanni Brusca.
Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, Santino, padre di Giuseppe di Matteo, ha detto a Repubblica: “Quando ho saputo dell’arresto di Messina Denaro, il primo pensiero è stato per mio figlio Giuseppe. Tutti quelli che hanno avuto a che fare con il sequestro e la sua morte sono finiti in carcere. Mancava solo lui”.
Nicola di Matteo, fratello di Giuseppe, raggiunto dall’AdnKronos, ha espresso tuta la sua felicità per l’arresto di Matteo Messina Denaro: “Lo Stato ha i suoi tempi ma vince sempre. L’auspicio, adesso, è che si faccia luce anche sulle coperture“. “Ho letto che è malato. Mi auguro che possa vivere il più a lungo possibile per avere una lunga sofferenza, la stessa che ha imposto a mio fratello, un ragazzino innocente”, ha aggiunto Nicola, che non intende perdonare l’assassino di suo fratello.