Niccolò Ciatti, giovane fiorentino di Scandicci, di 22 anni, fu aggredito la notte dell’11 luglio 2017 all’esterno della discoteca St. Trop, a Lloret de Mar, in Spagna, da un gruppo di giovani ceceni. Niccolò fu colpito alla testa da un calcio sferrato da uno di loro, Rassoul Bissoultanov, e morì qualche ora dopo in ospedale, a causa dei traumi subiti.
Il brutale assalto, che fu ripreso in video dalle camere di sicurezza poste all’ingresso del locale, avvenne in seguito a una lite tra alcuni amici di Ciatti e i ceceni, a proposito di alcune ragazze. Tuttavia i ragazzi in sede processuale hanno smentito che ci sia stata una lite o una discussione. Il caso, di cui si è occupato anche il programma Chi l’ha visto? continua a far discutere anche per le sue evoluzioni giudiziarie.
Il Corriere, in occasione del processo ai due imputati, l’aggressore Rassoul Bissoultanov, lottatore di MMA ed esperto di arti marziali, e il suo complice, Movsar Magomedov, racconta cosa accadde quella sera prima e dopo l’aggressione, attraverso le parole degli amici di Ciatti. Uno degli amici innanzitutto sottolineò che Niccolò “non ha mai avuto problemi quando uscivamo, era un ragazzo tranquillissimo, non beveva se non quelle poche volte che andavamo a ballare, non usciva mai durante la settimana perché si alzava presto la mattina per andare a lavorare al mercato delle frutta e perché aveva una fidanzata, non faceva uso di droga e andava in palestra per mantenersi in forma”
“Siamo usciti dall’hotel, ci siamo divisi per andare a cena, metà dal McDonald’s, metà da Burger King” – raccontò – “Poi siamo andati in un market a comprare una bottiglia di vodka e di aranciata, abbiamo bevuto un bicchiere a testa, siamo andati in un pub a bere due chupito. Intorno a mezzanotte siamo entrati in discoteca”. I ragazzi decisero di andare al St. Trop “perché c’era una festa organizzata da italiani” e nel locale bevvero un altro cocktail ma “annacquato”. Niccolò non era ubriaco, secondo la versione degli amici e non c’era stata alcuna lite o discussione con i ceceni, prima dell’aggressione. “Niccolò ha ricevuto una forte spinta all’improvviso, d’istinto ha messo le mani avanti e ha ricevuto un pugno sul viso. Quei pugni l’hanno stordito, io cercato di avvicinarmi ma sono stato tirato indietro, poi lo vedo già per terra. Non ha avuto il tempo di alzarsi e difendersi. Poi quel ragazzo con la maglia grigia ha sferrato il calcio, come se fosse un pallone”
Tuttavia, in un’intervista al Corriere ammisero che c’era stato un diverbio, ma sottolinearono che Niccolò non era tipo da risse. “Nicco era un bravo ragazzo, non era un attaccabrighe. Ci conoscevamo da una vita, era un amico su cui potevi contare sempre. A chi gli stava vicino dava tutto se stesso, è sempre stato solare, anche fin troppo buono. Non scrivete che è stata una lite, sennò sembra che era un poco di buono”
“Io ero impaurito, quei ragazzi erano molto più grossi di noi” – disse al processo Alessandro, uno degli amici del ragazzo ucciso – “Niccolò era per terra e perdeva sangue da un orecchio. Quelli della discoteca ci dicono di portare fuori Niccolò, lo prendiamo in braccio e lo portiamo fuori per aspettare l’ambulanza che arriva 15-20 minuti dopo”
Un’altro amico di Niccolò Ciatti, Filippo, spiegò che i due aggressori secondo lui seguivano uno “schema”, durante l’aggressione. “Sembrava che si fossero divisi i ruoli tra loro, Magomedov tirava pugni a caso per tenere la gente lontana, l’altro si lanciava su Niccolò che era a terra inerme e senza sensi. Un colpo violentissimo, ricordo ancora quel rumore che ho sentito nitidamente nonostante la musica forte”
La fidanzata di Niccolò, Ilaria Inverso, che era rimasta in Italia, lo raggiunse in Costa Brava dopo l’aggressione, quando era in fin di vita. “Dopo un anno stento a ricordare molti particolari” – ha detto al Corriere – “Era tutto talmente surreale che non riesco a mettere insieme i pezzi. Stavo dormendo quando ho guardato il telefono, erano le 5 del mattino. Simone, uno degli amici di Niccolò, mi aveva chiamato due volte. L’ho richiamato. Ho capito subito che era grave, che dovevo andare là. Ero frastornata; ricordo di aver passato il telefono a mia mamma. Del viaggio non ricordo più nulla, gli unici momenti chiari sono quelli in cui ero con lui e gli tenevo la mano”
Uno dei due aggressori, Rassoul Bissoultanov, identificato proprio tramite il video, fu arrestato e posto in stato di fermo cautelare a Girona, il 12 agosto, dove rimase fino alla scadenza dei termini, nel 2021. Fuggito in Germania, sarebbe poi stato estradato in Italia, dove riottenne la libertà, a causa di un vizio di procedura.
Tornato in Spagna, l’uomo si reinventò come cameriere, prima di far perdere definitivamente le sue tracce nel 2023, a pochi giorni dell’udienza con cui il tribunale di Girona avrebbe dovuto decidere eventuali nuove modalità di incarcerazione. Nel paese iberico, il ceceno sarebbe poi stato condannato, in contumacia a15 anni per omicidio, mentre la Corte d’Appello di Roma, al termine di un procedimento analogo, lo condannò, nell’estate del 2023, a 23 anni di carcere.
Ad oggi Bissoltanouv risulta ancora latitante. Il padre di Niccolò Luigi, all’indomani della sentenza del tribunale di Roma, ha dichiarato a QN: “Noi ce l’abbiamo messa tutta per Niccolò, ma purtroppo non siamo riusciti e non riusciamo a dargli quel minimo di giustizia che si meriterebbe. Evidentemente c’è qualcosa che non va in questa giustizia soprattutto spagnola ma anche italiana, così poco sensibile e che non ci rappresenta”. Così Luigi Ciatti, padre di Niccolò. “Chi commette certi crimini deve pagare e non scordiamoci che l’imputato, oramai riconosciuto colpevole, è libero perché fuggito e nessuno lo cerca. Continua la sua vita, mentre a Niccolò gliel’ha tolta: andiamo avanti ma ci rendiamo conto che non esiste una giustizia terrena che possa aiutarci a superare quanto accaduto. Ora aspettiamo di raggiungere il nostro Niccolò.