Gianluca Grignani ha scelto Destinazione Paradiso come autocover per la serata di venerdì del Festival di Sanremo 2023, in cui gli artisti ripropongono successi della musica italiana. Il cantante milanese si esibirà con Arisa nella canzone più rappresentativo della sua intera carriera, di cui esploreremo il significato e con la quale si presentò a Sanremo giovani nel 1995 e che diede il là a una catena di ininterrotti successi, con un disco omonimo da 700 milioni di copie in Italia e 1 milione in tutto il mondo.
La canzone ci presenta un testo sognante e allegorico allo stesso tempo, in cui l’io narrante, confuso in un “girotondo d’anime” che rispecchia lo smarrimento dell’età giovanile, anela a una libertà senza confini, con la voglia di intraprendere un viaggio “a un senso solo” e “senza fermate”, meditando allo stesso tempo sulla possibilità di farla finitala metafora del treno ricorre lungo tutto il testo: un mezzo per fuggire verso questa libertà? O piuttosto un veicolo per porre fine alle proprie sofferenze? Il desiderio di libertà sembra confondersi in una disperazione esistenziale che diventa rassegnazione, e contemplazione serena di un possibile gesto estremo di autoannullamento. La meta del viaggio non viene descritta, ma soltanto fatta intuire; la città del paradiso, o “paradiso città” come viene indicata in maniera accattivante, può essere vista come la tappa finale di un percorso di elaborazione del dolore, dove l’unico modo per ritrovare la felicità perduta è riunirsi con la persona amata nell’oblio dell’aldilà, o semplicemente come uno slancio dell’anima oltre la dimensione terrena, verso quella spirituale.
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Io mi prenderò il mio posto E tu seduta lì al mio fianco Mi dirai destinazione paradiso
All’epoca dell’uscita, l’interpretazione data al testo fu univoca, anche, se non soprattutto sulla scorta delle dichiarazioni dello stesso Grignani. In una famosa dichiarazione rilasciata a Pippo Baudo, Grignani parlò apertamente di suicidio: “L’ho scritta perché mi volevo ammazzare. Ero in albergo spossato quando un tg ha detto di quei due ragazzi sardi… La prima cosa che m’è venuta in mente è stata: l’hanno fatto mezzora prima che io salissi sul palco a cantare. Loro l’hanno fatto…”
Grignani si riferisce a Ivo Cabras e Stefano Salaris che il 26 febbraio 1995 decidono di togliersi la vita gettandosi sotto un treno della linea Sassari – Cagliari. All’origine del gesto, mai chiariti problemi personali.
In un’intervista pubblicata il giorno successivo da Repubblica, Grignani esternerà tutto il suo disagio. “Lo so che quelli del festival sono rimasti malino per quel che ho detto. Che anch’io mi volevo suicidare, cioè. Ma era vero. Mi era successo altre volte prima, ma a vent’anni, quando ho scritto ‘ Destinazione paradiso’ stavo da cani. Vivevo con una ragazza inglese e una sera – ricordo che lei accarezzava il gatto – mi son sentito preso da una morsa fredda. Mi sono aggrappato alla chitarra, ho cominciato a buttar giù le parole. Ho scritto tutta la notte. E m’è venuta la rabbia per guardarmi da fuori e dirmi: ma che stronzate vuoi fare? Io, allora, non avevo un lavoro. Non avevo idea di quel che avrei fatto. Deserto totale. Ma in una parola, quel che ti porta sull’orlo è la confusione. La vita ti gira attorno e tu non ci entri mai. Oppure ti piombano addosso troppe emozioni che non sai filtrare e ti prende come una noia… un male sordo che diventa violento, e tu non capisci perché ci sei in mezzo. E sei confuso… e diventi muto. Io, allora ero muto. Adesso mi sforzo di buttar fuori le parole perché so che parlando si sdrammatizza. A mia madre, a mia sorella che mi chiedevano cosa avessi non rispondevo mai. Stavo zitto spesso anche con gli amici, ma capivo che anche loro avevano, tante volte, un’ansia uguale. Sarà banale, ma siamo malati di incomunicabilità. Uscire per la strada, incontrare la gente mi metteva in agitazione. Insomma, desideravo essere compreso.
“Mi hanno salvato la musica e le parole. Scrivo da quando avevo 14 anni. Mi ha sempre dato un senso di sollievo. E quando canto sto meglio. Motivi sociali dietro la voglia di suicidio? “Ah, io parlo per me. E per quelli come me che a vent’anni si sentono lumache senza guscio, fragili. Io mica voglio fare la rivoluzione. Io cerco un posto al mondo che sia per me. Ma è dura. Tutto è già preconfezionato, tutto è inscatolato. Non c’è più niente da cercare. E non sai dove cercare. L’altra sera, uscivo dall’ Ariston per andare al ristorante. Due ragazzi mi hanno detto: sai, capiamo perché hai detto che volevi morire. Ho lasciato perdere la cena e ho chiacchierato con loro tre quarti d’ora. C’è un pezzo di canzone che ho tagliato. Fa così: non ti è mai successo di fermarti per guardare indietro e vedere se il mondo si è fermato lì con te, oppure ha girato all’angolo per nascondersi? Io lo faccio spesso e sai cos’è? Un fuoco che non scotta più, perché non brucia più.”
In una recente intervista per Rolling Stone, Grignani, che ha da poco compiuto 50 anni, offre un’interpretazione inedita, ribaltando completamente la prospettiva: “L’idea del testo di Destinazione paradiso nasce da Stairway to Heaven. All’epoca non conoscevo bene l’inglese, non capivo tutte le parole del pezzo dei Led Zeppelin ed è stato un bene perché ho fatto lavorare la fantasia. La mia è una canzone con una visione di liberazione, era la mia scala per il paradiso. La cosa del suicidio è stata ingigantita quando, dopo Sanremo, sono andato dalla Dandini. Mi hanno chiesto perché l’avevo scritta e ho risposto che avevo pensato al suicidio. Sì, ci avevo pensato, come quasi tutti, ma da ragazzino e una sola volta, poi basta. Non conoscevo i media e le mie parole sono state strumentalizzate. Quindi no, non è dedicata al suicidio. La ragazza? Non esisteva in realtà, semplicemente non potevo immaginarmi di fare quel viaggio da solo. Sono come Sean Connery, che immaginava il paradiso come un posto con tante donne e un bancone della birra.”
E riguardo alla scelta di una propria canzone per la serata cover, Grignani ha confessato un divertente malinteso: “Ho scelto quel brano con cui sono partito, proprio dal Festival, 29 anni fa, perché credevo non si potesse fare altrimenti: poi ho capito che potevo scegliere pezzi non miei, ma… va bene, va bene così.”