Il giornalista Giancarlo Siani fu ucciso a colpi di arma da fuoco, la sera del 23 settembre 1985, sotto casa sua, in via Romaniello, a Napoli, mentre si trovava alla guida della sua auto, una Citroen Mehari verde, che successivamente è diventata il “simbolo” della sua storia. Siani fu raggiunto da 10 colpi di pistola, calibro 7.65, sparati da due sicari del clan camorristico dei fratelli Nuvoletta, che commissionarono l’omicidio. Con la sua fervente attività da giornalista d’inchiesta, Siani aveva infatti da tempo acceso i riflettori sul sottobosco criminale della zona, svelandone anche le salde connivenze col potere politico locale.
Durante gli anni vissuti da collaboratore esterno a Il Mattino di Napoli, Siani raccontò con perizia e dovizia di particolari l’ambiente criminale della cittadina di Torre Annunziata, testimoniando, inizialmente, le ripercussioni sul territorio della sanguinosa guerra regionale tra due fazioni camorristiche concorrenti, la Nuova Camorra Organizzata, del boss Raffaele Cutolo, e la Nuova Famiglia, una sorta di collettivo che vedeva riunite molte organizzazioni che si opponevano allo strapotere di Cutolo; ad avere la meglio, sul lungo periodo, saranno gli esponenti della Nuova Famiglia, anche grazie alla affiliazione con Cosa Nostra, e ai rapporti d’amicizia con il boss Salvatore Riina. A tessere e mantenere i contatti con la mafia siciliana erano i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, a capo del clan omonimo, che presto sarebbe entrato in conflitto con il rivale Bardellino, per il controllo del mercato dell’eroina.
Su questo sfondo, spicca la figura di Valentino Gionta, boss di Torre Annunziata; fu proprio Siani, negli anni, con i suoi articoli, a descriverne l’ascesa all’apice del potere criminale, dopo i primi tempi da pescivendolo, e a smascherarne i tentativi di inserimento nel tessuto sociale ordinario. Proprio in seguito a uno di questi articoli di denuncia, nel 1984, le forze dell’Ordine misero i sigilli a un piccolo negozio, di proprietà della sorella di Gionta, utilizzato per riciclare il denaro derivante da attività illecite; a quel punto, il piccolo “boss di quartiere” attirò su di sé le attenzioni di esponenti di maggior calibro criminale, preoccupati della sua ascesa; in questo contesto si inserisce la cosiddetta “strage di Torre Annunziata” dell’agosto 1984, quando un commando di 14 uomini del clan Bardellino tentò di assassinare Gionta, sorprendendolo mentre si trovava, insieme ai suoi uomini, al Circolo dei Pescatori. Gionta scampò all’eccidio, che lasciò sull’asfalto diversi morti, ma da quel momento, la sua posizione all’interno delle dinamiche malavitose si fece sempre più precaria.
E Siani, con i suoi articoli, continuava a testimoniare l’evoluzione di questo microcosmo; e sarebbe stato proprio a causa di un particolare articolo, pubblicato su Il Mattino, il 10 giugno 1985, che il cronista sarebbe stato ucciso. Nel pezzo, il giornalista commentava infatti la cattura di Gionta da parte delle forze dell’Ordine, avvenuta pochi giorni prima, affermando che fosse stata possibile solo grazie a un tradimento dei Nuvoletta, decisi a disfarsi di un alleato scomodo: “Gionta Valentino [è diventato] un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana.”
La sorte di Giancarlo Siani viene decisa a Ferragosto del 1985, in un meeting organizzato dai fratelli Nuvoletta, cui presenzia anche Gionta; il boss di Torre Annunziata si dimostra contrario alla soluzione estrema (e per questo verrà assolto dall’accusa di omicidio in sede processuale) ma cede alle pressioni degli altri convenuti, ottenendo come unica condizione l’esecuzione dell’agguato lontano da Torre Annunziata. Ecco perché, il 23 settembre 1985, alle 20.30, Ciro Cappuccio e Armando Del Core attendono Siani a Napoli, sotto la sua abitazione di via Romaniello. La notizia della morte del cronista arriva immediatamente ai colleghi, ma occorreranno molti anni prima che la verità processuale emerga compiutamente: i fratelli Nuvoletta verranno condannati come mandanti dell’omicidio solo nel 1997. Gionta, come detto, verrà scagionato dalle accuse, in Cassazione, dopo vari gradi di giudizio.
La storia di Giancarlo Siani ha ispirato il film Fortapasc, nel quale il ruolo del giornalista è interpretato da Libero De Rienzo. Diretto da Marco Risi, il film segue l’ultimo periodo di vita di Siani, dalle inchieste per il Mattino alla tragica fine. Nel cast del film figurano Valentina Lodovini nel ruolo di Daniela Rossignaud, la fidanzata di Siani, scomparsa qualche anno fa, quindi Michele Riondino, Massimiliano Gallo nel ruolo del boss Valentino Gionta, Fortunato Cerlino – in un film sulla camorra ben prima del successo di Gomorra – poi Ernesto Mahieux, Ennio Fantastichini.