Rupert Grint, interprete di Ron Weasley nella saga cinematografica di Harry Potter, ha definito i dieci anni passati a interpretare il maghetto come “soffocanti“, per via dello stress e della quantità di lavoro che Grint, allora appena adolescente, doveva sostenere. In un’intervista a Bustle, l’attore ricorda quei momenti:” Era un tour de force; giravamo tutto l’anno, e poi il resto del tempo lo passavamo a promuovere il film.”
Per un bambino di undici anni, ricoprire un ruolo così a lungo, ha avuto due controindicazioni di natura diversa: “Lottavo per farmi notare, avevo paura di venire sovrastato dagli altri; sul set ma poi io e Ron ci siamo fusi in una cosa sola, alla fine io stavo interpretando me stesso, i confini tra realtà e finzione non erano più così definiti; ancora oggi, se qualcuno per strada mi chiama Ron, io mi giro: è diventato il mio secondo nome.” Prosegue ancora Grint: “Era quasi diventata un’esperienza extracorporea; ci siamo fermati al momento giusto; se avessimo continuato, ci sarebbe stato un declino, probabilmente.”
L’attore aveva avuto modo di ricordare i tempi passati già in occasione del recente special trasmesso da HBO Max per i 20 anni di Harry Potter e la pietra filosofale, nel 2021: “Hanno deciso di fare questa cosa… non è che io avessi molta voce in capitolo, però alla fine è stato bello rivedere tutti; fare parte di quel gruppo di lavoro è stata un’esperienza unica che solo noi del gruppo storico possiamo capire fino in fondo.”
Grint sta per uscire al cinema con Bussano alla porta, di M. Night Shyalaman, regista col quale sembra aver stretto un importante sodalizio, dopo la partecipazione a Servant, serie prodotta da Apple Tv. A proposito di questo interesse nei confronti dell’horror, Grint ha commentato: “Ho una certa paura della morte, e allora ho deciso di affrontarla a modo mio; questi ruoli hanno qualcosa di terapeutico, sono demistificatori.” Quasi a ricordare le difficoltà avute in giovane età, Grint confessa uno dei motivi che lo spingono ad accettare un certo tipo di ruoli: “Credo di essere in qualche modo attratto dalle vulnerabilità nascoste; da persone problematiche, sofferenti.”