Maurice Benard, star di General Hospital, ha raccontato la sua lotta decennale contro il disturbo bipolare; in un’intervista a People, Benard confessa candidamente che, per lui, il periodo della pandemia, con annessi lockdown, è stato difficilissimo, e lo ha portato a pensieri suicidi costanti: “Ci pensavo continuamente, stavo veramente male, e qualunque cosa cercassi di fare, quella sensazione non se ne andava; se gli altri mi chiedevano come stavo, io dicevo che stavo bene, ma in realtà dentro di me pensavo: “Ecco, è arrivata la fine del mondo”
L’arrivo del lockdown ha interrotto le riprese della soap per quattro mesi, costringendo anche Benard a trasformare il tour di presentazione della sua autobiografia, in una serie di incontri online su Zoom: “Ero in collegamento con questo tizio o con quest’altro, e l’unica cosa che avrei voluto dire sarebbe stata: “Sto per morire, salvatemi, vi prego!”
Un disagio palpabile, che raggiunge un clamoroso punto di non ritorno, una notte, nel pieno dell’emergenza pandemica: “Tremavo come una foglia, avevo dei brividi freddi che mi scorrevano lungo la schiena, non avevo mai provato niente di simile; Paula, mia moglie, era lì accanto a me che mi guardava, e le dicevo: Amore, è finita. Cosa mi sta succedendo? Lei mi ripeteva che sarebbe andato tutto bene, ma io non ne volevo sapere: Che cazzo vuol dire che andrà tutto bene, scusa? Ero preda di un attacco di panico orribile, interminabile“.
Nei giorni successivi, continua Benard, l’angoscia non si attenuò, portandolo a contemplare più volte la possibilità di togliersi la vita impiccandosi all’albero che troneggiava davanti casa: “Stavo pensando a come farlo; non volevo usare la pistola, perché fa casino e lascia uno spettacolo orribile. Pensavo continuamente a quell’albero; allo stesso tempo, però, facevo tutto quello che potevo per sopravvivere. Ma anche stare insieme alle mie caprette, all’allevamento, in quel momento non serviva“.
A un certo punto, però, la pressione sembra farsi davvero insostenibile: “Poi, un giorno, sono corso a casa e ho chiesto a Dio di aiutarmi, perché non ce la facevo più; poi ho pensato che, se mi fossi ammazzato, avrei offerto la scusa perfetta a tutti gli ascoltatori del mio podcast, per fare lo stesso. Ho pensato alla mia famiglia..; oggi quando la gente mi chiede cosa ne penso del fatto di essere affetto da bipolarismo, io dico che Dio ha voluto far soffrire me, in modo che altri non soffrissero, grazie al mio esempio“. Benard, infatti, nel periodo dell’emergenza Covid ha ideato un podcast, State Of Mind, in cui discute con attori o altri ospiti provenienti dal mondo dello spettacolo, di tematiche legate alla salute mentale.
Benard ricevette la diagnosi di disturbo bipolare nel 1985, dopo il ricovero in un centro di igiene mentale a causa di un violento scatto d’ira nei confronti dei genitori; il percorso riabilitativo però non fu semplice: “Cominciai a comportarmi in modo strano, e la cosa andò avanti per due settimane, finché non alzai le mani contro mia madre. Ma quando la polizia arrivò a casa, non poté fare più niente, perché mi stavo comportando di nuovo normalmente; la mattina dopo , mi portarono in un istituto, dove mi legarono a un letto mani e piedi, e per uno, due mesi, non seppero nemmeno dirmi cosa avessi; volevo solo andarmene via, e lo urlavo a gran voce, ma niente“.
Poco tempo dopo essere stato dimesso, con la diagnosi di disturbo maniaco-depressivo, Benard conobbe Paula, che presto sarebbe diventata sua moglie: “A volte è difficile, ma insieme facciamo tutto quello che serve per gestire i problemi; non è tanto diverso da stare con una persona malata di una qualsivoglia malattia“, ha dichiarato a People la donna.
Benard conclude la sua riflessione con la consapevolezza di essere stato utile agli altri con il suo racconto: “Per me è stato importantissimo aprirmi in quest’occasione… perché so che ci sono molte persone che leggeranno e ascolteranno le mie parole“.
l’attore, vincitore di tre Daytime Emmy per il ruolo del mafioso Sonny Corinthos, ha raccontato senza remore la sua esperienza con questa malattia invalidante;
, in un’intervista esclusiva al magazine People,