Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo sono i tre uomini noti alle cronache come i Mostri di Ponticelli, ovvero coloro che nel 1983 furono accusati di aver stuprato e ucciso due bambine, Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, rispettivamente di 7 e 10 anni, che vivevano nel quartiere situato nella periferia orientale di Napoli. Imperante, La Rocca e Schiavo furono condannati all’ergastolo, ma sono usciti nel 2015 dopo 27 anni di carcere e oggi, nonostante siano liberi, chiedono una revisione del processo.
Anche Roberto Saviano sostiene che i tre siano innocenti, perché all’epoca la camorra manipolò il processo e al tempo stesso esercitò la sua protezione sui tre ragazzi in carcere, evitando ritorsioni e violenze su di loro. La ragione per la quale la camorra fece in modo da assicurare velocemente tre colpevoli alla giutizia, era per evitare che Ponticelli finisse al centro di troppe attenzioni mediatiche e giudiziarie, considerato che era uno dei punti nevralgici delle sue attività criminose.
Proprio quest’anno infatti, Saviano ha condiviso sui suoi profili social una sua foto con i tre “Mostri di Ponticelli”, scattata a margine della conferenza stampa sul possibile errore giudiziario, tenutati alla Camera dei Deputati. Saviano si è detto fiero di poter sostenere l’innocenza di La Rocca, Schiavo e Imperante e di chiedere la riapertura del processo per valutare quello che fu il ruolo della camorra nel caso. Come riporta il Corriere della Sera, lo scrittore e giornalista, autore di Gomorra, ha dichiarato:
“La camorra ha manipolato completamente il processo imboccando e imbeccando, in questa storia di figure considerate testimoniali. E la camorra ha fatto anche questa cosa paradossale, non li ha fatti uccidere in carcere, proprio perché li aveva venduti e sapeva la verità. Ha deciso di proteggerli in carcere, perché all’epoca chi andava in galera ed era un assassino di bambini, moriva. Invece i clan si sono messi dinanzi alla cella e nessuno li ha toccati.”
“La commissione Antimafia ha un ruolo importantissimo in questo momento perché può ascoltare persone che possono fornire nuovo elementi per riaprire il caso”
Come scrive il Mattino, nel 2023 la Procura di Napoli ha deciso di aprire un fascicolo sulla vicenda in seguito alle recenti inchieste giornalistiche de Le Iene e alla pubblicazione di due libri (“Viaggio nel silenzio imperfetto” dell’ex camorrista Giacomo Cavalcanti e “Il mostro ha gli occhi azzurri” della giornalista Giuliana Covella) ma anche alle dichiarazioni raccolte dalla Commissione Parlamentare Antimafia da parte di testimoni chiave sul caso, cioè due ex boss della camorra, oggi collaboratori di giustizia, Ciro Sarno e Pasquale Galasso, che avrebbero garantito protezione ai tre “mostri” innocenti.
Uno dei tre condannati, Pasquale La Rocca, ha spiegato che Sarno, ex boss di Ponticelli, era recluso con loro nel carcere di Maiano e assicurò loro protezione in ogni modo. E lo stesso fece Galasso, il quale disse loro che tutti in carcere erano a conoscenza della loro estraneità ai fatti.
“Ci incontrò in carcere e ci disse di stare tranquilli, che non ci avrebbero toccati, perché in carcere tutti sapevano della nostra innocenza”
Le due bambine uccise a Ponticelli, Barbara Sellini e Nunzia Munizzi erano molto amiche e vivevano vicino. La sera del 2 luglio 1983 uscirono per incontrarsi, secondo successive testimonianze, con un uomo che loro chiamavano Gino, per fare un giro nell’auto di costui, come era già accaduto altre volte. A loro si sarebbe dovuta unire anche una terza bambina, Silvana Sasso, che fortunatamente si salvò, perché la nonna le vietò di uscire, anche in vista di una ricorrenza familiare. I corpi sermi carbonizzati delle due ragazzine furono trovati nei pressi di un cantiere il mattino successivo. L’assassino le aveva torturate, stuprate e uccise, e poi aveva dato fuoco ai loro cadaveri, gettando su di loro del liquido infiammabile. La piccola Silvana poi fu una dei testimoni chiave sul caso, ma evidentemente la sua testimonianza non bastò a risparmiare il carcere ai tre “Mostri”.