L’attrice e regista romana Sibilla Barbieri si è sottoposta, nei giorni scorsi, a suicidio assistito in una clinica svizzera, dove si era recata, in seguito all’impossibilità di svolgere la procedura in Italia, a causa del mancato permesso della ASL di competenza. La donna, affetta da malattia oncologica terminale, è stata accompagnata in Svizzera dal figlio e da Marco Perduca, deputato Radicale; entrambi si autodenunceranno alle autorità nella giornata di domani 7 novembre 2023, per violazione della legislazione sul suicidio assistito.
Difatti, la ASL romana cui la donna aveva fatto richiesta per la procedura di suicidio assistito, aveva respinto la domanda; stando a quanto dichiarato dall’organo, infatti, le sue condizioni di salute non rispettavano completamente i criteri previsti dalla legislazione vigente, derivata in conseguenza della sentenza Cappato/Antoniani del 2019: in Italia il suicidio assistito è concesso infatti solo in presenza di quattro criteri precisi: 1. che la persona sia capace di autodeterminarsi, 2. che sia affetta da patologia irreversibile, 3. che tale malattia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputi intollerabili e 4. che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale:
Nel caso specifico, la ASL ha ritenuto che Barbieri non fosse dipendente da “trattamenti di sostegno vitale”: su ricorso dei legali, il dipartimento ha successivamente rivisto, seppur in parte, la propria decisione, in data venerdì 3 novembre, quando però la donna era appunto già morta: poco prima di partire per la Svizzera, la donna aveva registrato un toccante videomessaggio in cui denunciava l’ingiustizia subita: “Ho deciso liberamente di ottenere aiuto andando in Svizzera perché possiedo i 10mila euro necessari e posso ancora andarci fisicamente. Ma tutte le altre persone condannate a morire da una malattia che non possono perché non hanno i mezzi, perché sono sole o non hanno le informazioni, come fanno? Questa è un’altra grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio“.
Spiega Filomena Gallo, legale di Barbieri: “Con il team legale che coordino abbiamo seguito Sibilla Barbieri sollecitando l’ASL Roma 1 a effettuare le verifiche sullo stato di salute della nostra assistita e a procedere come indicato dalla sentenza di incostituzionalità della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani. I dirigenti dell’azienda sanitaria hanno predisposto le verifiche e inviato un diniego di accesso all’aiuto alla morte volontaria perché, secondo una Commissione Aziendale istituita ad hoc, la persona malata non dipendeva da trattamenti di sostegno vitale”.
Abbiamo presentato opposizione al diniego, informando i dirigenti dell’azienda sanitaria che la nostra assistita aveva intrapreso anche la procedura per andare in Svizzera, ma che avrebbe voluto concludere i suoi pochi giorni con i suoi cari in Italia.
Non vi è stata nessuna risposta da parte dei dirigenti ASL. Solo venerdì 3 novembre (quando Barbiera era già morta), abbiamo ricevuto il parere del Comitato Etico che conferma la sussistenza per Sibilla Barbieri dei requisiti indicati dalla Corte costituzionale mentre apprendiamo dal verbale della Commissione Aziendale che non possono aderire al parere positivo del Comitato Etico in quanto ritengono che non vi sia il trattamento di sostegno vitale e spiace e mortifica leggere perfino ‘che le condizioni attuali non sono coerenti con sofferenze fisiche intollerabili’.
Regista, produttrice e attrice, Sibilla Barbieri aveva fondato La Siliàn, una piccola casa di produzione specializzata, in corti, pubblicità e documentari; era inoltre opinionista e collaboratrice per Radio Radicale, oltre ad aver fatto parte dell’Associazione Luca Coscioni.