“Non ho sciolto i Beatles. La mia piccola mano non avrebbe potuto spezzare questi uomini’Questo è ciò che risponde Yōko Ono quando le domandano riguardo la sua responsabilità nello scioglimento della mitica rock band britannica. Nata a Tokyo nel 1933, la donna – già un’acclamata artista d’avanguardia – diventò famosa in tutto il mondo quando iniziò una relazione con John Lennon, incontrato nella sua sua galleria nel 1966. Dall’amore tra Yōko Ono e il celebre musicista nacque Sean (oggi cantautore e polistrumentista); i tre vissero insieme nell’iconico Dakota Building di New York fino a quando, nel 1980, uno squilibrato non mise fine alla vita di John Lennon.
Della separazione dei Beatles, la donna fu ritenuta la principale responsabile: i fan della band iniziarono ad odiarla e ad accusarla di aver rovinato John, dipingendola come un mostro. Ovviamente Yōko Ono si oppone fermamente a questa versione dei fatti, dichiarando che la band si sciolse semplicemente perché aveva raggiunto la sua fine; ma, in questo modo, furono creati anche nuovi splendidi inizi, come la carriera da solista di Lennon, sfortunatamente durata troppo poco, e quella di Paul McCartney. Quello dello scioglimento dei Beatles fu un periodo particolarmente difficile per la coppia, che comunque riuscì a trovare nel proprio amore la forza di andare avanti.
Nonostante la solidità del loro sentimento, però, la relazione tra John Lennon e Yoko Ono non filò sempre liscia.
“John e io ci siamo separati per un anno, nel 1973, ma Paul (McCartney) ci ha riportato insieme“. L’intervento salvifico di Paul che, con pazienza e dolcezza fece sì che i due si riunissero, ha reso possibile la nascita di un rapporto con Yōko Ono che dura ancora oggi: “Siamo entrambi partner commerciali in Apple, parliamo e le cose vanno bene tra di noi. Ci conosciamo molto bene e, sebbene abbiamo avuto qualche dissapore in passato, non c’è mai stata una spaccatura come la gente pensa. Non è mai stato tutto bianco o nero.”
Oggi Yōko Ono non ha rimpianti. Nemmeno per aver messo una foto degli occhiali insanguinati di John Lennon sulla copertina del suo album Season Of Glass. “Per me era la cosa naturale da fare. John era stato colpito, questi erano gli occhiali che indossava quando gli hanno sparato, questa era la realtà. John era un musicista, era mio marito, era un Beatles ma, soprattutto, era un artista. Sono un artista. Come artisti, nessuno di noi voleva che la realtà fosse spazzata sotto il tappeto. Questo è ciò che John avrebbe voluto che fosse fatto”.
La serenità della quale gode adesso Yōko Ono, permette alla donna di guardare al passato con un sorriso, nonostante tutto ciò che ha dovuto superare, anche durante la relazione con John. Poco dopo il loro matrimonio (1971), infatti, l’ex marito di Yōko Ono rapì sua figlia Kyoko, e non la vide per 25 anni. “Quando Sean è nato, John rimase a casa e si prese cura di lui. Avevo in testa questa paura che anche lui sarebbe stato portato via. Dopo che John fu ucciso, è stato grazie a Sean che ho superato quel dolore, quell’agonia. Volevo creare una vita per me e Sean, e volevo che Sean sapesse che tutto sarebbe andato bene“.
“La mia foto preferita è ancora quella di John e me come le Due Vergini.”
Si tratta del celebre (e all’epoca scandaloso) autoscatto ritardato – utilizzato come cover dell’album Unfinished Music No.1 – Two Virgins – che ritrae John Lennon e Yōko Ono in piedi, completamente nudi. “Lo guardo ora e mi viene da ridere. Veniamo da un luogo di innocenza e spontaneità. Non c’erano ritocchi, cerette, eravamo solo noi così come eravamo e non ci vergognavamo. Ero preoccupato di come Sean si sarebbe sentito quando sarebbe cresciuto, ma anche Sean adora questa foto“.
Nonostante tutte le accuse rivoltole in passato, oggi le persone hanno smesso di odiare Yōko Ono e vive diffondendo la sua arte e mantenendo viva l’eredità del marito. “Se John fosse in giro oggi amerebbe Facebook. Amerebbe il modo in cui il mondo è cambiato. Amerebbe Internet e Twitter. Inviava dichiarazioni e messaggi e dava la sua opinione tutto il tempo su tutto…Condividevamo questa curiosità e questa energia“.