La serie: 1899, 2022. Creata da: da Baran bo Odar e Jantje Friese. Cast: Emily Beecham, Aneurin Barnard, Rosalie Craig, Clara Rosager, Maria Erwolter, Yann Gael, Miguel Bernardeau, Maciej Musial, Anton Lesser, Lucas Lynggaard Tønnesen.. Durata: 50 minuti/8 episodi. Dove l’abbiamo visto: in anteprima su Netflix.
Trama: Un gruppo di migranti a bordo di un transatlantico diretto in America si imbatte in una nave scomparsa quattro mesi prima. Ma c’è qualcosa che non va in questo ritrovamento apparentemente fortuito.
Dopo più di due anni dalla stagione finale di Dark, gli autori Baran bo Odar e Jantje Friese tornano con una serie tv che promette di regalare la stessa dose di mistero e imperscrutabilità del suo predecessore. Con 1899 non ci troviamo più nelle rigogliose foreste tedesche ma su un transatlantico in mezzo all’oceano, un territorio franco in cui si intrecciano le vite di un variegato gruppo di migranti in viaggio – o meglio in fuga – dall’Europa all’America.
Come vedremo nella nostra recensione di 1899, la serie è un puzzle che inizialmente sembra faticare a trovare il giusto incastro, ma pian piano prende forma rivelando tutte le interconnessioni tra protagonisti apparentemente lontanissimi tra loro e svelando un enigma oscuro quanto l’abisso. Ottima la scelta degli interpreti, esaltati ancora di più dalla possibilità di poter recitare nella propria lingua madre.
Una curiosità: 1899 è stata girata interamente in un ambiente virtuale, presso lo Studio Babelsberg vicino a Berlino, adottando la tecnologia The Volume, la medesima utilizzata in The Mandalorian e Obi-Wan Kenobi. Grazie a essa, gli attori possono esibirsi su uno sfondo digitale animato che riproduce l’ambientazione circostante senza la necessità di doversi spostare da una location all’altra.
La trama 1899: ciò che è andato perduto verrà ritrovato
Siamo nel 1899, a bordo di un transatlantico, il Kerberos, che viaggia dall’Europa verso l’America. La nave, sulla quale aleggia un’atmosfera inspiegabilmente inquieta, trasporta un nutrito e variegato gruppo di migranti, ognuno di nazionalità diversa e differente ceto sociale ma tutti accomunati dalla volontà di cercare una vita migliore. Tra questi, facciamo subito la conoscenza di Maura Franklin (Emily Beecham), in fuga dall’Inghilterra e tormentata da alcuni sogni sul padre, del capitano Eyk Larsen (Andreas Pietschmann), dei fratelli spagnoli Ángel (Miguel Bernardeau) e Ramiro (José Pimentão), di una giovane coppia francese con evidenti problemi coniugali (Jonas Bloquet e Mathilde Ollivier), della misteriosa vedova inglese Virginia (Rosalie Craig), di una famiglia danese (Alexandre Willaume, Maria Erwolter, Lucas Lynggaard Tønnesen, Clara Rosager) caduta in disgrazia e di una ragazza cantonese, Ling-Yi (Isabella Wei) che, tuttavia, è vestita da geisha giapponese. Il viaggio, tutto sommato tranquillo, viene però improvvisamente interrotto dalla recezione di coordinate anonime: invertita la rotta per quella che inizialmente sembra una semplice missione di soccorso, il Kerberos si imbatte nel Prometheus, un transatlantico della medesima compagnia scomparso senza lasciare traccia quattro mesi prima. Ma le stranezze non finiscono qui: non solo a bordo sembra non esserci alcun passeggero, vivo o morto, ma dall’alto arriva l’ordine perentorio di “affondare la nave”. E mentre il capitano, aiutato da Maura, cerca di dipanare il mistero che avvolge la Prometheus, a bordo iniziano a venire a galla altri segreti legati al passato dei suoi passeggeri.
Navigare nell’oscurità
Se avete amato il carattere imperscrutabile e ricco di rivelazioni di Dark, allora con 1899 troverete sicuramente pane per i vostri. Anche se ve lo diciamo subito, la nuova serie ideata da Baran bo Odar e Jantje Friese non possiede la stessa scintilla e il medesimo fascino del suo predecessore. Proprio come Dark, anche in 1899 ci troviamo di fronte a una narrazione non lineare, in cui i personaggi entrano ed escono continuamente da scene del proprio passato, attraverso le quali viene rivelata agli spettatori la verità sui singoli protagonisti della storia. Gli episodi, almeno fino al quarto, possiedono tutti una struttura simile: ognuno di essi si concentra in modo particolare su un passeggero – o su un gruppo di essi, – mentre dissemina qua e là indizi apparentemente sconnessi su quello che è il mistero centrale della serie, terminando infine con un cliffhanger caratterizzato da una forte suspense. Uno schema che privilegia un po’ troppo i background personali a discapito della narrazione e che rischia di mettere a dura prova quel pubblico che tende ad annoiarsi facilmente. Per fortuna, dalla fine del quarto episodio in poi, le storie tra i personaggi diventano sempre più interconnesse tra loro, iniziando a dare un senso a tutti gli indizi disseminati per strada fino a quel momento. D’altra parte, come Dark ci aveva già insegnato, di Odar e Friese bisogna solo fidarsi, seguendo il flusso senza porsi troppe domande.
Una serie multilingue
Una delle caratteristiche più significative di 1899 è sicuramente quella di essere una serie multilingue. L’internazionalità del cast si riflette anche sui protagonisti della storia, che provengono tutti da luoghi diversi e parlano lingue differenti. Una scelta che conferisce un’atmosfera di grande autenticità allo show, in quanto ogni differente idioma definisce alla perfezione cultura e comportamenti dei singoli personaggi. Ma non solo: la tensione palpabile che già serpeggia tra i passeggeri viene ulteriormente inasprita dall’impossibilità di comunicare tra loro, obbligandoli a fare ricorso solo ai gesti e alle espressioni facciali e rendendo i propri rispettivi segreti ancora più inconfessabili. Se proprio vogliamo trovare un difetto a questo stratagemma, però, è quello di inficiare negativamente sui dialoghi. In essi, infatti, non possiamo ritrovare la complessità che invece costituiva uno dei marchi di fabbrica di Dark. Speriamo che, nei due episodi finali – che non abbiamo potuto visionare in anteprima -, l’interconnessione sempre maggiore tra i destini dei passeggeri del Kerberos riesca a sopperire a questa mancanza di comunicazione.
Il cast di 1899: un faro in mezzo al mare
Esattamente come era successo in Dark, 1899 deve una buona parte della sua riuscita al cast, ampio, variegato e per lo più di provenienza europea. Non è facile tenere in equilibrio un così vasto insieme di personaggi (i più importanti sono almeno una dozzina) ma tutti gli attori riescono ad eccellere in egual misura, trovando un equo spazio di espressione grazie a quella struttura focalizzata – almeno nei primi episodi – sull’esplorazione dei personaggi e dei loro retroscena. A brillare particolarmente sono, però, il tedesco Andreas Pietschmann nei panni del capitano Eyk – che i fan di Dark riconosceranno come la versione adulta di Jonas – e l’attrice britannica Emily Beecham, che interpreta Maura. I due rappresentano il cardine della narrazione, accompagnando lo spettatore nel lento dipanarsi del mistero che aleggia sulla nave Prometheus e sui passeggeri del Kerberos.
La recensione in breve
A due anni dal finale di Dark, Baran bo Odar e Jantje Friese tornano con una serie tv che regala la stessa dose di mistero e suspense del suo predecessore, sebbene non possieda il medesimo fascino. Il puzzle realizzato dagli autori sembra inizialmente faticare a trovare il giusto incastro, ma pian piano prende forma rivelando tutte le interconnessioni tra i protagonisti e svelando un enigma oscuro quanto l'abisso. Ottima la scelta degli interpreti, esaltati ancora di più dalla possibilità di poter parlare nella propria lingua madre.
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Voto CinemaSerieTV