La miniserie Netflix In fiamme è ispirata alla storia vera del Crimine della Guardia Urbana avvenuto nel 2017. Rosa Peral e il suo amante Albert López (entrambi agenti della Guardia Urbana di Barcellona) sono stati accusati dell’omicidio di Pablo Rodríguez, allora marito di Rosa, avvenuto nelle prime ore del 1° maggio 2017. I due sono stati inoltre accusati di aver nascosto il corpo dell’uomo nel bagagliaio del loro veicolo e di averlo poi portato al lago artificiale di Foix, dove è stato bruciato. In fiamme racconta una storia dell’orrore, ma anche la ricostruzione di un caso di omicidio, con protagonisti Úrsula Corberó, Quim Gutiérrez e José Manuel Poga, che interpretano rispettivamente la coppia di assassini e la vittima.
La prima stagione di In fiamme è composta da otto episodi, che hanno tracciato le linee del caso di omicidio con protagonista Rosa Peral (Úrsula Corberó), ambientato nel maggio 2017. “I resti del poliziotto Pedro (José Manuel Poga) vengono ritrovati all’interno di un’auto bruciata nel bacino di Foix a Barcellona. Il ritrovamento non tarda a suscitare l’interesse dell’opinione pubblica, soprattutto quando le indagini iniziano a rivelare una rete di relazioni tossiche, inganni, violenze e scandali sessuali che coinvolgono il defunto e altri due poliziotti: la sua compagna Rosa e il suo ex fidanzato Albert (Quim Gutiérrez)”, recita la sinossi.
Rosa Peral, 42 anni, prima di entrare in polizia lavorava come cameriera in un locale notturno e, secondo Metropoli, i suoi ex colleghi avrebbero riferito che “gli uomini cadevano ai suoi piedi” e che molti venivano al locale solo per vederla perché “era molto bella e ballava molto bene“. Gli esperti forensi l’hanno descritta come egoista, con una bassa tolleranza alla frustrazione, durezza emotiva e scarsa empatia. Hanno anche sottolineato che era incapace di mantenere una relazione seria e stabile.
Rosa Peral era impegnata in una relazione con Pedro Rodriguez, la vittima, e con Albert López, l’altro assassino, nello stesso periodo, ma non era la prima volta che l’agente tradiva un partner. A 23 anni, è noto che avesse tradito Rubén, un poliziotto che aveva sposato e da cui aveva avuto due figlie, con Óscar, un sottoispettore di polizia. Peral era stata anche vittima di revenge porn: all’epoca, tutto lasciava pensare che Óscar avesse diffuso foto intime di Rosa. Quando il caso è stato portato in tribunale, la procura chiese una condanna da due a tre anni di carcere, ma non ha trovato prove contro di lui e il sottoispettore è stato assolto.
Nel marzo 2020, Rosa Peral è stata condannata a 25 anni di carcere per l’omicidio di Pedro Rodríguez, mentre il suo amante ha ricevuto una condanna a 20 anni. Sebbene all’epoca entrambi si fossero accusati a vicenda, la giuria ha giudicato colpevoli tutti e due.
Inoltre, a entrambi i condannati è stato ordinato di risarcire la famiglia della vittima con 885.000 euro. A causa della sua cattiva condotta, l’ex agente della Guardia Urbana è stata trasferita in altri istituti penitenziari per un totale di cinque volte.
Nel corso del processo, come dicevamo, entrambi gli imputati si sono accusati a vicenda. Rosa Peral ha accusato Albert López di aver ucciso il suo fidanzato per gelosia, mentre López ha accusato Peral di aver commesso l’omicidio perché in precedenza era stata aggredita dalla vittima e poi gli aveva chiesto aiuto per disfarsi del corpo. L’accusa ha sostenuto che i due hanno commesso l’omicidio come parte di un piano premeditato, in quanto avevano avuto una relazione in passato, che stavano cercando di ricucire. Di conseguenza, l’accusa ha chiesto 24 anni di carcere per López e 25 anni per Peral, accusandoli di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela.
La sentenza ha infine stabilito che gli amanti hanno mantenuto una relazione per diversi anni, a partire dal 2012. Dopo un periodo di separazione, nel 2017 hanno ripreso la loro storia d’amore, mentre Rosa Peral aveva una relazione anche con la vittima, con la quale viveva insieme da meno di sei mesi all’epoca dei fatti. Quando la vittima ha scoperto il tradimento, sono sorti “dubbi” e gelosia, che hanno portato i colpevoli a elaborare un “piano di vendetta” per sbarazzarsi di lui. Come si legge nel testo, “nella notte tra l’1 e il 2 maggio” di tre anni fa, gli imputati comunicarono tramite telefonate, prevedendo che Rodriguez sarebbe stato incosciente o “addormentato“.
“Ad un’ora imprecisata, nelle prime ore del mattino, uno dei due, o in comune, lo aggredì e lo uccise“, poi trasferirono il corpo nel bagagliaio della loro auto in una pista forestale nel bacino di Foix. Lì, “utilizzando un qualche tipo di combustibile, hanno dato fuoco al veicolo con il corpo della vittima all’interno, con il risultato che il corpo è stato quasi completamente carbonizzato dall’azione delle fiamme, senza resti o segni della causa violenta della morte“, conclude il documento.
I condannati hanno presentato ricorso contro la sentenza, ma senza successo. Sia l’Alta Corte di Giustizia della Catalogna che la Corte Suprema hanno confermato la condanna.