Call My Agent Italia è la serie tv del momento e sta riscuotendo molto successo il monologo di Paolo Sorrentino sulla scuola italiana, tanto da diventare virale. Il commento dell’artista è una riflessione sui genitori, in relazione all’educazione scolastica ed extra scolastica dei bambini.
In maniera amara il regista chiama sulla terrazza un suo collaboratore e inizia a raccontargli di un pomeriggio diverso dal solito, quello che l’ha portato ad accompagnare il nipote ai colloqui con i professori visto che i genitori lavoravano. Lì si è incontrato di fronte al “sentimento più orrendo dell’essere umano” e cioè l’entusiasmo immotivato. Da questo discorso Sorrentino si allarga a una riflessione più ampia, specificando anche come il ruolo del cinema non sia considerato dalla gente comune. Tira fuori poi un lungo monologo sul come ai bambini veniva lasciato più spazio per esprimersi attraverso il gioco e non con il forzato indirizzamento nei confronti di arti e mestieri.
Ecco il testo completo del monologo di Paolo Sorrentino in Call My Agent Italia: “Sabato i genitori lavoravano e dunque io ho portato mio nipote all’incontro semestrale genitori-figli. Sono la cosa più prossima alla morte. Puoi trovare, nella scuola, il sentimento più orrendo dell’essere umano. L’entusiasmo immotivato. Ha cominciato un genitore che suonava la batteria e ha detto che poteva fare un corso pomeridiano per i bambini. C’è stata una ola dei genitori e a quel punto la moglie che insegna macarena ha proposto di fare un corso dicendo che è importantissimo e genera entusiasmo. Applausi, giubilo, un consenso generale dei genitori. Un altro genitore, tracagnotto, uno di quelli che hanno un sacco di tempo libero, ha detto ma io guardo ciclismo in tv da mattina alla sera posso fare un corso di ciclismo. C’è stato un entusiasmo generale, come in preda a una droga più o meno sconosciuta. Tutti quanti hanno detto che era un’idea bellissima e ci sarebbero dovute essere solo le biciclette nel mondo perché macchine e motociclette inquinano. A quel punto la maestra mi guardava, sapevo che stava arrivando a me e mi ha detto che avrei potuto prendere una telecamera e filmare tutti i corsi che ci sono. Però, il consenso lì è stato più moderato perché il critico cinematografico, come sai bene, si muove con perseveranza nel cuore del genitore moderno. Io un po’ imbarazzato, balbettando, ho detto che i miei figli sono grandi ormai però quando erano piccoli andavano semplicemente a scuola e il pomeriggio giocavano per i fatti loro e anche in vacanza sono andati molto di rado perché io e mia moglie lavoravamo. E tutto sommato mi sembrano felici sti ragazzi. Hanno fatto scendere su di me un silenzio che si tributa solo agli ergastolani. Un nonno ex hippie ha detto con la mascella serrata “delinquente”, un’altra signora, madre di un figlio unico, mi ha puntato il dito e ha detto “assassino”. A quel punto io ho scritto una lettera a Dio. Gli ho scritto “Dio occupati tu dell’educazione, ma dei genitori”. È vera, la verità al cinema funziona solo con quei registi un po’ rachitici, io so generoso”.