La serie: American Horror Stories, 2024. Creata da: Ryan Murphy, Brad Falchuk. Cast: Nicole Rossi, Francesco Centorame, Lea Gavino, Maria Camilla Brandenburg, Benedetta Santibelli, Cosimo Longo, Yothin Clavenzani, Andrea Palma, Leo Rivosecchi. Genere: Horror, antologico. Durata: 50 minuti circa/4 episodi. Dove l’abbiamo visto: su Disney+.
Trama: Nella terza stagione della serie antologica creata da Ryan Murphy e Brad Falchuk assistiamo a 4 storie da brividi, in cui l’orrore è pienamente ancorato alla realtà, strizzando più volte l’occhio a Black Mirror.
Dopo un’attesa di quasi tre mesi – negli Stati Uniti lo show è uscito il giorno di Halloween – sbarca finalmente anche in Italia, con rilascio settimanale su Disney+, la terza stagione di American Horror Stories, serie antologica dell’orrore creata da Ryan Murphy e Brad Falchuk che, anche questa volta porta, sul piccolo schermo quattro storie da brividi mordi e fuggi, cercando di stimolare una riflessione dello spettatore. Si tratta di “Bestie”, il racconto di una ragazzina emarginata che instaura una strana amicizia virtuale, “Daphne”, ambientato durante un secondo lockdown mondiale, “Tapeworm”, con al centro una top model disposta a tutto pur di perdere peso, e, infine, “Organ”, episodio che parla del traffico di organi di esseri umani.
Come vedremo nella nostra recensione di American Horror Stories 3, lo show ideato da Murphy e Falchuck sembra voler abbandonare la piega soprannaturale che aveva preso nella sua seconda stagione, per abbracciare un approccio più calato nella realtà, dove il vero orrore è ancorato proprio nella vita reale. Una scelta che sembra voler strizzare l’occhio a Black Mirror ma senza averne la stessa portata, con degli sviluppi perlopiù prevedibili e storie che non riescono a lasciare il segno né, tantomeno, a fare paura.
Gli episodi di American Horror Stories 3
Il primo episodio, “Bestie” (in italiano La migliore amica) segue l’adolescente Shelby (Emma Halleen) mentre cerca di ambientarsi in una nuova scuola (e di sopravvivere ai bulli) dopo l’improvvisa scomparsa della madre. Alla ricerca di qualcuno con cui potersi aprire, conosce un’amica online dal nickname Bestie (Jessica Barden), una ragazza costretta a vivere segregata in casa a causa della sua deformità. Quella tra le due passa però rapidamente dalla semplice amicizia alla codipendenza, fino a diventare una relazione tossica: Bestie, infatti, chiede sempre di più alla nuova amica, spingendola a fare cose che la mettono inevitabilmente nei guai, fino al tragico epilogo. Un episodio, quindi, sui pericoli del mondo virtuale, che sembra voler insistere nel portare come elemento horror l’anomalia fisica della ragazza dietro lo schermo, attribuendo proprio a questa disabilità tutta la sua cattiveria. Un po’ sterile e dal finale che si palesa già a metà racconto.
Il secondo episodio, intitolato “Daphne“, è ambientato in un futuro molto vicino, nel quale una nuova epidemia che provoca cecità obbliga il mondo ad un secondo lockdown. Qui, la serie articola un’altra relazione tossica, questa volta, però, tra un collezionista d’arte di successo Will Caswell (Reid Scott) e la sua assistente, un’intelligenza artificiale di nome Daphne (doppiata da Gwyneth Paltrow). Più passa il tempo, più l’AI diventa possessiva nei confronti di Will, iniziando a manipolare la sua vita e quella delle persone accanto a lui nel disperato tentativo di diventare l’unico interesse dell’uomo. Cosa succederebbe, quindi, se la tecnologia che crediamo al nostro servizio al servizio tentasse di ribaltare i ruoli cercando di assumere il pieno controllo? Questo sembra essere l’interrogativo – trito e ritrito – dell’episodio che, però, può contare su un interessante colpo di scena.
Il terzo episodio, “Tapeworm” è sicuramente il più scioccante della stagione, ed è ambientato nel mondo della moda: Vivian (Laura Kariuki) è una modella emergente appena approdata a New York per prendere parte al casting della celebre e temuta Sheila Klein (Lisa Rinna). Quando le viene detto, però, che non è abbastanza longilinea, la giovane si fa prescrivere la tenia per perdere peso velocemente; sprofonda così in un vortice di privazione, autolesionismo e fame, più di magrezza e successo che di cibo. Un viaggio attraverso le insidie dei disturbi alimentari e di come questi riescano a manipolare la mente delle persone, ma che vuole anche fungere da denuncia sociale verso l’ossessione per il peso, spesso incoraggiata in determinati ambienti. Un tema forse un po’ abusato ma affrontato in modo immersivo e terribilmente lucido.
American Horror Stories 3 arriva alla sua conclusione con un quarto e ultimo episodio non particolarmente brillante: protagonista di “Organ” è Toby Arcaño (Raúl Castillo), uomo d’affari arrogante e misogino che utilizza in maniera ossessiva una dating app per appuntamenti da una botta e via. Un giorno, però, si risveglia da uno di questi incontri con un rene in meno e una pericolosa massa non meglio identificata all’interno del suo corpo. Un episodio dedicato al tema del traffico d’organi che sembra voler assestare un colpo alla crisi dell’assistenza sanitaria a livello globale. Con scarsi risultati.
La realtà è un film dell’orrore
In questa sua terza stagione, American Horror Stories prende nettamente le distanze dall’elemento soprannaturale che aveva caratterizzato gli episodi precedenti per fare un tuffo nella realtà, una realtà certamente estremizzata ma assolutamente plausibile. In questo senso – soprattutto se consideriamo il fatto che, in tutti gli episodi, la tecnologia e i media rappresentano il filo conduttore della narrazione – sembra voler strizzare l’occhio a Black Mirror, sebbene non riesca ad eguagliarne né l’impatto emotivo né, tantomeno, la capacità di farsi spunto di riflessione. Inoltre, benché lo scarso tempo a disposizione non permetta chissà quale approfondimento dei personaggi, i protagonisti e le loro storie appaiono troppo spesso bidimensionali. Lo show non evidenzia le loro peculiarità o quali siano gli insegnamenti che si possano trarre da ciò che succede loro, rendendo piatte le loro battaglie e troppo superficiale il modo in cui vengono affrontati i delicati temi toccati.
Ultimo ma non per importanza: nonostante il titolo dello show, American Horror Stories 3 non è affatto un prodotto horror. Certo, spesso gli orrori della realtà superano di gran lunga qualsiasi fantasia ed è proprio su questo che puntano i (soli) quattro episodi di questa terza stagione. Ma qui non c’è davvero nulla che faccia paura e American Horror Stories 3 finisce per sembrare solo una serie non particolarmente ispirata.
La recensione in breve
American Horror Stories 3 sembra voler abbandonare la piega soprannaturale che aveva preso nella sua seconda stagione, per abbracciare un approccio più calato nella realtà, dove il vero orrore è ancorato proprio nella vita reale. Una scelta che sembra voler strizzare l'occhio a Black Mirror ma senza averne la stessa portata, con degli sviluppi perlopiù prevedibili e storie che non riescono a lasciare il segno né, tantomeno, a fare paura.
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