La serie: Attrazione fatale, 2023. Creata da: Kevin J. Hynes, Alexandra Cunningham.
Cast: Joshua Jackson, Lizzy Caplan, Alyssa Jirrels. Genere: Thriller. Durata: 50 minuti/10 episodi.
Dove l’abbiamo visto: In anteprima, su Paramount+.
Trama: Dan Gallagher è un avvocato con una carriera lanciata e una vita perfetta. L’incontro con Alex Forrest, affascinante avvocatessa, rischia di cambiare tutto.
“Ho scelto la rabbia, ho scelto di perdere il controllo”. La serie tv che vi raccontiamo nella recensione di Attrazione fatale, in streaming su Paramount+ dal 1 maggio (con i primi tre episodi e poi con episodi ogni settimana), inizia in un modo inaspettato. Inizia dopo la fine della storia che conosciamo e che abbiamo visto al cinema negli anni Ottanta. Inizia dopo un assassinio. E il protagonista è un uomo invecchiato, provato, con la barba lunga. È in carcere, ed è davanti a una giuria per un’udienza. Ci tiene a dire perché ha ucciso quella donna.
Ha una figlia ormai grande, che va dall’analista, alla quale aveva detto che suo padre era morto. Ma, ora che sta per uscire, si sta riavvicinando a lui e si sta interessando al suo caso. Sono passati degli anni dai fatti che conosciamo. È questa la novità principale di una serie che riprende un film storico e lo rilegge, ma più che altro punta a prendere tempo, ad allungare il respiro del racconto per adattarlo al formato seriale. Ma lo fa per un racconto che non ne avrebbe bisogno.
La trama: Dan Gallagher, avvocato di successo, incontra Alex…
Dan Gallagher (Joshua Jackson) è un avvocato con una carriera lanciata, una bella moglie, Beth (Amanda Peet) e una bambina deliziosa, una bella casa nel verde. La classica vita perfetta, luminosa, immacolata. Ma, anche nelle cose immacolate, può capitare una macchia. Ed è l’incontro con Alex Forrest (Lizzy Caplan), affascinante avvocatessa. L’attrazione fra i due si sente a primo sguardo, a quel primo incontro, in tribunale. Dan, così dopo alcuni incontri, si lascia andare alla passione con lei…
Joshua Jackson e il confronto con Michael Douglas
Al centro della rilettura di Attrazione fatale non può che esserci, prima di tutto, la scelta di casting. Certo, probabilmente parte del pubblico che vedrà questa storia per la prima volta, vedrà i personaggi direttamente con questi volti. Ma è chiaro che Paramount+ punti forte sull’eredità di un marchio che evidentemente è considerato forte (anche la grafica dei titoli di testa richiama quella del film classico). E la serie richiamerà anche il pubblico che ha visto il film. E allora è inevitabile il confronto. Joshua Jackson, il Pacey Witter di Dawson’s Creek, è cresciuto, è maturato, ha avuto il suo ruolo da protagonista in Fringe e sembra trovarsi a suo agio nel suo ruolo di buon padre di famiglia, come in Little Fires Everywhere. Ma continua ad avere quel volto da pacioccone, da bambino, fin troppo rassicurante. Ogni volta che lo vediamo ci sembra sempre un ragazzo mai cresciuto, un attore che non ha quel sex appeal, quel volto roccioso, da uomo che sapeva essere un duro, che aveva Michael Douglas. È sicuramente un attore di talento, ma il confronto con Douglas ci sembra piuttosto impari.
Lizzy Caplan e l’eredità di Glenn Close
D’altro canto, Lizzy Caplan, che non vedevamo dal bellissimo Masters Of Sex, è una presenza molto particolare. È mora, dove Glenn Close era bionda platino, una sorta di simbolo di quella che poteva essere considerata la femme fatale negli anni Ottanta. Lizzy Caplan ha i capelli ricci, a caschetto, è meno appariscente e molto più intrigante. Gli occhi grigio verde sono, al solito, magnetici, il sorriso arcaico è enigmatico, insinuante. Vestita con una giacca di pelle nera, è una di quelle donne che per risultare attraenti non debbano mettersi in mostra. Il sex appeal esce da sé. E, dopo averla vista in Master Of Sex, sappiamo che Lizzy Caplan di sex appeal ne ha da vendere. La sua Alex, rispetto all’originale, pare più romantica, più dolente, più sfaccettata. Si misura con un mostro sacro come Glenn Close, ma nel suo caso, nel confronto, non sfigura affatto, anzi.
Non è detto che ogni film debba generare una serie
Guardando Attrazione fatale, poi, viene spontanea un’altra riflessione che non siamo soliti fare spesso. Anche se siamo nell’età dell’oro delle serie tv, nell’era della spasmodica ricerca dei contenuti per le piattaforme di streaming, non è detto che ogni film debba per forza trasformarsi in una serie, o generare una serie. La storia di Attrazione fatale era semplice e diretta: nelle due ore di un film aveva il suo pieno svolgimento, il suo arco narrativo perfetto. L’incontro del protagonista con l’amante, l’esplosione della passione, il rifiuto, le ritorsioni, l’escalation degli eventi e lo scontro finale.
Il tempo conciso del racconto dava tensione, ansia. La regia sottolineava tutto questo con inquadrature perfette: pensate alla famosa scena dello specchio con il vapore e capirete di cosa stiamo parlando. Nella serie Attrazione fatale ci sembra che la sceneggiatura giri intorno ai fatti principali, provi a prendere tempo, provando ad espandere la storia, allungarla, per raggiungere il formato dei 10 episodi. Cambia anche il tradimento, che, rispetto all’originale, avviene più volte, e sembra suggerire una relazione più che la storia di una notte. Guardando una storia come quella di Attrazione fatale, però, si sa cosa andiamo a vedere e si aspettano i momenti chiave, i più spettacolari, i più emozionanti. E i tempi più lunghi ci sembrano far perdere ritmo alla storia.
Non aggiunge molto al film di Adrian Lyne
Il fatto che in qualche modo la storia sia un semplice remake, o quasi, non aiuta. Perché le espansioni seriali dei film spesso hanno avuto un’angolatura particolare: sono stati prequel, sequel, requel, hanno spostato la storia su un singolo personaggio in particolare. In questo senso, Attrazione fatale prova a non essere la semplice riproposizione dei fatti del film. Un tentativo c’è, ed è l’idea di vedere la storia ex post, dopo la morte di un personaggio e la condanna di un altro. C’è così un’altra storyline, legata al tempo presente, accanto alla storyline principale, che viviamo come un lungo flashback. Che porta in sé una sorta di mistero, di detection. Perché, se a quell’udienza per la libertà vigilata Dan aveva detto ai magistrati di avere deciso di “togliere la vita” alla vittima, una volta fuori confessa alla figlia di non essere stato lui. Questo “dopo”, questa cornice che si aggiunge alla storia principale, insieme alla figura della figlia Ellen da grande (Alyssa Jirrels), di fatto un personaggio nuovo, dona alla serie un qualcosa in più. Che però, probabilmente, non basta. Attrazione fatale, in formato serie tv, è gradevole, ma non aggiunge molto allo storico film di Adrian Lyne.
La recensione in breve
Nella recensione di Attrazione fatale vi abbiamo parlato di una serie che riprende un film storico e lo rilegge, ma più che altro punta a prendere tempo, ad allungare il respiro del racconto per adattarlo al formato seriale. Ma lo fa per un racconto che non ne avrebbe bisogno.
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