La serie: Disclaimer – La vita perfetta, 2024. Creata da: Alfonso Cuarón. Cast: Cate Blanchett, Kevin Kline, Sacha Baron Cohen, Kodi Smit-McPhee, Louis Partridge Genere: Thriller, drammatico. Durata: 45 minuti circa/7 episodi. Dove l’abbiamo visto: al Festival del Cinema di Venezia, in lingua originale.
Trama: Un’acclamata giornalista scopre che un terribile segreto del suo passato sta per essere rivelato attraverso le pagine di un romanzo che sembra proprio parlare di lei.
A chi è consigliato? A chi non ha paura di affrontare un thriller complesso, a tratti gravoso.
Dopo il Leone d’oro per il miglior film ricevuto alla 75ª Mostra di Venezia per il suo Roma, Alfonso Cuarón sbarca di nuovo al Lido, questa volta non in concorso e non con un lungometraggio. Disclaimer – La vita perfetta è infatti una serie tv, un thriller in 7 episodi basato sul romanzo omonimo di Renée Knight e con protagonisti Cate Blanchett, Kevin Kline e Sacha Baron Cohen. Partendo da una vicenda tragica e da come questa venga raccontata nelle pagine di un libro, lo show evidenzia come la tendenza – a volte molto pericolosa – di formulare giudizi affrettati possa demolire l’identità di una persona, trasformandola in un riflesso di ciò che gli altri credono. Lo fa avvalendosi della performance ipnotica della sua attrice protagonista e di una sceneggiatura interessante che, però, soprattutto nei suoi ultimi episodi, finisce per scadere nel grottesco, con personaggi – soprattutto quello di Kline – troppo caricaturali e una narrazione eccessivamente didascalica: aspetti che analizziamo approfonditamente in questa recensione.
La serie debutterà su Apple TV+ l’11 ottobre con i primi due episodi, mentre gli altri cinque usciranno ogni venerdì fino al 15 novembre.
Un terribile segreto
Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett) è un’acclamata (e temuta) giornalista, conosciuta soprattutto per i suoi documentari nei quali espone figure istituzionali alla gogna pubblica, portando alla luce situazioni scabrose e illeciti. La sua vita viene però sconvolta quando riceve un libro anonimo che svela i dettagli più oscuri del suo passato, trasformandola da osservatrice imparziale a protagonista di un incubo personale. Man mano che la donna tenta di scoprire chi sia l’autore di questo misterioso libro, si trova infatti a fare i conti con eventi che sperava di aver sepolto e con il rischio di perdere tutto ciò che ha costruito, compresi i rapporti con il marito Robert (Sacha Baron Cohen) e con il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee). Una lotta contro il tempo che mostra il sottile confine tra verità e menzogna, evidenziando come la percezione della realtà possa spesso essere manipolata e come i segreti, una volta svelati, possano avere conseguenze devastanti.
Il peso del giudizio
Il personaggio di Catherine ha trascorso la propria carriera ad esporre le ingiustizie nella vita degli altri quando, improvvisamente, si trova dall’altra parte della lente di ingrandimento. Noi facciamo la sua conoscenza in concomitanza con l’inizio di questa crisi esistenziale, non sappiamo niente della donna se non qualche dettaglio sul suo lavoro e sulla sua famiglia e, ovviamente, ciò che di lei ci viene detto dagli altri. Veniamo infatti a conoscenza del suo segreto – e, così, di uno spaccato della sua vita – , dalle pagine del libro, parole che, inevitabilmente, riflettono quella che è la verità di chi lo ha scritto. Ma cos’è successo davvero e, soprattutto, chi è Catherine? Quel mostro che l’autore del romanzo, distrutto dal dolore, vuole dipingere o c’è, invece, qualcosa di più? Quanto il giudizio – non importa se infondato o meno – su una persona influenza l’idea che noi ci facciamo su di essa?
Disclaimer mette in luce un aspetto centrale della nostra società: la tendenza – a volte molto pericolosa – di formulare sentenze sugli altri, di formulare giudizi rapidi, spesso basati su frammenti di verità o, peggio, su ciò che qualcuno dice piuttosto che sui fatti concreti. È un processo che spesso rassicura, come se trovare qualcuno “peggiore di noi” ci aiutasse a convivere meglio con le nostre insicurezze. Tuttavia, come mostra la vicenda della protagonista, queste percezioni distorte possono demolire l’identità di una persona, trasformandola in un riflesso di ciò che gli altri credono, piuttosto di ciò che è realmente. Per questo, è importante avviare una riflessione profonda sull’importanza del modo in cui ci percepiamo e sull’immagine che proiettiamo di noi stessi: chi siamo veramente, e quanto di ciò che gli altri vedono è frutto della verità?
Chi ben comincia… può sempre peggiorare
La serie, dopo aver suscitato grande curiosità e coinvolgimento nei suoi primi quattro episodi grazie a una trama piuttosto intrigante e a una costruzione narrativa complessa, scivola progressivamente in un thriller dai contorni grotteschi. In particolare il personaggio di Stephen, interpretato da Kevin Kline, diventa via via sempre più caricaturale, perdendo credibilità e sfumature. E anche le situazioni alle quali assistiamo, che nelle prime ore sembravano sottili e ben orchestrate, diventano man mano forzate e al limite del surreale, con un’evoluzione narrativa che sembra stridere con le premesse iniziali.
Inoltre, la narrazione soffre di una scelta stilistica problematica: l’uso costante di un VoiceOver, che non solo è onnipresente ma anche caoticamente mutevole, cambiando spesso persona e tempo verbale. Questo espediente, pensato probabilmente per aggiungere una dimensione riflessiva e multilivello alla storia, finisce invece per risultare didascalico e invadente, rompendo l’immersione dello spettatore e creando una dissonanza fastidiosa. Così, queste scelte registiche, invece di arricchire la complessità della trama, appesantiscono il racconto, portandolo su un piano meno raffinato e lontano dalla tensione e dal mistero che avevano caratterizzato i primi episodi.
La recensione in breve
Disclaimer evidenzia come la tendenza - a volte molto pericolosa - di formulare giudizi affrettati possa demolire l'identità di una persona, trasformandola in un riflesso di ciò che gli altri credono. Lo fa avvalendosi della performance ipnotica della sua attrice protagonista e di una sceneggiatura interessante che, però, soprattutto nei suoi ultimi episodi, finisce per scadere nel grottesco, con personaggi - soprattutto quello di Kline - troppo caricaturali e una narrazione eccessivamente didascalica.
Pro
- L'interpretazione ipnotica di Cate Blanchett
Contro
- Troppo spesso scade nel caricaturale e nel grottesco
- L'uso eccessivo del VoiceOver
- Voto CinemaSerieTV