Titolo episodio: The Princess and the Queen La serie: House of the Dragon (id.) del 2022. Regia di: Miguel Sapochnik Cast: Paddy Considine, Emma D’Arcy, Matt Smith, Olivia Cooke.
Genere: fantasy, drammatico. Durata 67 minuti. Dove lo abbiamo visto: in anteprima stampa, in lingua originale.
Trama: Anni dopo le vicende dello scorso episodio, lo scontro a corte tra Rhaenyra e Alicent prosegue, coinvolgendo i rispettivi figli. Daemon riceve una proposta alettante.
Il tempo non scongiura le lotte, ma – anzi – se possibile le accentua. Il Trono di Spade è sempre stata una serie dedicata al conflitto più grande di tutti, quello generazionale, tra genitori e figli, tra profezie e libero arbitrio, tra il vecchio e il nuovo mondo. Non è un caso che House of the Dragon, il prequel ambientato circa due secoli prima alla nascita di Daenerys Targaryen, venga presentato proprio in base a queste coordinate. Perché non è solo la storia degli antenati Targaryen che ci viene raccontata, ma – quasi a creare un legame ancora più stretto e tragico con la serie madre – è proprio nel destino di Daenerys che quel conflitto s’infiammava trovando un triste epilogo. Lì era la principessa che voleva diventare regina, pronta a rompere le tradizioni che finivano per divorarla, facendola ricadere nel sangue ribollente e folle della casata a cui apparteneva; qui lo scontro avviene tra due personaggi diversi, ma la sostanza non cambia.
In questa nostra recensione di House of the Dragon 1×06 vogliamo proprio puntare i riflettori sullo scontro tra una regina e una principessa, che nonostante una vecchia amicizia e il trascorrere degli anni, vedono le loro due visioni del mondo fronteggiarsi. In questo senso, la scelta azzardata e imprevista di mantenere, per la sigla della serie, lo stesso tema musicale della serie madre, diventa simbolo di una storia che si ripete, pur sempre affascinante, ma che cede il passo a un racconto sin troppo riconoscibile e accomodante.
La trama fa un salto in avanti
Sono passati dieci anni dagli eventi dell’episodio precedente. Dieci anni in cui, nonostante una convivenza a corte, il conflitto tra la regina Alicent e la principessa Rhaenyra non ha accennato a diminuire, coinvolgendo le persone intorno a loro. A partire dai mariti, succubi della volontà delle protagoniste. Come re Viserys ormai invecchiato, quasi costretto a vivere solo attraverso i suoi ricordi ma senza la forza di un grande reggente, mezzo cieco di fronte alla realtà dei fatti. O come Laenor, marito di Rhaenyra sulla carta, affettuoso nei suoi confronti, ma costretto a recitare costantemente un ruolo che, col trascorrere del tempo, lo imprigiona sempre più.
Tanto che la mela della discordia, legata come sempre a una faccenda di potere e successione, deriva proprio dalla nascita del terzo figlio di Rhaenyra, che come i precedenti sembra assomigliare al comandante della Guardia Cittadina Ser Harwin più che a un Velaryion. Ciò nonostante, i figli di Rhaenyra costituiscono una minaccia per Alicent e i suoi figli, dai bianchi capelli, puro DNA del padre Targaryen, eppure secondi in linea di successione. L’amicizia che intercorreva tra le due ragazze è solo un lontano ricordo e Alicent farà di tutto per screditare la figlia di Viserys.
Prova di regia
Con un time jump davvero importante, che ha diviso a metà la prima stagione, House of the Dragon riparte considerando questo sesto episodio alla stregua di un nuovo inizio. E che inizio! La regia di Miguel Sapochnik fa tutta la differenza del mondo e bastano le prime inquadrature dell’episodio (poco più di due in dieci minuti, in piano sequenza) per affrontare e digerire l’importante cambio attoriale, di cui parleremo tra poco.
Un nuovo inizio che coincide anche con la scena, lunga e dolorosa di un parto. Prima rimanendo concentrati sul volto sofferente di Rhaenyra, poi seguendola insieme al marito mentre raggiunge le stanze della regina e del re per mostrare il nuovo nascituro. Due sequenze che colpiscono per efficacia e che descrivono in brevissimo tempo tutti i dieci anni che ci sono stati negati alla visione. La Rhaenyra zoppicante, ancora dolorante dal parto, ma fiera e forte che mette in primo piano l’onore (pur non tradendo una dimensione tutta umana e fragile) tanto da mettere in secondo piano il marito Laenor, attore costante nel teatrino che sono i corridoi di corte. Un’inquadratura, unita ai finti sorrisi e alle frasi pronunciate a bassa voce, che descrive la prigione tra le mura in cui sono costretti a vivere i personaggi.
Veterano de Il Trono di Spade, Sapochnik padroneggia ampiamente la dimensione narrativa dell’episodio, che si pone a cavallo tra un episodio intento a descrivere il nuovo status quo della serie e portarne avanti, di gran passo, la narrazione. Al di là dell’impatto iniziale, però, il tutto si normalizzerà. Forse pure sin troppo.
L’onore e la decenza di un prequel
Onore e decenza sono i due elementi che la regina Alicent utilizza per giustificare le sue azioni, spinte invece da una sete di potere sempre crescente. Come lei, anche House of the Dragon, arrivati alla sesta settimana di programmazione, intende continuare a sottolineare come sia il prequel perfetto e inaspettato della serie madre. Serie che, lo ricordiamo, nel corso delle ultime stagioni aveva perso quel giudizio unanime, venendo talvolta aspramente criticata. House of the Dragon ci tiene a ricordare allo spettatore che quello che sta guardando è il ricordo migliore che il pubblico ha de Il Trono di Spade.
Non è un caso che tornano più spesso i corpi nudi (a volte anche in maniera gratuita, va detto), ci si concentra sugli intrighi di corte e si tentano di replicare alcune situazioni che danno un amaro sapore di déjà vu. Soprattutto nel finale dell’episodio assistiamo all’entrata in scena definitiva di un personaggio che non può non ricordarne altri di Game of Thrones. Ciò che continua a mancare è, invece, una sensazione di storia epica appartenente a un periodo della storia di Westeros che verrà poi celebrato e cantato dai menestrelli. House of the Dragon è una serie minore per definizione, che fa del suo essere limitata (e crediamo anche in senso narrativo, dato che molte cose avvengono con lo stesso ritmo e la stessa velocità di alcuni eventi delle ultime due stagioni della serie madre) il suo carattere predominante. Perdendo, però, un po’ di quella forza – visiva ma anche tematica – di cui avrebbe necessità.
Come ne Il Trono di Spade con Daenerys e Cersei, anche qui lo scontro maggiore, tra una principessa e una regina viene replicato, attraverso personaggi sì diversi, ma che accomodano lo spettatore in trame e sviluppi che non sorprendono quanto dovrebbero. Una realizzazione a regola d’arte che, però, non compie mai un passo ulteriore. L’unico conflitto che manca è proprio quello tra questo prequel e la serie madre, che rimane una regina irraggiungibile da questa timida principessa.
Nuove attrici, vecchi attori
Colpisce la scelta di cambiare il volto e il corpo delle due attrici protagoniste. Non tanto per aver sottolineato il passaggio di tempo che intercorre tra gli ultimi due episodi (stiamo parlando di dieci anni), piuttosto per aver limitato il cambio di cast a loro due. Sia chiaro, Emma D’Arcy nel ruolo di Rhaenyra e Olivia Cooke in quello di Alicent funzionano e sanno mostrare tutto il loro talento (e ancora una volta basterebbero i primi dieci minuti per rendersene conto e non poterlo negare) e la scelta di un recast potrebbe anche simboleggiare il cambiamento non solo estetico ma anche interiore dei loro personaggi (che risultano ancora una volta i più interessanti del lotto).
Strania, però, vedere che il mondo e i volti intorno a loro non sono cambiati più di tanto. Paddy Considine viene ricoperto di make-up per dare vita a un Viserys ormai stanchissimo e affranto. La bravura dell’attore non si discute (e come sa usare il corpo mentre si muove per evidenziare il cambiamento e la vecchiaia), ma sotto il ben riuscito trucco riconosciamo un volto conosciuto e a cui ci eravamo abituati. Il Daemon di Matt Smith sembra non essere invecchiato di un giorno, mentre i vari comprimari sono rimasti assolutamente simili, nonostante qualche cambio di pettinatura o un taglio di barba che racconta il decennio intercorso.
La scelta di sacrificare Milly Alcock ed Emily Carey, proprio a metà stagione, proprio quando le cose si stavano facendo interessanti ed erano ormai diventate icone della nuova serie lascia un po’ di amaro in bocca. Non solo per questa scelta a metà che, in campo seriale, colpisce sicuramente, quanto perché così facendo House of the Dragon rinuncia a costruire una sua propria mitologia iconografica. Ora dovrà ricominciare da capo, ma avrà bisogno di ben altro rispetto a una solida messa in scena.
La recensione in breve
Il sesto episodio di House of the Dragon (1x06) ha il sapore di un nuovo inizio. Nuovi equilibri e nuovi eventi fanno accelerare la narrazione, a cui continua a mancare però un vero senso dell'epica. Legata all'epoca d'oro preferita dai fan de Il Trono di Spade, House of the Dragon sembra non voler costruire una vera propria identità. Il cambio delle attrici protagoniste, nonostante la bravura di Emma D'Arcy e Olivia Cooke, strania un po'.
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