Titolo episodio: The Lord of the Tides La serie: House of the Dragon (id.) del 2022. Regia di: Geeta Vasant Patel Cast: Paddy Considine, Emma D’Arcy, Matt Smith, Olivia Cooke.
Genere: fantasy, drammatico. Durata 65 minuti. Dove lo abbiamo visto: in anteprima stampa, in lingua originale.
Trama: Anni dopo gli eventi dell’episodio precedente, un problema di successione si presenta a Driftmark. Le conseguenze riuniranno le famiglie Targaryen e Velaryon ad Approdo del Re.
Tutti gli uomini devono morire. Non solo una frase che racchiude un malinconico destino, ma anche una schietta verità delle leggi della natura. Ed è proprio la morte, elemento che è stato sempre preponderante nel mondo creato da George R. R. Martin, sia come elemento a effetto per i colpi di scena, sia come ingrediente necessario a cambiare lo status quo dei personaggi, l’assoluta protagonista di questo ottavo episodio di House of the Dragon. Lo è non solo per la rappresentazione grafica che spesso e volentieri la serie HBO, disponibile su Sky e NOW, ha utilizzato per scioccare e sconvolgere, ma anche come naturale conseguenza della vita. Un destino che non sorprende, se non nel momento in cui si compie.
Questa nostra recensione di House of the Dragon 1×08 non può che partire dalla morte per raccontare, ovviamente senza spoiler, uno dei migliori episodi della stagione, che usa ancora una volta il fattore tempo per mettere in scena un’umanità sporca che prova a esorcizzare i propri demoni. Un episodio di grande scrittura e recitazione, che sembra dare finalmente una forte identità a questo spin-off prequel molto spesso succube della serie madre.
La trama: riunione di famiglia
Sono passati più di sei anni dalle vicende che avevano chiuso lo scorso episodio, con il matrimonio avvenuto tra Rhaenyra e Daemon e un conflitto sempre maggiore tra i figli della principessa e quelli della Regina: i primi, nati da una relazione extraconiugale; i secondi che incarnano perfettamente il sangue dei Targaryen. In questi anni la Triarchia ha ripreso potere dando inizio a un’altra guerra nella quale Lord Corlys sembra essere stato gravemente ferito. Si apre così una discussione sulla successione al Trono di Legno: la dinastia Velaryon a capo di Driftmark viene difesa dal fratello di Corlys Vaemond, ma Rhaenyra vuole rispettare il volere del reggente, con suo figlio Luke come erede.
Una discussione che solo re Viserys ad Approdo del Re può trovare soluzione ed è lì che le due casate si ritroveranno, scoprendo però un’amara verità. In questi anni Alicent e suo padre Otto Hightower stanno reggendo il potere a causa della malattia del re che lo debilita sempre di più. Forse sarà l’ultima occasione di un incontro per tutte le casate riunite, alla ricerca di un ultimo tentativo di pace e fratellanza. Ma vecchi dissapori sembrano difficili da digerire, anche a distanza di tempo.
Lo scorrere del tempo
Ed è proprio il tempo il protagonista principale di quest’episodio. Solitamente (era già successo più volte nel corso di questa stagione) quando House of the Dragon sceglieva di far trascorrere più anni da una puntata all’altra assistevamo a una specie di “nuovo primo episodio” continuo. Nuove storyline da comprendere, nuovi equilibri, addirittura nuove attrici pronte a cambiare volto ai personaggi simbolo di questa serie. Si trattava di un cambiamento necessario, che evitava un eccessivo allungamento degli eventi per saltare direttamente al punto narrativo importante. Rimaneva, però, quella strana sensazione di una storia che faticava a decollare davvero, a causa di queste continue interruzioni del flusso temporale, che davano l’impressione di una nuova partenza.
Sensazione che quest’ottavo episodio rigetta totalmente. Forse consapevoli di essere arrivati ormai nell’atto conclusivo della stagione, gli autori di House of the Dragon regalano sì un nuovo punto di partenza, ma che sa tirare le fila di una narrazione che procede sin dal primissimo episodio. Si assiste, quindi, a un vero e proprio episodio che sancisce un punto di non ritorno, che ha davvero le possibilità non solo di cambiare il racconto della serie, ma anche di donarle un’identità più precisa e meno derivativa rispetto alla serie madre, a cui House of the Dragon troppo spesso si ispirava.
Soprattutto, finalmente percepiamo davvero lo scorrere del tempo: lo vediamo nelle ragnatele lasciate crescere agli angoli, alla polvere posata che imbalsama gli oggetti, alla figura di un re che fino a questo momento era stato il collante di tutti i personaggi (e che ancora ci prova a esserlo) ormai stanco e debilitato. Uno scorrere che non solo avvicina lo spettatore alla dimensione più mortifera del racconto, sottolineando un destino inevitabile, ma che dona una dimensione davvero più epica alla narrazione. House of the Dragon sembra essersi tolta una patina di sorella minore de Il Trono di Spade e ha dimostrato di essere cresciuta.
Come si narrano le storie
Dovessimo riassumere in brevissimo ciò a cui stiamo assistendo in House of the Dragon, potremmo dire che – sia presa individualmente che all’interno dell’universo narrativo di Game of Thrones – ciò che ci viene raccontato sono l’ascesa e la caduta. Di un regno, di un mondo, di una famiglia. Un racconto che non presenta particolari novità di per sé, ma che brilla grazie alla maniera in cui viene raccontato. Se già nello scorso episodio House of the Dragon aveva dimostrato un’attenzione particolare alla messa in scena e alla regia, qui siamo contenti di notare come il tutto venga confermato con un episodio che sembra non avere una nota fuori posto.
Sia a livello di scrittura, supportata da una recitazione collettiva talmente perfetta da lasciare sbigottiti, che di pura messa in scena (con una serie di inquadrature mute che solo grazie alle immagini raccontano molto di più di quello che potrebbero fare le parole), The Lord of the Tides dimostra una qualità rara, dando vita a una serie di sequenze a cui è difficile rimanere indifferenti. Un ottimo esempio di storytelling che attraversa tutto lo spettro delle emozioni: dalla tensione alla commozione, dalla fredda logica calcolata della lotta al potere a esplosioni emotive che parlano direttamente alla pancia.
Viva il re!
Olivia Cooke ed Emma D’Arcy si confermano due ottime protagoniste. Dopo un paio di episodi in cui la scelta di sostituire il cast principale ci aveva lasciato interdetti, possiamo dire che le due incarnano perfettamente due più mature (e calcolatrici) Alicent e Rhaenyra. Matt Smith catalizza su di sé l’attenzione anche rimanendo in secondo piano (ma che belle le sue poche parole, i suoi mugugni, il tono sarcastico con cui concede la sua voce all’orecchio di chi sbeffeggia) e colpisce l’interpretazione di Ewan Mitchell nel ruolo di un cresciuto Aemond Targaryen, silenzioso ma capace di creare un personaggio ricco di fascino e pericolo nonostante debba recitare con un solo occhio.
Ma c’è un attore che surclassa tutti in quest’ora di The Lord of the Tides ed è Paddy Considine. Corpo sofferente di un re invecchiato, ma ancora spinto a credere nei suoi principi, Considine regala a Viserys un commovente e potente ritratto di un sovrano che usa ogni singola forza rimasta per unire la famiglia fratturata. Ogni respiro pesante, ogni movimento del corpo, ogni sguardo e ogni parola colpiscono come la punta di una lama, alzando di molto la riuscita dell’episodio. Una sequenza incredibile parla per tutte: l’ingresso del re nella sala del Trono. Un momento straordinario che racchiude tutto il senso del racconto epico, la costruzione di una mitologia e rappresenta sullo schermo quell’inesorabile tempo che passa e fugge. Semplice e potente.
La recensione in breve
L'ottavo episodio di House of the Dragon (1x08) è una perla della stagione. Intimo ed emozionante, prosegue la storia regalando sequenze potentissime che non lasciano indifferenti. Dimostrazione di una scrittura e una messa in scena curatissime, supportate da un cast in stato di grazie (soprattutto Paddy Considine). Un'ora pressoché perfetta che dona alla serie una propria identità che ci auguriamo non possa perdere più.
- Voto CinemaSerieTv