Titolo episodio: The Heirs of the Dragon. La serie: House of the Dragon (id.) del 2022. Regia di: Miguel Sapochnik. Cast: Paddy Considine, Milly Alcock, Matt Smith, Emily Carey.
Genere: fantasy, drammatico durata 66 minuti. Dove lo abbiamo visto: anteprima stampa, in lingua originale.
Trama: 172 anni prima delle vicende di Daenerys, la casa dei Targaryen regnava sui Sette Regni. Ma scegliere l’erede del re Viserys I Targaryen non è affatto facile: sia il principe Daemon, fratello di Viserys, che la principessa Rhaenyra, primogenita del re, reclamano il Trono di Spade. Sarà l’inizio di una tensione che potrebbe mettere a repentaglio il regno.
Si potrebbe partire dal cuore di tutto. House of the Dragon, la serie tv prequel de Il Trono di Spade (dal 22 agosto in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in contemporanea assoluta con gli Stati Uniti), ambientata quasi 200 anni prima le vicende raccontate in quella che è stata una vera pietra miliare della storia della televisione, pulsa intorno al concetto di eredità e successione. Non solo per le vicende narrate al suo interno, che tra poco approfondiremo, ma anche per essere un’opera che intende proseguire ed espandere l’universo narrativo seriale del mondo creato da George R. R. Martin. Il tutto a distanza di poco più di tre anni da un arrivederci discusso, un ultimo ciclo di 6 episodi, quello dell’ottava stagione di Game of Thrones, che ha trasformato l’amore dei fan in cieca rabbia.
Con queste premesse ci si rende presto conto che House of the Dragon porta sulle sue spalle un peso non indifferente: deve cercare di ristabilire un legame con il proprio pubblico, scottato dal finale della serie madre, deve narrare una storia che possa non solo intrigare ma anche valorizzare ulteriormente la decisione di espandere l’universo narrativo, e infine deve dimostrare di poter essere una serie capace di ereditare quella qualità che ormai, per produzioni di questo tipo, è diventata lo standard. Insomma, il re che eredita il trono non deve far rimpiangere il sovrano precedente. E come vedremo nella nostra recensione del primo episodio di House of the Dragon, lo show sembra rispettare le aspettative. Anche se ancora sembra mancare di una propria identità.
La trama: ricomincia il gioco del trono
Si potrebbe dire che, andando indietro nel tempo di 172 anni, anche il racconto stesso sia tornato alle origini. La trama di House of the Dragon sembra riportare la mitologia di Westeros a quella primordiale domanda che aveva fatto appassionare gli spettatori di tutto il mondo nel 2011: chi salirà sul Trono di Spade? Una domanda che ritorna prepotentemente sin dalla prima scena, che funge da prologo all’intera storia, in cui il vecchio re Jaeherys I accetta la decisione di un consiglio di lord e sovrani su chi dovrà succedergli alla sua morte. Due sono i pretendenti al Trono, entrambi parte della stessa famiglia (i Targaryen, non dobbiamo dimenticarlo, praticano l’incesto per mantenere puro il sangue di drago che scorre in loro), nipoti del re: il primo è Viserys (Paddy Considine), la seconda è Rhaenys. Proprio quest’ultima idealmente sarebbe la naturale discendente per ragioni d’età, la più legittimata a sedersi sul Trono di Spade alla morte dello zio, se non fosse che il mondo sembra non essere pronto per una donna al potere. A Jaeherys succederà Viserys, mentre Rhaenys verrà presto ricordata da tutti come “La Regina Che Non Fu Mai”.
Ma i problemi di successione sono destinati a continuare durante il regno del nuovo reggente. Rhaneyra (Milly Alcock), la primogenita di Viserys, dovrebbe essere l’erede al Trono legittima, ma anche in questo caso il suo essere una donna la penalizza. Daemon Targaryen (Matt Smith), zio di Rhaenyra e fratello minore di Viserys, guerriero dalle grandi doti ma dal carattere instabile, diventa presto l’erede presuntivo. Gli intrighi e i conflitti per la successione spaccheranno in due la famiglia Targaryen, dando inizio a quella che verrà ricordata nella Storia come “La Danza dei Draghi“.
Un episodio introduttivo
In questo primo lungo episodio (più di un’ora) non bisogna aspettarsi, però, subito i fuochi d’artificio. Come nella migliore tradizione della serie madre, anche House of the Dragon sceglie la via più rilassata e introduttiva per dare avvio alla storia che intende raccontare. Gli eredi del Drago (questo il titolo dell’episodio) si prende tutto il tempo necessario non solo per presentare i personaggi (che non sono pochi) e definirne il carattere, ma anche per reintrodurre lo spettatore in un mondo riconoscibile, eppure diverso da quanto ricordava. A darne un indizio è la musica stessa, dove il celebre tema musicale di Ramin Djawadi, ancora una volta compositore, si interseca con nuove partiture, rappresentando quindi la volontà di inserire coerentemente questo nuovo prequel nell’universo narrativo del Trono di Spade.
Ritornare nel mondo de Il Trono di Spade
House of the Dragon sembra quindi dialogare costantemente con la serie madre, a partire da quelle prime inquadrature, subito dopo la sigla, che sembrano ricollegarsi a uno degli episodi più discussi dell’ultima stagione, quel The Bells in cui Daenerys Targaryen bruciava, cavalcando il drago, l’intera Approdo del Re. Il regista Miguel Sapochnik, dietro la macchina da presa di entrambi gli episodi, costruisce fin da subito quel riferimento visivo che contribuisce senza alcun dubbio a legare le due serie, amalgamando ciò che già conosciamo con le novità. Eppure, bisogna ammettere che di novità in questa prima ora ne troviamo ben poche. Quasi consapevole di arrivare forse a ferita ancora aperta, House of the Dragon sembra più interessata a rassicurare il proprio pubblico, cercando di rasserenare gli animi degli spettatori delusi da tre anni e riportando Il Trono di Spade all’acclamazione unanime delle sue prime stagioni.
Un more of the same che se da un lato rinfocola un fascino mai del tutto sopito verso quel mondo appassionante, e che la fa risultare degna erede, anche in senso produttivo, della serie dei record, dall’altro si pregia di una comfort zone sin troppo rassicurante. Ritornare a Westeros ha un sapore dolceamaro eppure magnetico, ed è con questa speranza che, arrivati ai titoli di coda, attendiamo l’episodio successivo, desiderosi di scoprire la vera identità di questo nuovo progetto che al momento sembra mancare.
La forza del cast
Quanto sono essenziali i personaggi in House of the Dragon? Esattamente quanto lo erano ne Il Trono di Spade, forse anche di più. La serie, basata come prevedibile su numerosi dialoghi che le donano un immancabile e gustoso stampo teatrale, trova la sua forza nel numeroso cast e in particolar modo nel carisma dei suoi protagonisti. Paddy Considine incarna un perfetto re, allo stesso tempo duro ma amabile, ma la scena gli viene rubata dai due suoi eredi al trono: Matt Smith, nelle cui vene sembra scorrere davvero tutto il sangue dei Targaryen, e Milly Alcock. Quest’ultima prosegue la lunga tradizione di forti personaggi femminili che già Il Trono di Spade ci aveva presentato, dimostrandosi sin da subito la fiamma più ardente della serie, capace di catalizzare su di sé quello che sembra il tema preponderante del racconto: l’emancipazione di una donna in un mondo fortemente maschile. Non stentiamo a credere che il volto di Alcock possa divenire presto simbolo e icona dell’intera serie, complice anche un personaggio che sin dalle primissime inquadrature sembra flirtare con il pubblico.
Con una quantità non indifferente di personaggi, che potrebbero di primo acchito confondere gli spettatori, House of the Dragon fa leva sulle prestazioni attoriali, costantemente in parte e contributori di una tangibilità materica al mondo in cui vivono. Forse è proprio questo il pregio migliore della serie: riportare nella messa in scena una sorta di dimensione analogica appartenente al passato, tanto che i pochi momenti di piena CGI (come la presenza dei draghi) appaiono quasi fuori luogo, seppur di pregevole fattura.
Oltre l’ombra del drago
Il rischio maggiore, su cui il nostro giudizio rimane volutamente in sospeso, è che House of the Dragon non riesca a uscire dall’ombra del predecessore, incapace di replicarne la forza attrattiva. Se perdoniamo questa titubanza data dal carattere introduttivo del primo episodio, la speranza è quella di poter cavalcare a dovere questo nuovo drago. Se Il Trono di Spade, nel raccontare un passaggio generazionale, si chiudeva con un pessimismo cinico di fondo (le colpe dei padri ricadranno sui figli incapaci – nonostante i proclami – di cambiare il mondo), specchio degli anni dell’amministrazione Trump, House of the Dragon potrebbe ribaltarne la prospettiva.
Proprio con l’importante sottolineatura dell’erede femminile, legittima ma non approvata dalla chiusura mentale di un intero sistema, la serie potrebbe trovare la sua carta vincente, rendendo lo scontro interno alla famiglia Targaryen non solo un problema di successione, ma anche rappresentazione di un primigenio errore che si presenta anche nel nostro mondo contemporaneo. Resta da capire che tipo di drago stiamo cavalcando: se una bestia vogliosa di infuocare al grido di “Dracarys!” o un mansueto animale domestico, regale da vedere, ma timido di carattere.
La recensione in breve
Il primo episodio di House of the Dragon è un piacevole ritorno alle atmosfere e gli intrighi nel mondo de Il Trono di Spade. Dal sapore introduttivo, la serie prequel vanta una forte realtà produttiva per appagare visivamente lo spettatore e un cast di talento per dare vita ai nuovi personaggi. Forse sin troppo rassicurante e attento a dare al pubblico tutto ciò che ama di quel mondo, House of the Dragon è l'erede perfetto di Game of Thrones. In attesa di trovare una sua identità.
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