Il film: Il giovane Berlusconi, 2024. Regia: Simone Manetti. Cast: Giovanni Minoli, Pino Corrias, Iva Zanicchi, Marcello Dell’Utri, Fedele Confalonieri, Carlo Freccero, Adriano Galliani, Achille Occhetto, Stefania Craxi, Jack Lang, Gigi Moncalvo, Vittorio Dotti, Anne Sinclair, Carlo Momigliano e Fatma Ruffini. Genere: Documentario. Durata: 50 minuti circa/3 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix.
Trama: Il giovane Berlusconi ripercorre il successo del Cavaliere dai suoi esordi come imprenditore all’invenzione della televisione commerciale alla metà degli anni ’70 fino alle elezioni politiche del ’94.
A chi è consigliato? A chiunque voglia scoprire e analizzare la figura di un uomo che, nel bene e nel male, ha fatto la storia del nostro Paese, soffermandosi soprattutto sulle strategie imprenditoriali e di comunicazione.
La docuserie Il giovane Berlusconi, disponibile su Netflix, ripercorre il successo del Cavaliere dagli esordi come uomo d’affari all’invenzione della televisione commerciale a metà degli anni Settanta e alle elezioni politiche del ’94. Composta da tre episodi ricchi di dettagli e testimonianze inedite, è un viaggio nel passato di uno degli uomini più influenti dell’Italia contemporanea. Come vedremo nella nostra recensione de Il giovane Berlusconi, questa nuova proposta Netflix analizza come Berlusconi è stato il profeta di una società felice della propria ricchezza, entusiasta della propria vitalità eppure viziata allo stadio terminale, drogata di una superficialità e di una gioia che allora al primo posto nella scala dei valori, ma che oggi hanno avuto altre e più pesanti conseguenze. Esplorare questa società, il cambiamento di quel mondo dalla prospettiva “alta” di Berlusconi è forse il valore più importante di questa serie, racconto lucido, tra gioia e distopia, di una spietatezza vincente.
La televisione è tutto ciò che ruota attorno alla pubblicità
![Una foto di Silvio Berlusconi](https://cinemaserietv.it/wp-content/uploads/2024/04/Da-Fallout-a-Il-giovane-Berlusconi-le-migliori-serie-in-streaming-della-settimana.jpg)
Silvio Berlusconi, come molti in quegli anni, si dedica all’edilizia. Creò Milano 2, una città futuristica immersa nel verde, dove, per evitare la selva di antenne sui tetti, progettò, per la prima volta in Italia, di collegare l’intera città con un cavo coassiale. Così, nel 1974, nacque un televisore nel sottoscala al servizio dei vicini, che potevano seguire le messe, le riunioni condominiali, le attività sportive dei figli e la pubblicità del negoziante accanto. Nessuno avrebbe immaginato che di lì a poco l’emittente condominiale TeleMilanoCavo sarebbe diventata uno dei maggiori gruppi televisivi privati d’Europa. Berlusconi percepisce un accordo: la televisione privata è il business del futuro. Vuole programmi vivaci, colorati ma allo stesso tempo rassicuranti, e la pubblicità deve essere la loro linfa vitale. Il monopolio della Rai viene aggirato dal cosiddetto “pizzone” di Berlusconi, una cassetta registrata di programmi e pubblicità che viene distribuita a tutte le emittenti affiliate a Canale5, che ha sostituito TeleMilano, in tutta Italia.
Con questo trucco rudimentale ma geniale, una piccola tv locale milanese riesce a farsi sentire in tutta Italia e a vendere molta pubblicità. E così, durante la sanguinosa fine degli “anni di piombo”, Berlusconi fa sognare i telespettatori, descrivendo un’Italia che ancora non esiste, ma che si rivelerà di lì a poco. Intere generazioni crescono davanti ai teleschermi del gruppo Fininvest, che trasmettono quiz, soap opera, serie tv americane, cartoni animati giapponesi, programmi di calcio e sitcom.
Berlusconi si rivolge al consumatore e agli inserzionisti, mentre la televisione di Stato si rivolge al cittadino: da questo momento in poi i confini tra i due mondi diventano labili, la comunicazione di Berlusconi forma un nuovo pubblico, che presto si trasferirà all’elettorato. E non finisce qui: per tutti gli anni Ottanta l’impero di Berlusconi cresce in modo spettacolare, inglobando non solo la televisione e la pubblicità, ma anche case editrici, giornali, riviste, assicurazioni, banche, catene di negozi e una squadra di calcio, il Milan, rendendo ancora più popolare la sua immagine di imprenditore di successo.
L’istantanea di una società che si trova in una fase di svolta storica
![Silvio Berlusconi](https://cinemaserietv.it/wp-content/uploads/2024/04/A©-Vittoriano-Rastelli_CORBIS_Corbis-via-Getty-Images-Silvio-Berlusconi-accanto-a-una-serie-di-colonne-di-televisori-maggio-1986-colore-1024x688.jpg)
La storia raccontata da Il giovane Berlusconi, che inizia negli anni Settanta con l’acquisizione delle prime reti televisive locali e la nascita di Milano 2, poi si snoda attraverso il trionfo yuppie degli anni Ottanta con Mediaset e il Milan, per concludersi infine con la nascita di Forza Italia, è quella di un successo inarrestabile, di una lungimiranza geniale e miracolosa, ma soprattutto è l’istantanea di una società che si trova in una fase di svolta storica. In questa storia di successo, dietro la figura quasi messianica del Cavaliere si intravede quella del manipolatore, si intuisce sullo sfondo il ruolo che la retorica del disimpegno, dell’edonismo e della spregiudicatezza avrebbe avuto sullo stato attuale della democrazia e sulla cultura odierna della post-verità e della post-ideologia.
Così come Berlusconi ha anticipato lo zeitgeist del XXI secolo, una società in cui tutto è contenuto, mercificato e spettacolarizzato, la storia della sua strategia imprenditoriale e della sua conquista shakespeariana del potere anticipa un mondo come il nostro, in cui la propaganda politica diventa tanto più sottile e insidiosa quanto più è aperta nelle sue intenzioni.
Berlusconi scende in campo: la nascita del product placement
![Silvio berlusconi e Marcello Dell'Utri](https://cinemaserietv.it/wp-content/uploads/2024/04/Il-giovane-Berlusconi-la-recensione-della-docuserie-Netflix-1024x682.webp)
In questo senso, la radicale differenza di Berlusconi dal resto della classe politica precedente (un’intera puntata ruota attorno alla caduta di Craxi e Tangentopoli) appare al tempo stesso storicamente necessaria ma surreale: uno dei momenti più assurdi ma stranamente veritieri della serie è proprio quello in cui Canale 5 viene chiusa ma la popolazione protesta effettivamente per riavere i propri programmi televisivi tra cui, incredibilmente, I Puffi. Una situazione bizzarra, quasi ridicola, ma che ben racconta la stagnazione della cultura ufficiale, la voglia di cambiamento e di modernità del Paese, ma anche la sostanziale frivolezza e superficialità di un elettorato che, fondamentalmente, chiedeva solo pane e circo.
Il punto è proprio questo: in quel momento la televisione di Stato, così come lo Stato stesso nelle persone dei suoi politici, dei suoi partiti e della sua politica, erano tragicamente antiquati, fossilizzate in posizioni mantenute per decenni, incapaci di seguire efficacemente i dettami della modernità. L’arrivo delle reti di Berlusconi, i suoi progetti visionari di Milano 2, l’acquisto del Milan che in una versione più amichevole e popolare imitava l’aristocratica freddezza del clan Agnelli, il cambiamento portato dalle varie Mediaset, Publitalia e così via è stato miracoloso: una ventata di freschezza che ha praticamente cancellato l’obsolescenza di una cultura ufficiale, finendo per sostituirla – ma abbassando irreversibilmente il tono del discorso pubblico.
Quella stessa grazia salvifica, quella modernità radicale, ha però aperto la strada al product placement, alla propaganda semi-nascosta, allo strapotere con cui i media tengono ancora oggi per la gola la coscienza collettiva. Verso la fine del secondo episodio e per tutto il terzo, viene poi raccontato un momento di crisi che rappresenterà retrospettivamente il culmine della traiettoria berlusconiana: il crollo quasi simultaneo del Muro di Berlino, di Craxi, dell’intero sistema politico con Tangentopoli, l’indebitamento e gli investimenti sbagliati. Da superpredatore alfa messo all’angolo, Berlusconi si gioca tutto e si butta nel mondo della politica, alzando ulteriormente la posta ma vincendo tutto. Da quel momento in poi, la politica diventerà cultura pop, i partiti simili a macchine aziendali, la comunicazione ufficiale e gli espedienti per ottenere il consenso teatrali. È la nascita del mondo moderno, ben lontana dal semplice “lieto evento”.
La recensione in breve
Attraverso il racconto dell'ascesa del Cavaliere, la docuserie Il giovane Berlusconi analizza come le fondamenta del mondo mediatico e politico attuale siano state gettate e di come "l'uomo del fare" abbia sfruttato le sue abilità di comunicatore, seduttore e venditore, anticipando un mondo come il nostro, in cui la propaganda politica diventa tanto più sottile e insidiosa quanto più è aperta nelle sue intenzioni.
Pro
- L'analisi lucida delle strategie imprenditoriali e comunicative di Berlusconi
- Un parterre di voci eteronegenee che accompagnano la narrazione
Contro
- L'ombra del passato più recente di Berlusconi e degli scandali si fa sentire, ma non viene mai affrontata
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Voto CinemaSerieTv