La serie: Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del potere, del 2022. Creata da J. D. Payne e Patrick McKay. Cast: Morfydd Clark, Robert Aramayo, Charles Edwards e Ismael Cruz Córdova.
Genere: Fantasy. Durata: 60 minuti ca./8 episodi. Dove lo abbiamo visto: In anteprima stampa, al cinema, in lingua originale.
Trama: Dopo la battaglia contro Morgoth, soltanto Galadriel pensa che il Male non sia stato ancora sconfitto. Nel frattempo il risveglio dell’Oscurità coinvolge anche il regno degli Elfi e dei Nani. Mentre i Pelopiedi affrontano l’arrivo di un misterioso meteorite.
Il dilemma di ogni Portatore dell’Anello è sempre lo stesso: lo userò per i miei interessi o per il bene del mondo? Nel mio cuore c’è cupidigia o altruismo? Alcuni immaginano il signor Amazon come Smeagol, stupefatto dal ritrovamento di un tesoro inestimabile come le opere di Tolkien, pronto a tenerselo stretto perché consumato dall’avarizia. Altri, invece, sperano che il colosso entri nella Terra di Mezzo con un altro spirito, cercando di condividere quell’enorme potere con rispetto e allo stesso tempo con il coraggio di immaginare nuove storie. L’immaginazione chiama immaginazione.
Dev’essere stata questa la scintilla creativa alla base de Gli Anelli del Potere. Laddove altri hanno visto malafede e voglia di sfruttare una proprietà intellettuale amatissima tradendola senza alcun rispetto. Apriamo la nostra recensione de Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del potere (di cui abbiamo visto i primi due episodi al cinema) rassicurandovi: l’ambiziosa serie Amazon ha fatto le cose come si deve. Perché da una parte ci ha fatto tornare nella Terra di Mezzo mostrando lo stesso tatto avuto da Peter Jackson con la trilogia cinematografica. Dall’altra ha avuto l’ambizione di riempire le zone vuote lasciate da Tolkien con nuovi personaggi e nuovi eventi. Un equilibrio difficile da trovare, eppure raggiunto con grande naturalezza. Adesso vi raccontiamo come.
Tante trame per domarci
Mettiamo subito le cose in chiaro per evitare equivoci. Nonostante il suo titolo (quello sì, tanto furbo quanto travisabile), Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere non ha alcun tipo di legame narrativo con le gesta di Aragorn, Gandalf e prodi. Questo perché la serie tv è ambientata nella Seconda Era della Terra di Mezzo, ovvero migliaia di anni prima delle avventure di Frodo. Il primo episodio, però, affonda le sue radici in un passato ancora più remoto, mostrandoci uno scorcio della Prima Era. E ancora una volta, proprio come fece Jackson nel prologo de La Compagnia dell’Anello, si parte nel cuore della guerra.
Siamo nel pieno della Battaglia contro Morgoth. L’Oscuro Signore, mentore di Sauron, viene creduto sconfitto, ma la combattiva Galadriel è una delle poche a dubitare della sua caduta. Decisa a vendicare suo fratello, l’elfa lotta contro tutte le perplessità del suo popolo e si mette sulle tracce di un Male latente, che sembra serpeggiare e muoversi nell’ombra. Un oscuro risveglio che coinvolge anche una comunità di umani, controllata a vita dall’elfo silvano Arondir. Nel frattempo, il popolo nomade dei Pelopiedi (antenati degli hobbit) deve fronteggiare la caduta di un meteorite dalla quale fuoriesce un misterioso Straniero tutto da decifrare. Un effetto domino di eventi più o meno nefasti che scomoderà presto anche gli operosi nani di Khazad-dûm, invitati a fare la loro parte per un disegno più grande.
Personaggi per ghermirci
Fin dalle premesse Gli Anelli del Potere punta tutto su una grande coralità di personaggi e sottotrame. Gli eventi si spostano di continuo da una storyline all’altra, tessendo con grande pazienza e il giusto ritmo una narrazione ammaliante, capace di restituire il giusto respiro epico alla serie. Una scelta, quella della coralità, che almeno nei primi due episodi serve soprattutto a preparare il terreno di un immaginario ricco, rinunciando a un approfondimento dei protagonisti. Eppure, grazie a una scrittura raffinata nelle sfumature e allo stesso tempo pragmatica, le intenzioni e le motivazioni dei personaggi emergono in modo lampante.
Su tutte la caparbietà di una Galadriel lucente e carismatica, che riempie la scena grazie al carisma spontaneo di un’ottima Morfydd Clark. Sul suo volto ci sono tracce familiari di Cate Blanchett (provate a guardarla bene negli occhi) e allo stesso tempo irrompe una furiosa voglia di nuovo, lontana da qualsiasi paragone.
Paragoni impossibili da non scomodare ripensando alla pelopiede Nori, che fa convivere gli occhi puri di Frodo e il buon cuore di Sam. Nota di merito anche per Arondir, efficace a livello iconografico (in barba a tutte le polemiche sul colore della sua pelle) e Durin IV, il principe dei nani che nel secondo episodio ci introduce dentro lo splendido regno nanico. Nonostante la coralità, però, c’è un filo conduttore che unisce i destini di tutti loro. Laddove le future avventure avrebbero imposto a Frodo e Bilbo di partire per l’avventura, questa volta Gli Anelli del Potere sembra raccontarci quanto ogni tanto l’impresa sia restare e non andare via. Attaccarsi alle radici, lottare per il proprio posto. A volte l’eroismo si trova anche nei gesti più semplici. E chi conosce la Terra di Mezzo lo sa bene.
E nel grande fantasy incatenarci
Se abbiamo scomodato le parole di Gandalf il Grigio (pronunciate ne Lo Hobbit), è perché guardare Gli Anelli del Potere è stato come tornare a casa. Una casa che pensavi di conoscere, e invece ti sorprende con qualcosa di nuovo, di familiare e allo stesso tempo inaspettato. Il merito è prima di tutto di una direzione artistica ispirata, maestosa nelle scenografie, accurata nei costumi ed evocativa grazie a una splendida colonna sonora. Il tutto richiama tantissimo l’estetica della trilogia di Peter Jackson, costante (e secondo noi imprescindibile) riferimento iconografico della serie. Una serie talmente imponente nella messa in scena da stare stretta in qualsiasi schermo che non sia quello di un cinema. Certo, Gli Anelli del Potere ha una fotografia più lucente della Trilogia dell’Anello, ma è una scelta coerente con la narrazione, che parte in un periodo di apparente pace, in cui tutto sembra più spensierato e solare, con l’Oscurità ritenuta ormai sconfitta.
Tutto viene suggellato da una scrittura paziente, capace di prendersi i suoi tempi (senza rinunciare al ritmo), infondere umanità nei personaggi e allo stesso tempo raccontare affidandosi solo e soltanto alle immagini. Dire tutto senza dire niente. È questa la grande impresa riuscita a Gli Anelli del Potere. Perché in questa serie non c’è scenografia, oggetto o albero che non racconti qualcosa. Tutto è impregnato di mito, tutto trasuda storia di popoli e culture. Proprio come faceva la Trilogia di Jackson (citato da Baiona da alcuni movimenti di macchina e da qualche inquadratura grottesca degna del buon Peter). Difficile non emozionarsi quando capisci che tutto è stato fatto con amore e rispetto, percependo cura certosina (da veri hobbit) verso ogni singolo filo d’erba che appare sullo schermo
Come nelle grandi storie
Sì, forse qualcuno avrà storto il naso davanti a quest’ultima frase. Perché come può esserci amore e rispetto quando qualcuno osa tradire Tolkien stesso? Come si fa a non intravedere cupidigia e forzature davanti a questo lavoro di pura immaginazione? Dipende solo dagli occhi con cui si guarda questa serie. Dalla predisposizione d’animo con la quale accettare o respingere quest’opera. Un’opera che ha alle spalle un lavoro filologico enorme, che ha riempito i vuoti (o unito i puntini, come preferite) lasciati da Tolkien nelle Appendici de Il Signore degli Anelli. Eventi solo suggeriti, fatti trascurati, cose accennate che Gli Anelli del Potere ha re-immaginato provando a sintonizzarsi con il lascito di Tolkien stesso. Un’eredità pesante, un fardello opprimente come l’Unico Anello, che gli autori hanno gestito con grande disinvoltura. Perché rimanere schiacciati dalla soggezione era facile, e invece questa volta conoscere davvero le opere ha permesso loro di assorbirle, farle proprie, anche quando sembrano tradirle prendendosi troppe libertà.
A volte si avverte qualche forzatura narrativa, qualche minuscola concessione di troppo alla serialità mainstream e qualche cambio di tono brusco, ma sono piccole crepe dentro un affresco straordinario. Dopotutto è questo il destino delle grandi storie, dei miti e delle leggende. Come quelle che venivano tramandate a voce dall’antichità fino a noi. Nel passaggio da vecchie voci e nuove orecchie vengono cambiate, alterate, arricchite o svuotate, in qualche modo tradite. È così che funziona: la tradizione diventa tale anche grazie al tradimento. E la storia della Terra di Mezzo, che grande, mitica e leggendaria lo è per davvero, cammina ancora tra noi. Cammina e cambia. Come tutte le cose ancora vive.
La recensione in breve
Ambiziosa, coraggiosa e allo stesso tempo rassicurante. Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere ci fa riabbracciare la Terra di Mezzo esplorando con amore miti e leggende di un immaginario fantastico che non smette di affascinare. Una serie tv visivamente sontuosa, che punta sulla coralità per raggiungere l'epica. Al netto di qualche forzatura, il senso delle grandi storie arde in ogni sua inquadratura.
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