La serie: Kaos, 2024. Creata daCharlie Covell. Cast: Sebastian Croft, Charithra Chandran, Tanner Buchanan, Kunal Nayyar, Nick Frost, Guz Khan, Lucy Punch, Daisy Jelley. Genere: Commedia, fantastico. Durata: 60 minuti circa/8 episodi.Dove l’abbiamo visto>: Su Netflix, in lingua originale.
Trama: Mentre sul Monte Olimpo regna la discordia e l’onnipotente Zeus si fa prendere dalla paranoia, tre mortali sono destinati a rimodellare il futuro dell’umanità.
A chi è consigliato? A chi vuole farsi una scorpacciata di dark humor; a chi vuole entrare in una folle corsa con tanto da sviscerare.
La mitologia greca ha un repertorio immenso e profondo di storie e leggende interpretabili da una miriade di prospettive differenti. Charlie Covell, mente creativa dietro all’amatissima serie tv Netflix The End of the F***ing World, torna sulla piattaforma streaming con Kaos, una visione unica e singolare di questi antichi miti convertiti, in alcuni casi, in opere d’arte da rinomati pittori e scultori. Una nuova serie originale che cerca di dare un approccio contemporaneo a questa serie di favole, rappresentando figure come Zeus, Era, Poseidone o Ade come governanti che ricevono richieste dai loro seguaci e sudditi.
Come analizziamo nella nostra recensione della nuova aggiunta seriel su Netflix, puntare su Kaos significa vincere a mani basse. Dopo averla vista, qualcuno potrebbe rimproverare la mancanza di più sangue o sesso esplicito, come abbiamo visto, per esempio, in American Gods, ma questa serie non ha bisogno di più di qualche scena di quel tono per condire ciò che è terrificante nel suo complesso: piuttosto, sceglie di scrivere la storia nel segno del dark humor, rivolgendosi allo spettatore come protagonista, amico, complice e anche nemico.
Kaos: la minaccia della profezia
Lo showrunner di Kaos ci presenta la famiglia degli dei greci per eccellenza, al loro massimo livello di potere, la cui venerazione da parte degli umani rimane intatta, fatta eccezione per quei pochi scettici della casa troiana, pieni di motivi per odiare quelli che considerano i loro nemici, assolutamente assenti alle sofferenze dei loro servi. È da questo piccolo dubbio che inizia la serie, da questo Zeus che, pur sapendo di essere onnipotente e infallibile, comincia a sentire il peso dell’incertezza, cioè di qualcosa che sfugge alla sua onniscienza. Da lì all’anarchia assoluta, il resto lo potete immaginare: il re degli dei dell’Olimpo pensa di aver abbandonato la sua personalità suprematista e, nonostante abbia giurato di non essere come suo padre Crono, la sua tristezza esistenziale torna a essere tirannica.
Fonte di ispirazione apparentemente inesauribile per la cultura pop, la mitologia greca ha rivoluzionato le tecniche di animazione con La furia di Titani, è diventata un viaggio adolescenziale con Percy Jackson e nel corso degli anni è passata da popolare a lugubre. Proprio questa familiarità forse permette a Kaos di reinterpretare la mitologia in modo così smielato e cartoonesco: nel mondo idealizzato da Charlie Covell, l’umanità crede ancora negli dei greci e li loda allo stesso modo della fede cristiana, islamica o indù. Templi e statue sono stati costruiti nelle grandi metropoli in nome di Zeus, Era e Poseidone, e la credenza in profezie e punizioni divine detta l’indottrinamento. E, come ci raccontano gli antichi greci nei loro miti, questi dei camminano sulla terra come esseri umani per godere della loro superiorità nel modo più banale possibile.
Kaos aggiorna i miti per decostruirli dal punto di vista del secolo scorso
Pur conservando l’aura di entità mitologiche, gli dèi di Kaos sono delle versioni ridicole di se stessi. Zeus (Jeff Goldblum) sfoggia una tuta da ginnastica ricamata con fulmini; Poseidone (Cliff Curtis) sfila in costume da bagno colorato sul suo yacht in mezzo al Mediterraneo, quasi sempre accompagnato dalla moglie di Zeus, Hera (Janet McTeer), in versione divina di una delle protagoniste di Desperate Housewives. Ciò che rimane sono i loro ego gonfiati e le dispute interne per il potere che, come dice il titolo della serie, potrebbero portare al caos totale del mondo.
Questa associazione tra divinità e status sociale ed economico non è una novità nella nostra cultura delle celebrità, e diverse opere hanno affrontato l’argomento; nell’Olimpo di Kaos, ciò che conta è conservare o conquistare questo status, i cui simboli sono adattati per amplificare il divario sociale che ci differenzia. Così, lo splendido palazzo di Zeus sul Monte Olimpo è un palazzo uscito direttamente da Hollywood, mentre gli Inferi sono rappresentati come un incubo kafkiano di funzionari inespressivi. Ade (David Thewlis) si toglie le vesti di imperatore degli inferi e appare quasi come il direttore di produzione di una fabbrica che sta per implodere.
Covell dimostra una complessa padronanza della mitologia greca e una mano agile nell’adattare quelle storie ai nostri tempi, rendendo facile per gli spettatori che hanno familiarità o meno con i miti apprezzare questo dramma intriso di commedia nera con un superbo Jeff Goldblum, che dà vita a uno Zeus scatenato nel bel mezzo di una crisi personale: l’Olimpo sta per finire e il padre di tutti gli dei deve prendere decisioni difficili per salvare il suo trono e la sua posizione.
Anarchia è verità?
Se l’irriverenza delle sue entità è il grande fascino di Kaos, la serie perde forza quando si allontana dalla sua narrazione principale. Alcune scelte ostacolano lo sviluppo di certi personaggi, che finiscono per essere trascurati e lasciati senza funzione narrativa per quasi metà della stagione. Tuttavia, c’è un fil rouge narrativo che accomuna tutti, che viaggia sempre riflettendo sul senso della vita: cosa significa essere umani? Senza paura di rivelare spoiler, diremo che i personaggi, sia dei che uomini, discutono sull’origine e sul destino di ogni persona. Perché in fin dei conti sono tutti uomini, con più o meno potere, ma hanno tutti una nascita e una morte scritte.
Ed è qui che appare il protagonista più sibillino: la profezia. Perché tutto questo pasticcio nasce dall’importanza che sembra avere uno dei presagi delle Moire interpretati in modo sensazionale: una linea appare, l’ordine tramonta, la famiglia cade e il kaos regna. Cioè, questa linea che appare come un chiaro riferimento al filo che crea e distrugge, può o meno, a seconda delle convinzioni (come pregano le Parche), far vacillare l’ordine e far prevalere il caos. Come? Evidentemente, nulla può cambiare se non cambia il rapporto contaminato tra gli dei e gli uomini, se non si equalizzano le forze, se non si rivela la natura così com’è. Si tratta sempre di uomini, e Kaos lo chiarisce, in senso diretto e anche metaforico: tutti alla ricerca della verità dietro il mito infranto che l’anarchia porta con sé.
La recensione in breve
Kaos offre una reinterpretazione contemporanea della mitologia greca estremamente pungente, con un cast stellare e una sceneggiatura altamente coinvolgente.
Pro
- Un Jeff Goldblum - letteralmente - in stato di grazia
- La penna arguta con cui lo showrunner riscrive il senso contemporaneo del mito
- Un cast incredibilmente azzeccato
Contro
- Non tutte le storyline convincono allo stesso modo
- Voto CinemaSerieTv