La serie: Le indagini di Belascoarán, 2022. Creata da: Paco Ignacio Taibo II. Genere: Poliziesco. Durata: 90 minuti ca./3 episodi Dove l’abbiamo visto: In anteprima stampa, su Netflix.
Trama: Héctor lascia il lavoro in azienda e il suo monotono matrimonio per diventare un detective e risolvere scioccanti crimini a Città del Messico negli anni ’70.
L’investigatore privato sui generis. I casi che si intersecano con la sua vita personale. L’ufficio arrangiato e la bontà unita alla sbruffonaggine del protagonista. Tutte caratteristiche che troveremo nella recensione de Le indagini di Belascoarán, la nuova serie in lingua spagnola disponibile dal 12 ottobre su Netflix, composta da tre episodi da un’ora e mezza ciascuno. Proprio nella tradizione dei grandi polizieschi, come i nostrani Petra, Montalbano e Coliandro. A quest’ultimo in particolare sembra assomigliare un po’ il protagonista della serie, ma non possiede sicuramente lo stesso appeal e non sortisce lo stesso effetto sugli spettatori.
La trama: da ingegnere annoiato a detective privato
Siamo nella Città del Messico degli anni ’70. Héctor Belascoarán Shayne decide di dare una svolta alla propria vita che lo annoia e non lo soddisfa. Così lascia la moglie e il lavoro in azienda come ingegnere gestionale per diventare un detective privato e risolvere i crimini che la polizia è troppo occupata o troppo corrotta per risolvere. Questa in soldoni la trama, o meglio il punto di partenza. Una sorta di Robin Hood dei delitti che vuole rendere giustizia alle vittime troppo spesso dimenticate tra le pagine dei giornali quando non fanno più notizia. Diventa così detective attraverso un corso per corrispondenza e trova un ufficio a poco prezzo che deve dividere… con un idraulico.
Tutti gli aspetti raccontati finora potrebbero farci sembrare il protagonista, interpretato da Luis Gerardo Méndez (che per Netflix aveva già recitato in Narcos: Messico), un adorabile figlio di p****na. In realtà la sua voce fuori campo, che spesso entra a gamba tesa per narrare le vicende dei personaggi, risulta fastidiosa e un po’ fuori luogo. La caratterizzazione del protagonista non ha esattamente lo stesso effetto, ma non va molto oltre la bidimensionalità del personaggio nato da una serie di romanzi, adattati da Paco Ignacio Taibo II, sia per scrittura che per interpretazione. Anche gli altri personaggi che vanno a fare da corollario, come l’affascinante ombrellina di auto da corsa Irene interpretata da Paulina Gaitán o la sorella insegnante e sindacalista col volto di Irene Azuela, aggiungono molto poco alla narrazione.
Tu vuò fà l’americano
È evidente come Le indagini di Belascoarán voglia imitare lo stile americano ma anche europeo dei crime sempre più frequenti e di successo, che propongono un protagonista carismatico e sui generis. Luis Gerardo Méndez non rientra totalmente in queste due categorie e non riesce sempre a divertire, emozionare o sorprendere come vorrebbe. Belascoarán fuma ma non ha un cappello, non rientra nello stereotipo del detective privato (a parte l’essere costantemente spiantato) ma non riesce a raggiungere quell’equilibro che lo avvicinerebbe agli spettatori.
Non omaggia il genere noir, sembra avvicinarsi a tratti più al poliziottesco, complice la cornice anni ’70. Non rientra infatti totalmente nemmeno nell’omaggio al classico fondato sui colpi di scena, perché sono altalenanti nel corso delle indagini e dei casi da risolvere. Vuole trattare anche temi importanti come la depressione e il suicidio giovanili, i diritti degli operai nelle grandi fabbriche, ma non sempre ha gli strumenti per farlo. Le serie in lingua spagnola finiscono per essere spesso eccessive ed esasperate, nella messa in scena come nella recitazione. Qui il problema sembra più il non essere né carne né pesce in un menu con tanta concorrenza.
Qualcosa di inedito
Anche nelle indagini di Belascoarán il nostro “Robin Hood del crime” ha però qualche freccia al suo arco. L’aspetto davvero inedito e interessante della serie è il rapporto quasi guerrigliero con la polizia, per denunciare una situazione di corruzione dilagante in quegli anni in Messico. Una realtà molto diversa da quelle che siamo abituati a vedere negli show televisivi, anche quelli d’epoca come questo. L’altra caratteristica che salta all’occhio è il rapporto coi media, che vengono addirittura sfruttati in un Paese in cui il problema era proprio farsi sentire.
È così che grazie alla sua conoscenza (potremmo dire ossessione), l’aspirante detective per corrispondenza partecipa a un gioco a premi in tv in cui il tema sono gli strangolatori più famosi della storia. Utilizza quella platea per trovare le informazioni, i testimoni, gli indizi di cui ha bisogno per risolvere il caso. Vorrà utilizzare anche i soldi della vittoria, nel caso ci arrivi, perché “lui non fa questo mestiere per soldi”. La prima indagine su cui si ritroverà a lavorare parte infatti proprio da uno strangolatore seriale.
Di Belascoarán, insomma, una volta finito l’episodio, viene meno la voglia di continuare con il prossimo caso… se non fosse che il finale di una puntata strizza l’occhio a quale sarà il caso della successiva. Anche la durata risulta forse eccessiva; probabilmente avrebbe giovato dell’ora canonica per un genere come quello crime.
La recensione in breve
Le indagini di Belascoarán è un crime spagnolo che mescola troppi generi senza sceglierne davvero nessuno, strizzando l’occhio al poliziottesco ma non facendo così ridere. Il protagonista e gli altri personaggi ricorrenti non hanno una grande caratterizzazione o recitazione. La messa in scena dell’epoca, per quanto curata e di denuncia dell’ingiustizia e corruzione sociale negli anni ’70 a Città del Messico, non riesce a riempire i vuoti lasciati dal resto della storia. Troppo spesso fastidiosamente commentata in voice over dallo stesso protagonista.
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