La serie: Questo mondo non mi renderà cattivo, 2023. Creata da: Zerocalcare.
Cast: Zerocalcare, Valerio Mastandrea. Genere: Animazione. Durata: 30 minuti ca./6 episodi.
Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in anteprima.
Trama: Cesare, un vecchio amico di Zero, torna nel quartiere dopo diversi anni di assenza e fatica a riconoscere il mondo in cui è cresciuto. Zerocalcare vorrebbe fare qualcosa per lui, ma…
Zerocalcare, ormai, è un artista che ha raggiunto un grande successo. Un successo meritatissimo. Ma lui resta quel ragazzo sensibile che è sempre stato. E così, oggi, fa parte di quella “squadra dei magnati dal senso di colpa”, quelli che hanno svoltato da soli. Uno che faceva parte di un gruppo che ha sempre pensato che la soluzione ai problemi sarebbe stata collettiva, o svoltavamo tutti o nessuno. “Invece te svolti ma non puoi godere perché intorno hai le macerie”. Il suo personaggio lo dice proprio, in uno dei momenti più toccanti della sua nuova serie, che vi raccontiamo nella recensione di Questo mondo non mi renderà cattivo, disponibile dal 9 giugno su Netflix. Una serie che non è il seguito di Strappare lungo i bordi, che era stata pensata prima di quella, ma che in qualche modo ne riprende alcuni temi. Ma proprio la coscienza critica di Zerocalcare, quella consapevolezza di essere arrivato nella posizione di poter dire delle cose, fa sì che in questa nuova serie dica delle cose ben precise, cose che andavano dette.
È quel “dì qualcosa di sinistra” che Nanni Moretti chiedeva a D’Alema in Aprile. È tutto diverso, ovviamente. Ma è per dire che, prendendo spunto dal particolare, cioè da fatti della sua vita personale, Zerocalcare arriva all’universale. In Questo mondo non mi renderà cattivo dice delle cose che, in tanti, volevamo sentire da tempo: sull’integrazione, sui media, sul razzismo. Anche a rischio di dividere, e di alienarsi parte del suo pubblico (quello più nuovo, probabilmente). Michele ne è consapevole, e il dialogo con il produttore va proprio in questa direzione. “Tu unisci, quello devi fà, unire non dividere. Il mercato è così. Te premia quando sei uno che c’ha qualcosa di forte da dire, però non lo dice”. Zerocalcare invece lo dice. Unirà ancora, tutti quelli che lo amano e la pensano come lui. Ma, inevitabilmente, dividerà. E per questo lo ammiriamo ancora di più.
La trama: Tu quoque, Cesare?
Cesare, un vecchio amico di Zero, torna nel quartiere dopo diversi anni di assenza e fatica a riconoscere il mondo in cui è cresciuto. Zerocalcare vorrebbe fare qualcosa per lui ma si rende conto di non essere in grado di aiutarlo a sentirsi di nuovo a casa e a fare la scelta giusta per trovare il suo posto nel mondo. Nel frattempo, nel quartiere sono arrivati dei migranti che sono stati sistemati in un cento d’accoglienza, e la cosa ha scatenato le reazioni dei fascisti della zona, e a sua volta la reazione dell’altra parte politica. Le tivù cavalcano il malcontento. E Zero, che dovrà andare ospite proprio a uno di quei programmi televisivi, si sente in dovere di dire qualcosa.
Un pacco che nessuno se vole accollà
E quel qualcosa lo dice forte e chiaro, nel suo modo unico di sintetizzare tutto in parole chiare e immagini altrettanto semplici. Cose che in tanti pensiamo e che nessuno, però, sa dire così bene come lui. E allora ecco la metafora dei migranti che arrivano nei centri d’accoglienza, “un pacco che nessuno se vole accollà, perché impiccia, non c’ha la bolla d’accompagno, quindi je fanno il giro delle sette chiese e alla fine lo portano in un quartiere che per convenzione chiameremo Tor Sta Ceppa”. È così che in tanti vedono il problema, e Zero però ci dice che in realtà quel pacco sono 35 persone, tra uomini, donne e ragazzini che sono sbarcati dalla Libia un mese fa. È difficile rendersi conto che stiamo parlando di esseri umani, perché non li vedi mai e non sai niente di loro.
I media, i fascisti e i nazisti
A parlarne sono i media, ma ne parlano come vogliono loro. E così Zerocalcare fa un ritratto molto esplicativo dei media di oggi. Ecco A Na Certa Show con Mauro Coccodrello, con autori viscidi e beceri raffigurati come Licker di Resident Evil. Sono i media che creano un clima ostile, che cercano il mostro da baraccone, King Kong quando lo portano sul continente. Zerocalcare mostra le cose proprio come sono. E quelli di estrema destra li chiama proprio nazisti, e ci spiega anche il perché. In questo Paese prima se dicevi fascista era una cosa brutta, adesso non interessa più niente a nessuno. “Uno dice vabbè è fascista però è bravo. Come se dicesse e vabbè è celiaco… Il nazismo invece è l’ultimo baluardo che ancora fatica a trovare spazio nel mercato democratico”.
Le parole sono importanti
Le parole sono importanti. E così, a un certo punto della serie, la parola “ne..i” viene sostituita dalle parole “persone con molta melanina”. È un gioco ironico: Zerocalcare lo dice chiaramente; non è per la dittatura del politicamente corretto, ma è un lavoro sulle parole che è molto complicato. Da un lato in un’opera di finzione se c’è un razzista non ha senso farlo parlare in modo pulito. Dall’altra è vero che se uno vuole che certe parole scompaiano dall’uso comune a un certo punto deve pure smettere di usarle, altrimenti va a finire che verranno usate per sempre. È una cosa sui cui l’autore – lo ha raccontato ieri in conferenza stampa – sta ancora riflettendo, e sulla quale vorrebbe aprire un dibattito.
“Te se bevono” vuol dire “lo arrestano”
Le parole sono importanti, ma anche la parlata in cui vengono dette lo è. I personaggi di Zerocalcare vivono a Roma e parlano romano, e allora Zero ribatte a chi aveva criticato questo fatto in occasione di Strappare lungo i bordi con una gag irresistibile, quella della signora di Bolzano che chiede all’Armadillo – in veste di professore universitario – che cosa vogliano dire certe parole. E lui che spiega che “te se bevono” vuol dire “lo arrestano”. O quando più tardi chiede all’Armadillo, la sua coscienza (doppiato ancora una volta da un magistrale Valerio Mastandrea) se davvero il suo romano è così potente. “Potresti anche essere uno de Trieste che guarda tanto I Cesaroni” dice lui.
Da Strappare lungo i bordi a Questo mondo non mi renderà cattivo
Strappare lungo i bordi e Questo mondo non mi renderà cattivo sono due serie distinte, indipendenti, ma in qualche modo legate. È come se la prima servisse a introdurre l’ambiente, i personaggi, un modo di intendere la vita, e la seconda andasse più a fondo su argomenti molto delicati. Sono legate perché certi discorsi continuano. Ad esempio, quello sulla fragilità maschile, e a quella regola non scritta secondo cui i maschi nati negli anni Ottanta non possono parlare di sentimenti, non possono mostrare le debolezze. Insomma, Boys Don’t Cry, come cantavano i Cure. E continua anche quel discorso sulle piccole cose che a tutti capitano, ma che Zero sa raccontare in modo così chiaro e pulito. Fare al volo il ninja del supermercato, quando si entra per prendere solo una cosa e si esce con una miriade di pacchi, tutti portati con le braccia. Oppure quei momenti in cui ci si ritrova a parlare a macchinetta per impedire che “lo stargate dell’imbarazzo cosmico” ci inghiotta.
Il senso di Zerocalcare per il cinema
Così lontane così vicine. Le due serie di Zerocalcare sono così. Questo mondo non mi renderà cattivo ha un formato diverso, 6 episodi da 30 minuti mentre l’altra era composta da 6 episodi da 15, il che vuol dire il doppio. E per un prodotto di animazione vuol dire moltissimo. La nuova serie ha un respiro più compassato dell’altra, e meno digressioni, meno ricorso al flusso di coscienza. È un racconto che ha un montaggio quasi cinematografico, così come lo sono le inquadrature. Guardate l’inizio, e l’arrivo dei nostri al commissariato: notate i primi piani sui particolari, sui piedi, le divise. Più tardi, nella storia, l’ingresso in scena di Cesare è da film horror. E ancora, fate caso a quelle inquadrature in cui Zero, Sarah e Secco vengono ripresi dall’alto, in quella che sembra la ripresa da un dolly.
Il senso per il cinema è anche fatto di giochi di citazioni. C’è Star Wars (Zero immobilizzato nella grafite come Han Solo, la madre di Cesare che parla come il Maestro Yoda perché Zerocalcare non sa imitare il sardo, Zero che passa al Lato Oscuro e diventa Dath Vader che dice di ammirare Giletti). E ci sono anche Stranger Things, 2001 Odissea nello spazio, Michel Gondry. Come scrivevamo in occasione di Strappare lungo i bordi, anche la nuova serie è una graphic novel in movimento: prende immagini fisse e le espande, prende situazioni di vita quotidiana e le fa diventare larger than life, come in un’altra graphic novel diventata film, Persepolis di Marjane Satrapi.
Sarah, Secco e il Calcareverse
Questo mondo non mi renderà cattivo, come la serie precedente, è un prodotto rivoluzionario, una serie d’animazione per adulti, un prodotto che non si è quasi mai fatto in Italia o addirittura in Europa. Oltre all’animazione classica di Zerocalcare qui la produzione osa con la stop motion e la pixel art. Di fatto è un’opera che crea un Calcareverse, un universo ben preciso con i suoi personaggi, le sue regole, i suoi codici estetici e narrativi. E, accanto a Zero e all’Armadillo, sono sempre più importanti i due personaggi chiave. Personaggi di finzione che si basano su persone a cui, sembra strano dirlo per dei “disegnetti”, vogliamo bene come a dei nostri amici. Sono Secco, i cui interessi sono “una sintesi non scontata tra Bridgertron e la mentalità ultras di tipo classico di scuola anglosassone”. Secco che “è come se gli avessero campionato la frase Annamo a pijà un gelato e spingessero sempre play”. Secco che ha l’“epistassi de Munchausen”: gli esce il sangue dal naso per tutto. E che qui ha un nuovo tormentone. “C’avevo ragione io, vè?”. E poi c’è Sarah, il punto di riferimento, il mentore, che qui accusa anche dei momenti di crisi. Ma è sempre lei. Ci aveva fatto stare bene in Strappare lungo i bordi con quella frase sui fili d’erba. E anche qui ci dice qualcosa di importante. “Ci sono tre cose che ti fanno essere una persona giusta con gli altri. Aiuta chi te lo chiede senza stà a questionà. Andà sempre al passo del più lento. E non lasciare indietro nessuno. Se li segui tutti e tre magari te becchi qualche sola. Ma almeno quando crepi non finisci nello stesso girone di Margaret Thatcher”.
La recensione in breve
Come vi raccontiamo nella recensione di Questo mondo non mi renderà cattivo, Zerocalcare dice delle cose che, in tanti, volevamo sentire da tempo: sull’integrazione, sui media, sul razzismo. Anche a rischio di dividere. Zerocalcare è sempre il suo tratto unico, le sue battute irresistibili, con dentro tanta passione e verità. Unirà ancora, tutti quelli che lo amano e la pensano come lui. Ma, inevitabilmente, dividerà. E per questo lo ammiriamo ancora di più.
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