Giusto in tempo per la Pasqua di quest’anno, Netflix ha rilasciato un mini-documentario sulla vita di uno dei profeti più importanti per il cristianesimo e l’ebraismo: Mosè. Dopo aver aggiunto al suo catalogo altre produzioni del genere, tra cui Alessandro Magno: Come nasce una Leggenda e Regina Cleopatra, Testament: La storia di Mosè si propone come un racconto unico di uno dei personaggi biblici più iconici, offrendo una prospettiva intima e rivelatrice sul leader religioso.
Con l’intenzione di replicare il successo della serie tv The Chosen, che parla della vita di Gesù di Nazareth e che è diventata uno dei maggiori incassi al mondo, con circa 600 milioni di spettatori, è stata lanciata questa ricostruzione di uno dei personaggi biblici più importanti per il cristianesimo e l’ebraismo. Come vedremo in questa recensione di Testament: La storia di Mosè, Netflix accompagna il suo pubblico in un viaggio visivo e spirituale attraverso i racconti storici, dall’esilio alla liberazione guidata da Mosè.
Tre tappe fondanti della vita di Mosè, viste da più prospettive
Mosè è una figura centrale in diverse religioni abramitiche, tra cui l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam. Secondo la narrazione biblica, in particolare nel libro dell’Esodo, Mosè fu il leader spirituale e politico che liberò gli israeliti dalla schiavitù in Egitto. A lui si attribuisce il merito di aver ricevuto da Dio i Dieci Comandamenti sul Monte Sinai, gettando le basi della legge religiosa per il popolo di Israele. Nel corso della narrazione si intrecciano drammatizzazioni della vita dell’eroe dell’Antico Testamento, tra cui il racconto biblico di come uccise un sorvegliante egiziano e fuggì, l’incontro con il roveto ardente, l’occasione in cui gettò il suo bastone, trasformandolo in un serpente, e la relazione con sua moglie Sephora. L’episodio di apertura, intitolato “Il profeta“, approfondisce la prima vita di Mosè come principe egiziano e il suo successivo viaggio nella terra di Madian dopo l’omicidio di un sorvegliante egiziano. In “Le piaghe“, gli spettatori assistono agli sforzi di Mosè per convincere il Faraone a liberare gli Ebrei e alla serie di calamità scatenate da Dio sull’ostinato sovrano. Il terzo episodio, intitolato “La Terra Promessa“, si concentra sugli eventi che portano alla consegna dei Dieci Comandamenti a Mosè.
A differenza dei precedenti docudrammi rilasciati da Netflix, Testament: La storia di Mosè non censura lo scetticismo e, in alcuni frangenti, la mancanza stessa di parole o spiegazioni. “Mi sono ricordato del mio popolo, ho ascoltato le sue grida“, disse Dio mentre esortava Mosè a tornare in Egitto e liberare il suo popolo, che soffriva da secoli. Un teologo non può fare a meno di interrompere: “La mia prima reazione è: perché ci hai messo tanto?”.
Diverse interpretazioni dei testi religiosi
Pur non dando spazio agli atei veri e propri, La storia di Mosè mette in evidenza quanto possa essere fluida l’interpretazione dei testi religiosi: intervengono studiosi del cristianesimo, dell’ebraismo e dell’islam a commentare alcune delle storie più conosciute del Libro dell’Esodo. Per esempio, quando Mosè chiede l’assistenza di suo fratello Aronne per diffondere la parola di Dio, diversi esperti interpretano questo come un segno della sua ineloquenza. La sua richiesta può anche essere vista come una prova di vulnerabilità o di mancanza di orgoglio. “Vorrei solo che la Bibbia fosse corredata di note a piè di pagina“, sospira un rabbino. Un altro esperto offre un contesto più interessante. Mosè è un nome egiziano, dice, e per qualcuno con un nome egiziano emergere dal deserto e affermare di essere il liberatore del popolo ebraico non sarebbe troppo diverso da un uomo di nome Kareem che appare davanti agli ebrei di oggi e insiste di essere il loro salvatore. Come dice un professore di studi biblici a metà della serie, “il vero dramma del Libro dell’Esodo non è tra Mosè e il Faraone, ma tra Yahweh e gli dei d’Egitto“.
La battaglia si riscalda davvero nel secondo episodio, che si concentra sulle Dieci Piaghe: è qui che Dio, per dimostrare la sua potenza, sottopone il popolo egiziano a una serie di attacchi di indicibile violenza. Le Dieci Piaghe si conclusero con la reclamazione da parte di Dio della vita di ogni primogenito maschio in Egitto, compreso il figlio di Ramses. Cercando di spiegare questo atto di crudeltà, un rabbino dice: “Tutti amano le storie di redenzione, ma credo che Dio ci stia dicendo che alcune persone sono così cattive da perdere la capacità (di redimersi)“. Lo stesso rabbino dice, soprattutto per giustificare a se stesso le azioni di Dio, che il Faraone gli ricorda Adolf Hitler. Nessuno di questi devoti, tuttavia, riesce a trovare una spiegazione per ciò che è accaduto alla fine della crudele dimostrazione di potere di Dio. “Che razza di Dio vendicativo permetterebbe una cosa del genere?“, chiede in maniera retorica un pastore. “Sarò onesto, non c’è una risposta valida per questo“.
La costante tra più religioni: il rapporto con Dio
Sebbene nel corso della serie vengano mostrate le prospettive di varie religioni, il legame di Mosè con la venuta di Cristo viene menzionato in ogni momento, soprattutto da Tom Kang, pastore senior della NewStory Church di Los Angeles. In una scena della serie, quando le famiglie israelite vengono mostrate mentre coprono gli stipiti delle porte con il sangue, gli spettatori vengono illuminati sul significato che questo ha per i cristiani. Questo simbolo è una prefigurazione del Nuovo Testamento e di Gesù Cristo, che rappresenta il concetto di agnello sacrificale e di salvezza attraverso il suo sangue.
Allo stesso modo, durante la rappresentazione dell’attraversamento del Mar Rosso da parte degli israeliti, un esperto sullo schermo chiarisce che la Bibbia lo presenta come un atto miracoloso di Dio, distinto da qualsiasi spiegazione naturale. Anche le dinamiche del rapporto tra Mosè e Dio hanno incuriosito i creatori: i produttori hanno sottolineato la loro esplorazione degli scambi intimi e ricchi di sfumature tra Mosè e Dio, sfidando i comuni malintesi sulla loro interazione, forse l’aspetto più intrigante dell’intera docuserie.
“Un esperto che ha scritto una biografia di Mosè e poi un pastore cristiano hanno condiviso con noi il fatto che sono ancora molto incuriositi dal rapporto di Mosè con Dio“, ha detto McPherson. “Uno di loro ha detto, a mezza voce, ‘A volte litigavano come una vecchia coppia di sposi’. Ci è piaciuto molto il fatto che Mosè abbia avuto questi dialoghi reali con Dio e che si siano intensificati. Non significa che fossero in disaccordo, ma solo che avevano questo rapporto intimo… che era il fulcro di tutta la storia“.
La recensione in breve
Proprio attraverso la presenza di più voci e interventi, Testament: La storia di Mosè riesce a fornire un'indagine interessante della figura del profeta biblico, concentrandosi sulla sua lotta interiore e sulla ricerca di identità.
- Voto CinemaSerieTv