La serie: The Bear, 2022. Creata da: Christopher Storer. Cast: Jeremy Allen White, Ebon Moss-Bachrach, Ayo Edebiri, Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Abby Elliott. Durata: 8 episodi da 30 minuti circa. Dove l’abbiamo vista: in anteprima su Disney+, in lingua originale.
Trama: Un giovane e pluripremiato chef di alta cucina torna a Chicago dopo il suicidio del fratello: tra mille difficoltà, riprende in mano il locale – specializzato in sandwich e cucina italo-americana – lasciatogli in eredità.
Esistono serie annunciate in pompa magna e attese dal pubblico per anni e anni. E magari sono serie che comunque riescono a sopravvivere alle altissime aspettative e convincere e coinvolgere tutti o quasi. Ma si tratta di successi più o meno annunciati, accuratamente preparati da campagne di marketing ad hoc. E, sia chiaro, non c’è assolutamente nulla di male, anzi sono stati spesso proprio quei successi e quelle certezze a garantire la sopravvivenza di molti canali e network televisivi prima e di piattaforme streaming oggi.
Esistono però anche quei progetti di cui nessuno o quasi sapeva nulla fino al loro arrivo, progetti che non possono puntare su chissà quali campagne di promozione e nemmeno su chissà quali star o volti noti. Eppure, piano piano, si fanno strada e conquistano tanto la critica che il pubblico. Ed è esattamente questo il caso di The Bear, serie rivelazione dell’estate americana 2022 e adesso finalmente disponibile anche in Italia grazie a Disney+.
Che poi la FX non è certo nuova a risultati del genere: basti pensare che negli ultimi anni ci ha regalato veri e propri gioielli quali The Americans, Legion e soprattutto Atlanta. Tutte serie partite in sordina, ma ben presto diventate tra le più amate dell’ultimo decennio. In questa recensione di The Bear vi spiegheremo perché siamo certi che lo stesso destino accadrà anche a questo nuovo lavoro di Christopher Storer.
Una trama che ci catapulta subito in cucina
La serie comincia in medias res: Carmen “Carmy” Berzatto è a capo di The Beef, un locale di Chicago in cui si cucinano sandwich alla carne e qualche piatto italo-americano. Ed è nei guai fino al collo: pieno di debiti, aiutato soltanto da dipendenti storici ma svogliati, mentre quello che dovrebbe essere il vero “manager” del locale, Richard, sembra essere in grado solo di seminare caos. Davvero non si riesce a capire che cosa ci faccia lì Carmy, anche perché lui in realtà è uno chef vero: ha lavorato in alcuni dei più importanti ristoranti del mondo (The French Laundry è in California o il Noma a Copenaghen) e ha ricevuto riconoscimenti importanti.
Soltanto più avanti nell’episodio, quando ormai Carly è impegnato a fare panini e a combattere con i mille problemi di una qualsiasi giornata al The Beef, capiamo che il locale era del fratello Michael, recentemente morto suicida. Caso vuole che anche la giovane chef Sydney sia alla ricerca di un nuovo lavoro e, riconoscendo Carmy e il suo talento, decida di aiutarlo a sistemare e organizzare al meglio The Beef.
Rituffarsi nello stress per ritrovare la serenità
The Bear viene definita una comedy-drama e in effetti il divertimento in qualche modo non manca, soprattutto per merito dei tanti comprimari o per l’irruenza di Richard, amico d’infanzia di Michael e da sempre al servizio del locale… anche se a modo suo. Ma più gli episodi vanno avanti, e più diventa evidente che The Bear non vuole raccontare solo le (tante) disavventure in cucina di alcuni colleghi. O le difficoltà di gestire un locale nell’America di oggi. La forza di questo show sta proprio nell’unire ai sopracitati temi qualcosa di ancora più importante, come l’elaborazione del lutto. O del vero significato di famiglia. E il riuscire a farlo senza mai allontanarsi troppo dal sottile confine tra drammatico e commedia è il vero segreto di una ricetta che in tanti hanno provato, ma in cui pochi possono dirsi davvero maestri.
Anche perché la vera differenza tra The Bear e altri show con tematiche simili è il contesto: usare il mondo della cucina, i suoi ritmi indiavolati e lo stress che si respira durante il servizio per raccontare un dramma personale è perfettamente funzionale e molto intelligente. Sfruttare il contrasto tra il mondo dell’haute cuisine e quello, sporco e rozzo, di un disastrato locale di periferia è invece semplicemente geniale. E uno dei motivi per cui lo show funziona fin dall’inizio, e non fa altro che crescere, episodio dopo episodio, con la crescita di consapevolezza da parte dello spettatore su un modo che verosimilmente non conosce. Ma anche la crescita di consapevolezza da parte del protagonista nei confronti non solo di se stesso, ma anche dei suoi nuovi colleghi e dipendenti.
Un piano sequenza da applausi, un cast rivelazione e un finale ricco di emozioni
Al netto dell’ottimo protagonista Jeremy Allen White (già Lip Gallagher in Shameless), il cast di The Bear non presenta nomi noti. Ma può contare su tanti attori e caratteristi già visti in passato in piccoli ruoli, ma mai particolarmente memorabili. Siamo certi invece che, dopo questa serie, tutti quanti impareremo a conoscere e apprezzare sempre di più i vari Ebon Moss-Bachrach, Lionel Boyce o Liza Colón-Zayas. Così come le guest star Jon Bernthal, Oliver Platt, Joel McHale o Molly Ringwald. Semplicemente perché le sceneggiature perfette di Christopher Storer riescono sempre a valorizzare al meglio tanto le loro performance quanto il carattere assolutamente corale della serie stessa.
Un perfetto esempio è rappresentato dall’episodio 7, intitolato Review, della durata molto breve (meno di 20 minuti) ma particolarmente intenso: dopo i primi due minuti di intro (ma con la canzone Chicago di Sufjan Stevens a fare da buon auspicio), il resto dell’episodio non è altro che un incredibile e straordinario piano sequenza di 16 minuti, tutto ambientato nella cucina di The Beef. Se messa così può sembrare una cosa di per sé relativamente “semplice”, ci teniamo a ricordarvi che, proprio come una vera cucina di un locale, lo spazio in cui è ambientato è molto ristretto, molto affollato e soprattutto molto caotico: soprattutto perché in questi 16 minuti non solo i personaggi portano avanti il loro lavoro in cucina, ma litigano tra loro in modo sempre più feroce fino a una conclusione inaspettata ed emotivamente devastante. Per il coraggio della scelta (a pochi giorni dalle riprese l’episodio doveva essere girato normalmente, ma fu deciso, di comune accordo con tutto il cast e la troupe, di tentare “l’impossibile), per le performance assolutamente realistiche e naturali e per il lavoro mostruoso del regista e soprattutto dell’operatore, non abbiamo problemi ad ammettere che si tratta per noi del miglior episodio dell’anno. E probabilmente di una delle cose più belle viste in tutto questo 2022.
Ma è comunque con l’episodio successivo, l’ultimo della stagione, che The Bear riesce a toccare vette ancora più alte, perché è come se riuscisse a concludere questa prima parte del viaggio e a regalare un senso di completezza ai suoi personaggi: non solo a Carmy (e qui White si supera con un monologo intenso e toccante), ma anche alla co-protagonista Sydney, la cui interprete Ayo Edebiri rappresenta forse la più bella sorpresa dell’intera serie.
Il significato del titolo apre la strada alla seconda stagione
È sempre nel bellissimo finale poi che riusciamo a capire due cose importanti: il significato del titolo della serie e come continuerà la serie con le stagioni successive. Perché sì, The Bear è già confermata per una seconda stagione (ma sinceramente ci auguriamo che ce ne saranno molte altre di più) che promette di essere qualcosa di diverso e potenzialmente ancora più ricco e interessante.
E sì, il The Bear del titolo non si riferisce a quell’orso che vediamo di sfuggita nella prima sequenza onirica della serie. Così come non si riferisce (solo) al soprannome del protagonista – il cognome italiano Berzatto pronunciato all’americana ricorda appunto un orso. Volete sapere il vero motivo di questo titolo? Guardate fino in fondo questa prima stagione, di certo non ve ne pentirete.
La recensione in breve
The Bear è davvero una rivelazione: con soli 8 episodi, per di più della durata di mezz'ora circa, riesce a catapultarci in un "vero" ristorante di famiglia, proprio per questo pieno di problemi ma anche di affetti speciali. Ottimo fin dall'inizio per scrittura e recitazione, è un crescendo emotivo ma anche tecnico grazie ad un montaggio sensazionale o al settimo episodio completamente in piano sequenza. Indiscutibilmente tra le cose migliori viste in questo 2022.
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