Titolo episodio: Capitolo 22: Mercenari. La serie: The Mandalorian 3, del 2023. Regia di: Bryce Dallas Howard Cast: Pedro Pascal, Katee Sackhoff, Jack Black, Lizzo, Christopher Lloyd.
Genere: fantasy, avventura, azione Durata 45 minuti. Dove lo abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Bo-Katan e Din devono ritrovare l’esercito di mandaloriani, ora mercenari, per convincerli a riconquistare Mandalore. Prima, però, dovranno affrontare una missione.
A tre puntate dalla fine, la terza stagione di The Mandalorian ritrova una scintilla che fino a questo momento, nonostante alcuni ottimi momenti, sembrava mancare. E non parliamo solo di una scintilla puramente narrativa (la serie sembrava aver perduto un vero e proprio focus), ma anche visiva e creativa. Finalmente si ha la sensazione di una spinta in avanti, di un’immersione profonda nell’universo di Star Wars che sappia andare oltre i soliti cliché, nonostante la solita struttura verticale a cui la serie ci ha abituato. Tutto questo, però, non inficia il risultato di un episodio che, sin dalle prime battute, sembra avere una marcia in più rispetto al solito appuntamento settimanale.
Perché, come vedremo in questa recensione di The Mandalorian 3×06, la serie di Star Wars disponibile su Disney+ funziona davvero quando, pur rispettando il canone della saga creata da George Lucas, è capace di dar vita a storie semplici ma avvincenti, a giocare coi generi pur mantenendo inalterata la propria identità. Il tutto supportato da un occhio in cabina di regia che fa respirare l’ampiezza del grande schermo.
La trama: caccia ai droidi

Riprendersi Mandalore. È questo ormai l’obiettivo principale verso cui si muove la narrazione di The Mandalorian. Bo-Katan, scelta dall’Armaiola come volto e simbolo della riconquista, parte con Din Djarin e il piccolo Grogu alla ricerca dei vecchi mandaloriani, un tempo legati a Bo-Katan e ora diventati mercenari in giro per la galassia. Le loro ricerche li portano in un pianeta particolare, Plazir-15, totalmente democratico e ricostruito dopo la caduta dell’Impero. Qui i sovrani usano i mandaloriani come esercito non ufficiale (le armi sono bandite per volere dei cittadini) e tenuti fuori dalle mura di questa specie di pianeta utopico dove addirittura i vecchi droidi vengono utilizzati per aumentare il benessere di vita dei cittadini.
Ma qualcosa non sta andando per il verso giusto: alcuni droidi sembrano mantenere la loro programmazione violenta, dando del filo da torcere ai cittadini. Sotto richiesta dei sovrani, Bo-Katan e Din dovranno cercare i droidi difettosi e “ritirarli” (richiamando, anche nell’estetica di una parte della città, il capolavoro Blade Runner). E forse scopriranno un intrigo che cova all’interno dell’amministrazione. Solo una volta completata la missione, i due potranno rivolgersi ai mandaloriani per convincerli a unire le forze e riprendersi il proprio pianeta.
Spettacolo visivo

La prima cosa che colpisce subito gli occhi, guardando questo sesto episodio è la cura visiva. Plazir-15 è una perfetta ambientazione dove poter giocare con i generi della storia (il noir, l’action, l’utopia sci-fi) dando vita a un mondo vivo e particolare. Soprattutto bello da vedere. Mai per una volta, nel corso di questi 45 minuti di Mercenari, si ha la sensazione di vedere un prodotto televisivo. Merito dell’occhio da vera cineasta di Bryce Dallas Howard, ormai un marchio di garanzia per Star Wars, che sa come muovere la macchina da presa e cosa inserire all’interno dell’inquadratura. Lo schermo si fa sempre più piccolo, mentre Din e Bo-Katan esplorano il pianeta, incontrando droidi, persone e Ugnaught (riprendendo nostalgicamente un nome della prima stagione dello show).
Vecchi amici e nuovi ruoli

Episodio che sorprende per la capacità di presentare nuovi personaggi, interpretati da celebri attori che i fan adoreranno (parliamo di Jack Black, Lizzo e Christopher Lloyd), in poco tempo, riuscendo addirittura a caratterizzarli nel migliore dei modi. Se Jack Black e Lizzo si divertono nei loro esagerati costumi, il personaggio interpretato da Christopher Lloyd, con un piccolo e mordente monologo, sa regalare persino un brivido allo spettatore, legandosi a tutto il canone della saga.
Non parliamo, ad ogni modo, dei cameo importanti e del fan service: il vero grande traguardo di questo episodio – che comunque potrebbe essere visto come un rallentamento nei confronti della macrotrama – è quello di saper emozionare grazie alle cose più semplici. È il caso del prologo, in cui un confronto tra due innamorati basta e avanza per sprigionare di nuovo la magia di Star Wars, quella che permette allo spettatore di credere che due pupazzi abbiano sentimenti. O gli sguardi degli Ugnaught quando viene citato il nome di Kuiil o ancora certe reazioni di Grogu (personaggio che, però, in questa terza stagione sembra davvero poco sfruttato e troppo aggiuntivo rispetto a tutto il resto) o, infine, a quell’ultima inquadratura su cui si chiude la puntata. Lentamente, forse sin troppo, The Mandalorian sta cambiando, ma sta anche portando gli spettatori (di tutte le età, lo ricordiamo) a tifare per i protagonisti, a empatizzare con la loro storia e a creare quei giusti cliffhanger di cui la serie necessita per continuare a essere attesa impazientemente.
Ritrovare la Via

“Senza il Credo che cosa siamo?” chiedeva Din qualche episodio fa. Per molti appassionati della saga, Star Wars più che un mito è quasi una religione, come lo sono i Mandaloriani per il proprio Credo. Più volte, in questi ultimi anni, la fede sembra aver vacillato nei confronti dei fan, con prodotti non all’altezza dello standard qualitativo a cui un brand come quello della galassia lontana lontana deve anelare. The Book of Boba Fett, Obi-Wan Kenobi (senza dimenticare le ferite che la trilogia sequel si porta dietro o i numerosi annunci di progetti in fase di sviluppo, po persi nell’etere) e questa terza stagione di The Mandalorian sembravano semplicemente accontentarsi di una formula che si era dimostrata vincente, senza riuscire a donare quell’interesse in più che davvero stimolasse la visione.
In quest’episodio all’apparenza semplice e dal sapore di “riempitivo”, quella Forza che da sempre ha contraddistinto Star Wars e The Mandalorian si è percepita di nuovo. Perché Star Wars, al di là dell’epica e della mitologia, al di là del racconto politico (e anche in quest’episodio si percepisce il fallimento della Nuova Repubblica e della completa democrazia, aspetto interessante che rende la serie un po’ più cinica del previsto), rimane quell’universo dove creature, droidi e umani si completano a vicenda. È l’universo in cui il gusto dell’avventura corrisponde a un piacere spettacolare, e dove il grado zero dell’intrattenimento non solo è sufficiente ma identità primaria del racconto emotivo. Quando questi elementi riescono a sposarsi rendono Star Wars un’opera unica. E noi ricominciamo a credere che sì, questa è la Via.
La recensione in breve
Il sesto episodio della terza stagione di The Mandalorian (3x06) potrà sembrare l'ennesimo riempitivo di una stagione che sta iniziando a tirare, faticosamente, le fila. Ma regala anche un'estetica da grande schermo, una creatività e una commistione di generi perfettamente amalgamati a cui il fan di Star Wars non potrà resistere. Un episodio che, con brevi cameo, poche ma azzeccate sequenze, e un finale preciso, rispolvera l'avventura tipica (a grado zero) di Star Wars e ci fa riscoprire fedeli al Credo mandaloriano.
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Voto CinemaSerieTv