La serie: The Midnight Club, 2022. Creata da: Mike Flanagan e Leah Fong. Cast: Iman Benson, Igby Rigney, Ruth Codd, Aya Furukawa, William Chris Sumpter, Annarah Cymone, Sauriyan Sapkota e Heather Langenkamp. Durata: 10 episodi da 50 minuti circa. Dove l’abbiamo vista: in anteprima su Netflix, in lingua originale.
Trama: In una struttura per malati terminali, per anni, come da tradizione, i giovani pazienti si incontrano tutte le notti a mezzanotte per raccontare storie dell’orrore. Con l’arrivo di una nuova ragazza però cominciano ad accadere alcuni strani avvenimenti e vecchi segreti riemergono a galla.
Nel giro di appena un lustro, Mike Flanagan è passato dall’essere un misconosciuto regista di horror di medio successo (Oculus – Il riflesso del male, Somni, Hush – Il terrore del silenzio e Ouija – L’origine del male) a un vero e proprio marchio dell’orrore seriale. Merito della proficua e fortunata partnership con Netflix – cominciata nel 2017 con il film Il gioco di Gerald – e soprattutto delle tre ottime serie acclamate dalla critica e amate anche dal grande pubblico: The Haunting of Hill House, The Haunting of Bly Manor e Midnight Mass.
Ed è evidente come Flanagan abbia tutta l’intenzione di tenersi ben stretto questo primato riguardante le serie horror: tanto da essere già al lavoro su The Fall of the House of Usher, tratta da Edgard Allan Poe e prevista per il 2023. Eppure con questa sua nuovissima serie – sempre targata Netflix – sceglie di cambiare target e rivolgersi a un pubblico più giovane. Una scelta coraggiosa ma anche azzardata che, come vedremo in questa recensione di The Midnight Club, si porta appresso qualche problema di troppo, ma che al tempo stesso potrebbe anche appassionare e coinvolgere un pubblico teen meno avvezzo al genere horror ma magari più interessato ad altri temi e dinamiche.
Una trama da young adult horror…
Stati Uniti, 1997. Ilonka è una brillante liceale pronta a fare il grande salto verso il college dei suoi sogni quando purtroppo le viene diagnostica una malattia incurabile. Navigando il (primordiale) web viene a conoscenza di Brightcliffe Manor, una struttura che accoglie giovani malati terminali, e soprattutto di una vecchia storia di trent’anni prima che parla di come una giovane ragazza sia prima misteriosamente scomparsa e poi ritornata senza ricordare nulla, ma “magicamente” guarita. Curiosa di saperne di più, Ilonka si trasferisce a Brightcliffe, dove conosce la dottoressa Georgina Stanton e il suo staff ma soprattutto gli altri sette sfortunati ragazzi che condividono con lei una diagnosi che non lascia più alcuna speranza.
Come potete facilmente immaginare, Brightcliffe Manor è un edificio antico e con un passato misterioso e inquietante alle sue spalle. In più di un’occasione Ilonka avrà spaventose visioni e incubi e si troverà faccia a faccia con presenze a dir poco inquietanti, ma la presenza di questi altri ragazzi e il rapporto che si creerà con tutti loro, le permetteranno di superare ogni paura e di andare avanti con la sua ricerca di un’eventuale miracolosa cura.
… che include tante altre storie e generi
A differenza di quel che si potrebbe pensare, The Midnight Club non è tratta soltanto dal romanzo omonimo di Christopher Pike, ma è soltanto una delle tante ispirazioni dietro la serie. Come esplicitato infatti dai credits, Mike Flanaghan è riuscito in qualche modo ad adattare quasi l’intero corpo letterario dell’autore americano, o quantomeno buona parte di quei romanzi scritti e pubblicati tra gli anni ’80 e ’90 e indirizzati a un pubblico giovane: e ci è riuscito grazie a una trovata tanto semplice quanto geniale, ovvero facendo raccontare agli stessi protagonisti della serie quelle stesse storie dell’orrore su cui Pike ha fatto la sua fortuna.
I ragazzi di Brightcliffe Manor hanno infatti una tradizione che viene tramanda da decenni: ogni notte, a mezzanotte in punto, si incontrano nella libreria, accendono un fuoco, brindano agli amici che non ci sono più e si terrorizzano a vicenda raccontandosi storie dell’orrore pensate appositamente per i loro compagni. The Midnight Club è quindi una serie unica e con una trama orizzontale ben delineata – quella appunto di Brightcliffe Manor e i suoi segreti -, ma al suo interno racchiude tante altre storie. O forse dovremmo quasi dire tanti “episodi” a se stanti, spesso di genere completamente diverso (anche se quasi sempre con un qualche twist horror o comunque inquietante) ma anche girati con stili diversi: c’è la classica ghost story o un’altra che segue le vicende di un serial killer; ma anche un noir in bianco e nero o un racconto di fantascienza che richiama Terminator o un altro ancora a metà tra War Games e Black Mirror. Ce ne è, insomma, davvero per tutti i gusti, anche se alcuni elementi non cambiano mai.
Otto nuovi amici e un cast che funziona alla perfezione
Quello che non cambia, ad esempio, sono i protagonisti: i personaggi che raccontano le storie inseriscono al loro interno, spesso anche in modo divertente, gli amici stessi. Il che vuol dire che gli otto giovani attori che compongono il cast principale sono spesso chiamati a interpretare ruoli diversi (e spesso molto diversi) a seconda dell’episodio o della storia. Una scelta che funziona molto bene e che regala anche un po’ di leggerezza a una trama di base comunque molto cupa e spesso anche triste. Merito soprattutto delle scelte di casting, perché davvero non ce n’è uno, tra gli otto ragazzi, che sia meno che convincente: ovviamente a spiccare tra tutti c’è soprattutto la bellissima Iman Benson, appena 22enne ma sicuramente lanciata verso un futuro radioso. Ma in realtà tutti quanti, episodio dopo episodio, hanno sufficiente spazio per conquistare il cuore degli spettatori e riuscire a convincerci di aver davvero davanti un gruppo di amici speciali.
Completano il cast diversi volti molto familiari: Zach Gilford e Samantha Sloyan li abbiamo visti rubare la scena a tutti in Midnight Mass, sempre da oltre opere di Flanaghan arrivano Rahul Kohli (Bly Manor) e Henry Thomas (Hill House). Anche se i veri appassionati horror non avranno occhi che per lei, Heather Langenkamp: la storica interprete di Nancy nella saga di Nightmare qui veste i panni dell’ambigua dottoressa Stanton… e ovviamente di molti altri personaggi a seconda delle storie.
Un finale insoddisfacente e privo di pathos
A questo punto avrete capito che le premesse per una buona serie ci sarebbero tutte, eppure c’è qualcosa che non va in questo The Midnight Club. E paradossalmente il problema è da riscontrarsi in Mike Flanagan. O, meglio, nella mancanza di quell’equilibrio che egli stesso era riuscito a donare alle sue opere precedenti, trasformandole in successi se non addirittura capolavori. Perché Hill House era anche un family drama, Bly Manor anche una storia d’amore, Midnight Mass anche una riflessione filosofica sulla vita e sulla religione: ma tutte e tre erano comunque delle serie horror a tutti gli effetti, storie che potevano vivere comunque delle proprie suggestioni, dei propri colpi di scena, delle proprie trovate, anche visive. Lo stesso purtroppo non si può dire di questo The Midnight Club, che parte in modo piuttosto compassato ma ha comunque il pregio di promettere misteri e sorprese procedendo con gli episodi successivi.
Quello che invece avviene è che, soprattutto nella parte centrale, avvince e convince grazie alla chimica tra i bravi protagonisti e le singole storie e vicende, ma quando si tratta di tornare e chiudere la storia principale, quando si tratta di offrire risposte e “premiarci” dell’attesa, finisce col deluderci sotto ogni punto di vista. Anche perché, per assurdo, anche le ultime “storie nella storia”, quando si arriva verso il finale, risultano essere le più deludenti e meno riuscite, lasciandoci così a pensare, in più di un’occasione, che forse il meglio l’abbiamo già visto. E che forse sarebbe stato meglio fermarci prima. Cosa che speriamo con tutto il cuore non valga anche per la carriera di Flanagan stesso e che questa di The Midnight Club sia stata solo una (seppur comunque piacevole) digressione e che già dalla prossima serie si tornerà a fare sul serio.
La recensione in breve
The Midnight Club è chiaramente un'opera molto diversa da quelle precedenti di Mike Flanagan, ma non è certamente questo il problema della serie. Anche perché la natura corale del racconto, così come il giocare con i generi, funziona molto bene, grazie anche a un giovanissimo cast davvero ottimo. Il problema sta però nella cornice, nel suo voler creare un'atmosfera horror e misteriosa a ogni costo, senza però mai arrivare a fondo. Per questo motivo, si finisce col guardare i primi episodi con curiosità, ci si entusiasma magari per una parte centrale ben costruita, ma inevitabilmente si rimane delusi per un gran finale che non arriva mai. Sicuramente non da buttare, ma resta un'occasione mancata.
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