La serie: The Sandman, 2022. Creata da: Neil Gaiman, David S. Goyer, Allan Heinberg. Cast: Tom Sturridge, Gwendoline Christie, Boyd Holbrook, Charles Dance, Jenna Coleman, David Thwelis. Durata: 50 minuti/10 episodi. Dove l’abbiamo vista: su Netflix, in lingua originale.
Trama: Nel 1916, Morfeo, Re dei Sogni e uno dei Sette Eterni, viene catturato durante un rituale e fatto prigioniero per più di un secolo. Liberatosi dai suoi carcerieri, deve riportare ordine nel Regno del Sogno ormai in rovina.
Cos’è la paura? Beh, decisamente tante cose, ma per i fan sfegatati di The Sandman sicuramente l’annuncio di una trasposizione seriale da parte di Netflix. A lungo opzionato per divenire un lungometraggio con protagonista Joseph Gordon-Levitt nei panni di Morfeo, il fumetto in verità non ha mai subito un trattamento del genere, con ogni titolo live-action proposto nel corso degli anni troncato in fase di sviluppo e al massimo divenuto un podcast di discreto successo e con un cast vocale di tutto rispetto.
E chi arriva alla fine? Proprio Netflix, il colosso dello streaming che sa essere ferro ma anche piuma, in grado di sfornare produzioni di serie A con grandi autori al seguito e al contempo trash project da peggiore cesto del discount. Facile comprendere titubanza e preoccupazioni degli appassionati della prima ora ma, come vedremo in questa recensione di The Sandman, adesso che la serie è approdata in piattaforma si può infine tirare un sospiro di sollievo, perché rientra a pieno titolo nella prima categoria produttiva.
Storia e importanza del fumetto
In molti lo ignorano, ma buona parte della paternità estetica del The Sandman originale era di Jack Kirby. Un personaggio concepito da Joe Simon e Michael Fleischer negli anni ’70 e abbandonato prima degli ’80 dopo una run durata più o meno due anni, completamente o quasi caduto nel dimenticatoio della cultura pop. Nel 1988, poi, Karen Berger – storica editor DC Comics – propone a Neil Gaiman di continuare a collaborare con l’etichetta dopo il successo di Black Orchid, lasciando ancora una volta carta bianca all’autore di Coraline sulle idee, chiedendo solo qualcosa che rispecchiasse la sua anima e il suo tratto. Dopo mesi di incertezze da parte di Gaiman, la Berger propose allo scrittore di rilanciare The Sandman: “Tieni solo il nome. Per il resto fai quello che vuoi“.
E così fece Gaiman, in effetti, ricreando da zero un personaggio che rese unico e sofisticato all’interno di un universo narrativo sublime e incantato, diretto figlio degli Eighties e dell’ideale artistico dello scrittore, cioè riflessivo, esplicito e dark. Prese dunque forma l’Uomo della Sabbia gaimaniano, il Re dei Sogni e Sogno egli stesso, Morfeo, protagonista cardine di una delle serie a fumetti più incisive e seminali degli anni ’90 e dell’intera storia del medium tutto. Complessa, variopinta, ricca di fascino e decadenza, violenza e filosofia, di bontà e cattiveria, The Sandman ha catturato per decenni la fantasia di almeno due generazioni di lettori, più e più volte opzionata per una trasposizione cinematografica poi miseramente fallita. Alla fine a spuntarla produttivamente è stata Netflix, che con lo stesso Neil Gaiman e David S. Goyer (a lungo legato all’adattamento) è finalmente riuscita a trasporre in live-action un titolo tanto magistrale e difficile in un progetto ambizioso e surreale, perché raffinato e profondo come la controparte fumettistica e così centrato, ossequioso e ragionato che quasi si fatica a credere ai propri occhi.
Fedeltà prima di tutto
Quello svolto da Gaiman, Goyer ed Heinberg su questa trasposizione targata Netflix è prima di tutto un sopraffino lavoro filologico sulla struttura della serie stessa. Dall’inizio alla fine il fumetto segue infatti spesso un tracciato narrativo episodico, a volte proprio a sé stante. Sono le trame verticali a muovere le azioni di Sogno, la cui missione essenziale si dipana poi man mano in un’intelaiatura orizzontale che si fa sempre più solida col proseguire delle letture. È insomma facile perdersi tra le sabbie narrative di Sandman, eppure gli autori sono riusciti a riproporre non solo fedelmente ma addirittura pedissequamente contenuti, storie, timeline e toni del fumetto, in un’operazione di adattamento semplicemente magistrale, davvero da manuale.
Questa prima stagione della serie copre in totale i primi due volumi americani dei dieci paperback pubblicati. Più o meno ogni episodio è diretta e coscienziosa trasposizione di uno o due capitoli dell’opera, di cui riporta anche gli stessi identici titoli. La costruzione del racconto segue come un’ombra e imperterrita quella del fumetto, senza mai abbandonarne il tracciato e, solo in caso di necessità, modificando alcuni aspetti. Il merito è prima di tutto del coinvolgimento di Gaiman come creatore e produttore esecutivo, anche dietro alla sceneggiatura di alcuni episodi e chiamato a collaborare attivamente pure in fase di casting. Sua la creatura, sua la trasposizione, insomma, e su questo non ci piove: The Sandman è frutto di una riorganizzazione mentale e contemporanea in termini di stile e medium dell’autore britannico, che mediante la serie ha voluto proporre la sua diretta e intensa visione in carne e ossa del suo lavoro più importante e amato. Anche i cambiamenti, allora, vanno capiti e rispettati.
Un adattamento moderno nelle scelte di cast
La Johanna Constantine di Jenna Coleman rappresenta ad esempio la capacità d’adattamento inclusiva e moderna di Gaiman, oltre a un intelligente modo di sopperire all’impossibilità di avere John Constantine nell’opera a causa dei diritti di sfruttamento del personaggio. E Lucifero donna, interpretato da una mefistofelica quanto possente Gwendoline Christie? Sono diverse le opere in cui gli angeli sono descritti come asessuati o gender fluid, quindi perché no? Soprattutto, pur essendo stato preso in considerazione Tom Ellis per dare volto alla parte, l’attore era fin troppo legato all’adattamento “sbagliato” del personaggio in Lucifer; avrebbe dunque generato confusione e l’opportunità di giocare con il Diavolo era fin troppo allettante per Gaiman per potervi rinunciare.
Per quanto riguarda Kirby Howell-Baptiste nei panni di Morte, invece, vi basterà vedere il sesto episodio della serie per comprendere la scelta dell’attrice nel ruolo, rea per molti fanatici di non rispecchiare il colore della pelle del personaggio originale. La morte è in primis un concetto che Gaiman ha scelto di modellare negli anni ’90 a immagine di una donna pallida, giovane, dal look gothic moderatamente sensuale e gentile, “la figura che tutti vorremmo incontrare prima di morire“. Durante la scelta del cast, però, rispettare i tre criteri si è rivelato più difficile del previsto, almeno fino all’arrivo della Howell-Baptiste, che era per Gaiman la miglior personificazione possibile del suo personaggio. Chi meglio del suo creatore, quindi, avrebbe potuto scegliere una Morte migliore? Domande retoriche a parte, quella dell’attrice è davvero un’interpretazione elegante e molto sentita, per altro in uno dei due migliori episodi della serie insieme al quinto, “24 Ore”, che formano insieme un sontuoso dittico tematico dedicato ad alcune delle più intense e raffinate riflessioni sulla natura umana mai concepite dall’autore e qui trasposte con tocco miracoloso.
Il Morfeo di Tom Sturridge
Oltre ogni possibile fedeltà, The Sandman è una serie di grande fascino che invita il pubblico in un viaggio perturbabile all’interno del proprio Io, residente nel Regno del Sogno e anche cittadino degli altri mondi degli Eterni. Il quesito cardine della prima stagione è se sia il sogno a creare e distruggere la realtà o viceversa, ed è proprio ai bordi di questa domanda che si muove Morfeo, interpretato nello show da un magnetico quanto stoico Tom Sturridge. L’attore restituisce su schermo l’imperturbabilità e l’oscura regalità di Sogno, tanto nei gesti e nelle movenze quanto soprattutto nella voce, profonda e inflessibile eppure delicata nella sua maturità, davvero perfetta per il ruolo. In generale, non c’è praticamente nessun interprete fuori posto (da Boyd Holbrook come Il Corinzio fino a un sensazionale David Thewlis come John Dee), così come scenografie e ambienti creati mediante set pieces o computer grafica rappresentano la perfetta riproposizione della controparte cartacea, grande valore aggiunto della produzione.
Mainstream e autoriale al tempo stesso
Si nota il budget e si nota l’impegno nel cercare di non tradire le aspettative del pubblico, chiamato a perdersi in questo gigantesco universo narrativo mainstream con un cuore profondamente indie e autoriale. Non di facile lettura e per questo per nulla immediato per i casual viewers, che potrebbero addirittura trovarlo fin troppo “curioso” e a tratti poco digeribile. È però nella natura stessa di The Sandman essere così, già terribilmente concettuale su carta anche grazie alle portentose tavole dei vari Sam Kieth o Dave McKean e alle estroverse quanto lisergiche scelte di colori di Robbie Busch. In live-action è tutto molto più moderno e composto, specialmente in termini cinematografici e di purissima fotografia, che opta per un lavoro d’omologazione tonale per i vari episodi, lasciando comunque soddisfatti per quanto riguarda l’aspetto tecnico generale (inquadrature, movimenti macchina, sonoro, montaggio).
Un sogno che diventa realtà
Una volta entrati in The Sandman, vorrete continuare a perdervi all’infinito nel Regno di Morfeo, così coinvolgente e misterioso, e scoprire sempre più dettagli nascosti negli anfratti più reconditi del suo mondo, dai sogni più strani agli incubi più concreti e spaventosi, lasciandovi attirare di volta in volta da creazioni narrative trascinanti ed enigmatiche e interamente votate a ragionare sull’essenza stessa dell’essere umano, dei suoi costrutti e degli atavici e immortali sentimenti che lo guidano.
In linea di massima, The Sandman lascia davvero stupefatti. Non si poteva sperare in qualcosa di meglio, non riflettendo sull’eterna battaglia tra fedeltà e innovazione, senza poi contare esigenze traspositive tra media differenti e aspettative inverosimili dei fan. E in questo senso, raggruppando insieme una moltitudine di elementi da rispettare in un progetto del genere, tenendo anche conto di quanto detto finora, la serie Netflix è davvero un sogno che diventa realtà, il più lucido e sorprendente di tutti, tanto da lasciare sbalorditi e attoniti davanti a tanta forma e sostanza. E non serve alcun pizzico: è tutto vero, è tutto da sperimentare. Un deserto di meraviglia seriale formato da tanti granelli di qualità.
La recensione in breve
The Sandman si dimostra trasposizione fedele e ragionata del capolavoro a fumetti di Neil Gaiman, qui trattata con grande rispetto di formale e contenutistico al netto di alcuni necessari o ricercati cambiamenti. La serie è un'esplorazione attiva della natura umana, concettualmente solida e raffinata, forte di un cast di interpreti scelti con cura e trasporto per le rispettive parti dallo stesso Gaiman. Stimolante, riflessiva, curata tanto nell'estatica quanto nelle tematiche, The Sandman è davvero un piccolo miracolo targato Netflix, qualcosa che mai ci saremmo aspettati di vedere. Difficile se non addirittura impossibile fare di meglio.
- Voto CinemaSerieTv